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Tracce omiletiche dal Natale all’Epifania «Vi annuncio una grande gioia che sarà per tutto il popolo» di S.E. Mons. Antonio Staglianò, vescovo di Noto
27-12-2012

L’annuncio ha un solo contenuto: la nascita di un bimbo. Il sentimento che circonda l’evento è la gioia. Cosa c’è di strano? C’è sempre gioia quando nasce ogni piccolo d’uomo. E’ gioia per la famiglia, per i parenti più stretti che condividono la felicità di quanti amano la vita. E allora? In che cosa quest’annuncio della nascita di Gesù di Nazareth nella grotta di Betlemme è singolarmente gioioso, tanto da dovervi prestare attenzione e fare la corsa per inserirsi nel ritmo di questa gioia. Questa gioia infatti ha radici profonde, si vive addirittura ‘nel più alto dei cieli’, là dove splende la gloria di Dio? Questa gioia è grande e sarà per tutto il popolo. Qui non nasce uno per la gioia di mamma e papà. Egli nasce per la gioia di tutti: «una grande gioia che sarà per tutto il popolo».

Omelia del Vescovo del 2 Novembre per la Commemorazione del fedeli defunti
21-11-2012

Cari fratelli e sorelle, santo popolo di Dio qui riuniti in questo cimitero per onorare, nella memoria i nostri carissimi, amabili fratelli. Saluto di cuore i presbiteri e i diaconi presenti. Nonostante la mestizia che cova dentro il nostro cuore al pensiero della morte, ma è anche vero che nella speranza cristiana noi siamo come riempiti di gioia. Siamo tristi perché i nostri cari defunti sono trapassati e questa tristezza è ineliminabile perché non ci sono più e non percepiamo più, attraverso il contatto con il loro corpo, la loro presenza. Però noi cristiani siamo nella gioia, perché sappiamo che i nostri defunti  sono vivi in Dio, vivi nell’eternità di Dio, vivi nella pace di Dio, vivi nella beatitudine di Dio, vivi con Lui nel Paradiso. E come questo pensiero non potrebbe riempirci di gioia? Noi cristiani lo sappiamo: la gioia è un sentimento grande che non si oppone totalmente alla tristezza. Per cui, non ci contraddiciamo quando diciamo: ‘siamo tristi e siamo pieni di gioia’…

Omelia di Mons. Antonio Staglianò per la celebrazione della Parola il 3 Marzo 2012 per l’avvio del processo di beatificazione e canonizzazione del servo di Dio Nino Baglieri
06-03-2012


Il nostro Vescovo, S.E. Mons. Antonio Staglianò, ha preferito tenere a braccio il suo intervento omiletico, durante la celebrazione della Parola il 3 Marzo 2012 per l’avvio del processo di beatificazione e canonizzazione del servo di Dio Nino Baglieri. Riportiamo tuttavia il testo che il Vescovo aveva preparato per la lettura, in quanto introduce nel mistero della croce vissuta da Nino Baglieri e ne interpreta anche il dono della sua sofferenza a favore di quanti l’hanno conosciuto, incarnando quella esemplarità cristiana che gli permesso ‘ pur inchiodato a un letto ‘ di fare un lungo cammino, come un vero atleta di Dio.

