OMELIA di Mons. Antonio Stagliano del 2 Aprile 2009 – S. Francesco di Paola (ingresso a Noto)

La carità è tutto. Solo la carità resta in eterno
03-04-2009

Io mi glorio del Signore». E come potrei non farlo nel vedere tante sue meraviglie in questa vita: oggi un muto grida di gioia, uno zoppo saltella come un cervo, un cieco ci vede e il deserto del mio cuore è fecondato con acqua che zampilla per la vita eterna. Perciò, vi invito a benedire con me il Signore in ogni tempo, perché la sua lode sia sempre sulla nostra bocca: «grande è la tua misericordia, Signore. Mai scorderò le tue misericordie».




 Carissimi tutti, vi saluto nella pace del Signore della misericordia. Anzitutto saluto voi Eccellentissimi Padri, Mons. Nicolosi, Mons. Malandrino, Mons. Crociata che siete stati guide illuminate e amate di questa nostra Chiesa di Noto; e anche voi, confratelli nel sacerdozio e nel diaconato, religiosi e religiose, che faticate ogni giorno per annunciare il Vangelo e portare speranza nell’esistenza degli uomini e delle donne in questo nostro tempo; e ancora voi, seminaristi teologia che già siete la mia gioia e la mia speranza; e infine voi, illustre autorità civili, politiche e militari che impegnate le vostre energie a costruire una convivenza umana pacifica e solidale. A tutti voi ‘ santo popolo di Dio ‘ dico: ‘cercate il Signore per trovare le risposte vere della vita ed essere liberati da ogni paura’. Infatti, ‘il Signore ascolta il nostro grido e ci affranca da tutte le angosce’. Perciò, ‘guardiamo a Lui per diventare raggianti, perché i nostri volti non vengano abbruttiti  dalla confusione del male, ma siano resi belli dalla gloria luminosa del bene’.
 Noi possiamo fare il bene, perché umilmente ascoltiamo la parola della misericordia del Signore e siamo resi umili dall’incontro di un Dio che si comunica alla nostra vita, come misericordia e perdono. E’ uno straordinario miracolo quello che capita ogni giorno da più di duemila anni orsono: la persona stessa di Dio impatta ‘ corpo a corpo ‘ con noi e ci abilita ad essere e a fare in libertà quello che Lui vuole. Tocca a noi ‘ non senza la sua grazia ‘ fargli spazio nel nostro cuore, perché sia Lui a operare e ad agire in noi, con noi, attraverso di noi: là, in quel punto nel quale percepisco di essere niente, da quel nulla d’essere si rigenera quotidianamente la potenza ricreatrice del Dio che dal nulla crea terra e cieli nuovi. Così, l’umiltà si oppone alla saccenza e non tanto al sapere, è refrattaria allo scientismo presuntuoso e non alla scienza servizievole. Così, soprattutto, l’umiltà a poco a che fare con l’incapacità inoperosa o con il ritrarsi pigro o con la meschinità di chi trova la sua pace fuggendo dal mondo, nascondendosi dai venti impetuosi del travaglio dell’esistere. No, al contrario, l’umiltà ha a che fare con la grandezza di chi è cosciente d’essere stato fatto a ‘immagine e somiglianza di Dio’ e pertanto sa di non poter/dover vivere al di sotto delle proprie possibilità umane. Noi ti benediciamo Signore, Dio del cielo e della terra perchè che ci hai usato questa misericordia: hai rivelato te stesso a noi, tuoi piccoli, a noi che ascoltiamo solo le tue parole, ricche di sapienza di vita,  e che veniamo a sapere da te qual è la misura vera della nostra umanità: vivere umanamente ‘come Dio’. Non di più: sarebbe un ritornare a mangiare dell’albero della vita e della conoscenza del bene e del male, mettendoci al posto di Dio. Non di meno: perché possiamo essere quello che siamo, umani, raggio della tua potenza creatrice, proiettati sull’orizzonte infinito del tuo amore, sempre inquieti rispetto ad ogni grandezza raggiungibile in questa storia, finchè non troveremo riposo in Te, l’unico che può colmare il nostro desiderio d’essere come Te. Questo desiderio d’essere come Dio è la bellezza più grande dell’umano, non una colpa, non un peccato: proprio qui splende l’umiltà a cui Dio ci convoca e ci incoraggia: sii umile, cioè vivi della grandezza di Dio; sii umile, cioè vivi della pienezza della tua umanità. Diciamolo subito, fuori da ogni retorica spiritualistica: a ben considerare le cose, l’aspirazione ad essere primo è un atteggiamento che suscita solo il nervosismo dei discepoli gelosi e conflittualmente competitivi, mentre invece origina la comprensione di Gesù, il mite e umile di cuore che accoglie gli affaticati e oppressi per ristorarli. Gesù non contesta quell’aspirazione, anzi la eccita con il suo modo di operare e di agire, certo insegna la via per realizzarla tutta: l’unica via sta nel prendere su di sé il suo carico leggero e soave, la via del servizio, la via dell’imitazione di Cristo, il quale non è venuto nel mondo per essere servito, ma per servire, totalmente, radicalmente, fino in fondo, spingendo il dono della vita fino alla morte di croce, per amore. E chi può comprenderlo questo? Forse gli intelligenti, quelli che hanno studiato? Forse anche loro se restano piccoli, se l’intelligenza e lo studio non hanno obnubilato in loro la convinzione credente che quella comprensione è frutto della presenza dello Spirito Santo, l’amore di Dio effuso nel nostro cuore. Lo Spirito Santo che è Dio e, in Dio,  spinge Dio all’estasi, ad uscire fuori di sé per  creare l’altro da sé, disponendosi ad amarlo perdutamente, è lo stesso Spirito che in ogni credente urge il dono di sé oltre se, nella libertà dell’amore. Questo amore in libertà non è una teoria, una bella dottrina, ma è evento corporeo, che ha le sue forme concrete: è carità che diventa anzitutto servizio, prossimità, vicinanza a tutti i bisogni.