OMELIA di Mons. Antonio Stagliano della Messa Crismale 2010
01-04-2010

Santo Popolo di Dio della Chiesa di Noto,

popolo tutto sacerdotale, qui raccolto intorno al Vescovo per vivere la ‘messa crismale’. E’ questa una celebrazione eucaristica ‘speciale’ – se è possibile esprimersi così-, per la particolare presenza di tutto il presbiterio (i confratelli nel sacerdozio che saluto cordialmente, insieme ai vescovi miei predecessori, Mons. Malandrino e Mons. Nicolosi, ai quali confermo il mio affetto, ad un tempo filiale e fraterno) e insieme al presbiterio per la presenza dell’ordine diaconale, dei fratelli e delle sorelle di vita consacrata e i fedeli laici, collaboratori e corresponsabili nelle attività di evangelizzazione e di carità delle nostre parrocchie. Non può non essere così. Tutto il popolo di Dio è raccolto nella celebrazione in cui vengono presentati al Signore gli ‘oli santi’: sono gli oli che significano la nostra unzione, la nostra consacrazione e dunque il nostro essere innestati nell’opera della salvezza e della liberazione di Cristo stesso (Cristòs significa ‘unto’, il Messia unto). Unzione e missione: il legame è strettissimo. Lo è per tutti noi, perché lo è stato anzitutto per Gesù:«lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi e proclamare l’anno di grazia del Signore» (Lc 4,18-19).
Saluto tutti, nella pace del Signore, nostra speranza e tutti richiamo a questa proclamazione solenne del Signore Gesù nella sinagoga di Nazareth. La richiamo a tutti nel suo contenuto ‘scandaloso’. Quale? Forse lo scandalo consisteva nel fatto che Gesù applicò a sé quel passo del profeta Isaia, dicendo: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato»? Sembra, cari fratelli e sorelle, che occorra andare più in profondità. La Parola di Dio pronunciata nella sinagoga ‘ nella tradizione ebraica, come anche nella nostra tradizione cristiana ‘ ha sempre una potente forza memoriale (cioè attualizzante). Dire ‘oggi si è adempiuta la parola che avete ascoltato’ era un commento possibile di ogni buon ebreo, specie di un ebreo che intendesse manifestare così la propria volontà di coinvolgere totalmente la vita nella speranza della venuta del Messia. Lo scandalo potrebbe stare altrove. Potremmo scorgerlo nell’azione di Gesù che apre il rotolo, lo legge fino a un certo punto e poi chiude il rotolo in quel punto. ‘Quel punto’costituisce lo scandalo. Noi lo abbiamo ascoltato nella prima lettura: «un giorno di vendetta per il nostro Dio» (Is 61,2). Ecco cosa avrebbe dovuto ‘consolare e allietare’ gli afflitti di Sion: l’annuncio di un anno di misericordia che è ‘giorno di vendetta per Dio’.


 

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Homelie Tenue par son excellence Monseigneur A. Staglianò, Eveque du Diocese de Noto Pour l’ordination diaconale et sacerdotale du 13.01.2010 a Butembo au Diocese de Butembo-Beni
28-01-2010

Son Excellence Monseigneur Evêque Sikuli Melchisedech, chers confrères dans le sacerdoce, chers ordinands diacres et prêtres, et vous saint Peuple de Dieu de l’Eglise aimée de Butembo-Beni, paix et bénédiction dans le Seigneur Jésus Christ.
Chaque Evêque tient à son séminaire, comme lieu où se préparent ceux qui collaboreront à son ministère. Attendre avec trépidation et joie le moment de l’Ordination sacerdotale, conscient que l’Eglise qu’il guide et sert, devra être enrichie avec des nouvelles énergies pour que, à tous soit annoncé l’Evangile et rassemblés dans la Sainte Eglise dans laquelle ils sont nourris de l’Eucharistie et consolés par le sacrement de la Réconciliation. C’est ainsi que c’est un geste de grand partage et de communion que son Excellence Monseigneur Sikuli Melchisédech m’offre et m’honore pour conférer aujourd’hui l’ordination sacerdotale et diaconale à ces onze fils aimés de l’Eglise de Butembo-Beni. C’est une occasion de plus pour ressouder les liens de fraternité et d’amitié entre les deux Eglises s’urs. L’Ordination sacerdotale crée un lien tellement important entre l’Evêque qui impose les mains et invoque l’Esprit Saint à ceux qui doivent être ordonnés.

 


 

 

Omelia tenuta da S.E. Mons. Antonio Staglianò per l’Ordinazione diaconale e presbiterale del 13.01.2010 a Butembo’Beni
25-01-2010

Ecc.za Rev.ma, confratelli nel sacerdozio, carissimi ordinandi diaconi e presbiteri, santo popolo di Dio della diletta Chiesa di Butembo Beni pace e benedizione nel Signore Gesù.
Ogni vescovo guarda al suo seminario, quale luogo ove si preparano quanti collaboreranno al suo ministero. Attende con trepidazione e gioia il momento dell’Ordinazione sacerdotale, consapevole che la Chiesa che guida e serve verrà arricchita di nuove energie, perché tutti possano essere raggiunti dall’Evangelo, radunati nella Santa Chiesa, sfamati dal Pane Eucaristico, consolati dal sacramento del Perdono.
E’ quindi un gesto di grande condivisione e di comunione quello di S.E. Mons. M. Sikuli, che mi onora di conferire oggi l’Ordinazione sacerdotale e diaconale a questi undici figli diletti della Chiesa di Butembo-Beni.


 

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OMELIA di Mons. Antonio Stagliano del Giovedì Santo, primo dopo l’ingresso (9 Aprile 2009)
'Voi siete un popolo tutto sacerdotale per portare speranza nel mondo'
10-04-2009

«Grazia a voi e pace da Gesù Cristo, il testimone fedele, il primogenito dei morti e il sovrano dei re della terra» (Ap. 1,5). Con questa pace saluto voi tutti, santo popolo di Dio, popolo ‘tutto sacerdotale’, elevando la lode a «Colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue, che ha fatto di noi un regno, sacerdoti per il suo Dio e Padre» (Ap. 1, 6).
 Ne dobbiamo avere coscienza, sempre. Dobbiamo sempre ricordarlo: siamo un popolo tutto sacerdotale, un popolo di unti, cioè di mandati al mondo per annunciare la buona novella dell’amore di Dio. Dio è amore, è agape, è tutto l’amore che nella storia può circolare in ogni cuore per liberarlo dalle sue pesantezze e afflizioni, mettendogli le ali della carità per volare in alto, in alto, dentro gli spazi liberanti e salvifici della prossimità, della vicinanza amorevole, della cura e della prossimità verso i fratelli più deboli e poveri, di quanti vivono «nel rovescio della storia» e, anche per questo sono maggiormente custoditi da Dio, da lui difesi.
Esaltate questa consapevolezza: ognuno di voi dica: «lo Spirito del Signore è su di me, per questo mi ha consacrato con l’unzione».
Lo dicano tutti nel santo popolo di Dio, anche i fedeli laici, unti con l’olio dei catecumeni e del crisma, nel giorno del loro battesimo, quando foste trasportati dal regno delle tenebre al regno della luce di Cristo, Salvatore, e purificati dall’acqua e dallo Spirito, configurati in Cristo, profeti, re e sacerdoti. Voi fedeli laici siete sacerdoti, perché possedete lo Spirito di Dio e perciò potete rivolgervi a Dio chiamandolo con un nome proprio: Abbà, Padre. Con l’unzione del battesimo è abbattuto ogni muro di separazione tra Dio e l’uomo, in Cristo Gesù che ci ha riconciliati con il suo sangue e ha così stabilito un’alleanza nuova, l’alleanza dell’immediatezza di un rapporto filiale che non ha più bisogno di ‘ponti’ o di ‘mediatori sacrali’, ma ha solo necessità di essere esaltato nella sua realtà: Dio si offre, Dio si concede, Dio si avvicina, Dio-è-con-noi, Dio-è-per-noi, Dio-ci-inabita e noi siamo suoi, ‘sua parte di eredità e suo calice’. Voi che siete ‘gli unti del Signore’ ‘ nella forza e nella potenza di questa unzione ‘ dovete responsabilmente testimoniare la ricchezza e la bellezza che possedete: Dio è in voi, più intimo a voi che voi stessi. Manifestate dunque la realtà che siete, dite a tutti la verità: Dio vi ha amati e voi volete amore. Voi, in verità, non ‘dovete’ amore a nessuno, voi in realtà ‘siete amore’,  perché il comandamento dell’amore di Gesù non è per voi un dovere estrinseco che vi  s’imponga come dall’esterno, cui dovete obbedire (spesso malvolentieri o per forza). No, per voi, quel comandamento è invito a mostrarvi, a manifestare chi siete, epifania dell’amore di Dio. Poichè voi siete l’amore di Dio e non il ‘vostro amore’, poichè il vostro amore è lo stesso dell’amore di Dio, come potreste esprimerlo se non nella forma e nei luoghi, nelle modalità e nei tempi nei quali questo amore in Gesù si è manifestato e dichiarato al mondo? L’unzione dello Spirito funziona in voi come lo Spirito stesso, la terza persona della S.S. Trinità funziona in Dio: lo Spirito porta Dio, in Dio, all’estasi, ad uscire fuori di sé per amare. Questa uscire di Dio da Dio, in Dio stesso è il generarsi del Figlio dal Padre, è il procedere dello Spirito dal Padre e dal Figlio, nell’evento beato dell’eterno amore. Questo uscire di Dio da Dio, oltre Dio, è la creazione del mondo nell’amore, un amore libero e totale che non disdegna ‘ all’occorrenza ‘ di attraversare i sentieri oscuri e tenebrosi dell’umiliazione e della morte, come ha ben dimostrato Gesù, il Figlio di Dio nella carne,  il quale pur essendo di natura divina non considerò il suo essere uguale a Dio come il ‘frutto di una rapina’, ma spoglio se stesso e morì della morte più cruda, quella della maledizione della croce (cfr Fil 2,6-8),  per dare testimonianza alla verità, al Padre suo, che vuole dare un lieto annuncio ai poveri e proclamare la liberazione dei prigionieri e dare la vista ai ciechi e consolare gli afflitti e fasciare le piaghe dei cuori spezzati e dare ai suoi figli un corona invece della cenere, comunicando a tutti qual è propriamente l’unica vendetta di Dio: l’amore; o qual è l’unico modo di vendicarsi di Dio sui propri nemici: il perdonarli sempre con la sua sovrabbondante misericordia. Sulla croce lo dirà per tutti e per sempre: ‘Padre perdona, Padre abbi misericordia, non sanno quello che fanno’.
Ecco allora, fratelli e sorelle carissime, voi siete unti – «voi sarete chiamati sacerdoti del Signore, ministri del nostro Dio sarete detti» (Is 61,6). Il ‘nostro’ Dio è l’Abbà di Gesù, il Figlio benedetto del Padre e noi siamo unti in Cristo, l’Unto, l’inviato dal Padre, cioè nel Figlio siamo figli e in quanto figli così, siamo figli di questo Dio, il Padre. A nessuno è dato di farsi un Dio a propria immagine e somiglianza, perciò guardiamo a Gesù per sapere chi è il nostro Dio, quali sono i tratti belli del suo volto e da qui scopriamo quali sono i contenuti della nostra verità di figli di questo Padre. Questo Padre deve essere testimoniato con la nostra vita di fede: gli unti non sono solo religiosi, ma anche credenti, non cercano solo Dio attraverso i riti e le pratiche religiose, lo vogliono ascoltare perché hanno la forza spirituale di mettere in pratica la sua parola, per trovare la felicità proprio nel praticarla. Praticanti sono coloro che ‘mettono in pratica’ il comandamento di Dio, il comandamento dell’amore che dispone a spingere il dono della vita fino a morirne in libertà. Unti del Signore vivete eucaristicamente, in qualunque situazione vi trovate, nella carne della vostra esistenza: nella fragilità della vostra vita, quando fate festa o lavorate, nel tempo libero, nell’esperienza gioia dell’educazione dei figli o della trasmissione dei saperi, sempre e ovunque, anche sui terreni difficili e impegnativi del coinvolgimento sociale e del servizio politico. Siate eucarestia per il mondo e vivrete e farete vivere con l’«olio di letizia invece dell’abito da lutto», con la «veste della lode invece di uno spirito mesto» (Is 61,3b). Per essere eucarestia dove vivere dell’Eucarestia di Gesù nel giorno del Signore. In questo giorno, sull’altare delle Chiese si rinnova l’evento che salva e libera, l’evento dell’amore cui siete destinati e che dovete come unti portare al mondo, sulle strade degli uomini. I ministri sacri sono a vostra completa disposizione, per questo, solo per questo.


 


 

 

OMELIA di Mons. Antonio Stagliano del 2 Aprile 2009 – S. Francesco di Paola (ingresso a Noto)
La carità è tutto. Solo la carità resta in eterno
03-04-2009

Io mi glorio del Signore». E come potrei non farlo nel vedere tante sue meraviglie in questa vita: oggi un muto grida di gioia, uno zoppo saltella come un cervo, un cieco ci vede e il deserto del mio cuore è fecondato con acqua che zampilla per la vita eterna. Perciò, vi invito a benedire con me il Signore in ogni tempo, perché la sua lode sia sempre sulla nostra bocca: «grande è la tua misericordia, Signore. Mai scorderò le tue misericordie».




 Carissimi tutti, vi saluto nella pace del Signore della misericordia. Anzitutto saluto voi Eccellentissimi Padri, Mons. Nicolosi, Mons. Malandrino, Mons. Crociata che siete stati guide illuminate e amate di questa nostra Chiesa di Noto; e anche voi, confratelli nel sacerdozio e nel diaconato, religiosi e religiose, che faticate ogni giorno per annunciare il Vangelo e portare speranza nell’esistenza degli uomini e delle donne in questo nostro tempo; e ancora voi, seminaristi teologia che già siete la mia gioia e la mia speranza; e infine voi, illustre autorità civili, politiche e militari che impegnate le vostre energie a costruire una convivenza umana pacifica e solidale. A tutti voi ‘ santo popolo di Dio ‘ dico: ‘cercate il Signore per trovare le risposte vere della vita ed essere liberati da ogni paura’. Infatti, ‘il Signore ascolta il nostro grido e ci affranca da tutte le angosce’. Perciò, ‘guardiamo a Lui per diventare raggianti, perché i nostri volti non vengano abbruttiti  dalla confusione del male, ma siano resi belli dalla gloria luminosa del bene’.
 Noi possiamo fare il bene, perché umilmente ascoltiamo la parola della misericordia del Signore e siamo resi umili dall’incontro di un Dio che si comunica alla nostra vita, come misericordia e perdono. E’ uno straordinario miracolo quello che capita ogni giorno da più di duemila anni orsono: la persona stessa di Dio impatta ‘ corpo a corpo ‘ con noi e ci abilita ad essere e a fare in libertà quello che Lui vuole. Tocca a noi ‘ non senza la sua grazia ‘ fargli spazio nel nostro cuore, perché sia Lui a operare e ad agire in noi, con noi, attraverso di noi: là, in quel punto nel quale percepisco di essere niente, da quel nulla d’essere si rigenera quotidianamente la potenza ricreatrice del Dio che dal nulla crea terra e cieli nuovi. Così, l’umiltà si oppone alla saccenza e non tanto al sapere, è refrattaria allo scientismo presuntuoso e non alla scienza servizievole. Così, soprattutto, l’umiltà a poco a che fare con l’incapacità inoperosa o con il ritrarsi pigro o con la meschinità di chi trova la sua pace fuggendo dal mondo, nascondendosi dai venti impetuosi del travaglio dell’esistere. No, al contrario, l’umiltà ha a che fare con la grandezza di chi è cosciente d’essere stato fatto a ‘immagine e somiglianza di Dio’ e pertanto sa di non poter/dover vivere al di sotto delle proprie possibilità umane. Noi ti benediciamo Signore, Dio del cielo e della terra perchè che ci hai usato questa misericordia: hai rivelato te stesso a noi, tuoi piccoli, a noi che ascoltiamo solo le tue parole, ricche di sapienza di vita,  e che veniamo a sapere da te qual è la misura vera della nostra umanità: vivere umanamente ‘come Dio’. Non di più: sarebbe un ritornare a mangiare dell’albero della vita e della conoscenza del bene e del male, mettendoci al posto di Dio. Non di meno: perché possiamo essere quello che siamo, umani, raggio della tua potenza creatrice, proiettati sull’orizzonte infinito del tuo amore, sempre inquieti rispetto ad ogni grandezza raggiungibile in questa storia, finchè non troveremo riposo in Te, l’unico che può colmare il nostro desiderio d’essere come Te. Questo desiderio d’essere come Dio è la bellezza più grande dell’umano, non una colpa, non un peccato: proprio qui splende l’umiltà a cui Dio ci convoca e ci incoraggia: sii umile, cioè vivi della grandezza di Dio; sii umile, cioè vivi della pienezza della tua umanità. Diciamolo subito, fuori da ogni retorica spiritualistica: a ben considerare le cose, l’aspirazione ad essere primo è un atteggiamento che suscita solo il nervosismo dei discepoli gelosi e conflittualmente competitivi, mentre invece origina la comprensione di Gesù, il mite e umile di cuore che accoglie gli affaticati e oppressi per ristorarli. Gesù non contesta quell’aspirazione, anzi la eccita con il suo modo di operare e di agire, certo insegna la via per realizzarla tutta: l’unica via sta nel prendere su di sé il suo carico leggero e soave, la via del servizio, la via dell’imitazione di Cristo, il quale non è venuto nel mondo per essere servito, ma per servire, totalmente, radicalmente, fino in fondo, spingendo il dono della vita fino alla morte di croce, per amore. E chi può comprenderlo questo? Forse gli intelligenti, quelli che hanno studiato? Forse anche loro se restano piccoli, se l’intelligenza e lo studio non hanno obnubilato in loro la convinzione credente che quella comprensione è frutto della presenza dello Spirito Santo, l’amore di Dio effuso nel nostro cuore. Lo Spirito Santo che è Dio e, in Dio,  spinge Dio all’estasi, ad uscire fuori di sé per  creare l’altro da sé, disponendosi ad amarlo perdutamente, è lo stesso Spirito che in ogni credente urge il dono di sé oltre se, nella libertà dell’amore. Questo amore in libertà non è una teoria, una bella dottrina, ma è evento corporeo, che ha le sue forme concrete: è carità che diventa anzitutto servizio, prossimità, vicinanza a tutti i bisogni.