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Modica. Due giorni formativi al Cantiere educativo “Crisci ranni”

“Ma spesso basta solo uno sguardo, una frase benevola, la parola di un adulto, fiduciosa, chiara ed equilibrata per dissolvere quei magoni, alleviare quegli animi, collocarli in un presente rigorosamente indicativo” (Daniel Pennac).
In fondo si potrebbe sintetizzare in queste righe il senso della due giorni organizzata dalla Fondazione di Comunità Val di Noto, presso i locali dell’Area Attrezzata Padre Basile, sede del cantiere educativo Crisci ranni. Due giorni di seminario su un aspetto caratterizzante la storia e la vita di tanti piccoli che rappresentano il futuro delle nostre città, il momento del “doposcuola”, come viene chiamato in gergo. Ma cosa è questo “doposcuola” vissuto in luoghi come i cantieri educativi o altri luoghi educativi? Come rintracciare un senso in un’attività che forse troppo spesso cade nel meccanicismo ripetitivo? Quali metodi bisogna utilizzare, quali obiettivi avere? Come accompagnare in questa età decisiva i nostri bambini e ragazzi?
Da queste domande, da questi dubbi, si è sentita l’esigenza di poter capire meglio cosa accade quando ogni pomeriggio ci si ritrova piccoli e grandi per “fare i compiti”. In questa direzione ha aiutato la presenza di un docente ed educatore, Sergio di Vito, il quale ha portato la sua esperienza di docente a Roma presso un liceo ma anche quella di educatore scout nei quartieri di Caserta a rischio di marginalità giovanile.
Nel primo giorno si sono fatti affiorare punti di forza e debolezza cercando di rintracciare lo “scarto” tra ideale e realtà, tra ciò che pensiamo di dover fare e ciò che il bambino vuole fare. Siamo capaci di una visione profetica, di guardare oltre, di riconoscere davvero dignità a colui che ci sta davanti? Soprattutto quando questo colui è il bambino, il ragazzo scartato nella classe, in cui nessuno pensa di poter investire. Attraverso un percorso che ha consentito anche ai partecipanti di andare a riscavare nel proprio passato di alunni e studenti, si è arrivati all’idea del modello della scuola ignaziana, presentato da Sergio di Vito che passa attraverso cinque fasi: contesto, esperienza, riflessione, azione e valutazione. Sullo sfondo di don Milani e di Barbiana dove si puntava a “far crescere figli più grandi di noi”, si è restituita dignità a questo momento, avendo la capacità di saper puntare alto, di parlare di Scuola più che di doposcuola o sostegno scolastico, renderlo un momento di liberazione, non di schiacciamento sotto il peso delle difficoltà. E forse i momenti più profondi sono stati quelli in cui sono emersi i volti di tanti piccoli che restituiscono concretezza alle parole, quei piccoli dei quali abbiamo detto più volte di metterci “ai piedi della loro crescita”.
Allora nei luoghi educativi e in particolare nei cantieri educativi ci si è detto che il momento dei “compiti” assume tutta una sua rilevanza, un momento centrale che costruisce dal basso valori, cittadinanza, orizzonti, conoscenza, diremmo anche Politica. La scommessa, la domanda è forte: ci crediamo? Diversamente dovremmo ammettere la sconfitta dell’esperienza di don Milani, di altri che hanno contribuito a un punto di vista diverso… eppure non è così, Barbiana esiste ancora ed esiste in particolare in quelle periferie del mondo in cui si cerca ci ripartire dal basso.
Forse, in questo modo, Giuseppe, che oggi ha sei anni e frequenta il cantiere educativo, non sarà un giorno un medico affermato o un imprenditore, ma senz’altro sarà un uomo consapevole di sé stesso e del mondo che lo circonda, capace di guardare negli occhi l’altro e riconoscerlo come fratello.
 
 

L’Evangelizzazione itinerante del Vescovo con i giovani di Biancavilla

Significativa esperienza di evangelizzazione “itinerante” quella che lo scorso 22 agosto ha visto Mons. Antonio Staglianò, nostro Vescovo, coinvolgersi in una predicazione appassionata e vibrante con i giovani della città di Biancavilla (CT), riuniti, come sono soliti fare, presso la piazza della ridente cittadina etnea, attenti nell’ascolto e aperti a recepire il messaggio che il Vescovo ha voluto dare loro.
Questo momento forte di “Chiesa in uscita” è stato preceduto dalla celebrazione della S. Messa presso la Basilica della Madonna dell’elemosina, nel quadro dei festeggiamenti a Lei dedicati.
In una chiesa gremita di fedeli, Mons. Staglianò ha pronunciato la sua omelia, evidenziando alcuni punti nodali, come la necessità di una fede incarnata e vissuta a partire dalle opere di misericordia, per potersi dire cristiani credenti e altrettanto credibili, non solamente “religiosi” che baciano le statue, senza baciare con lo stesso amore la carne ferita dei fratelli.
“Dov’è la tua fede? Cosa significa credere? – ha incalzato il Vescovo – la tua fede sta proprio qui: credere in ciò che Dio crede di te! E cosa crede Dio di te? Crede nell’umanità bella e buona delle sue creature, fatte a sua immagine e somiglianza. Cristo ci svela questa umanità, le straordinarie possibilità che abbiamo di amare, di spingere il dono della nostra vita dentro gli spazi infiniti della carità. Non nasconderti dietro ai tuoi limiti e alle tue fragilità, mostra il volto bello e misericordioso della tua umanità”.
Dopo la celebrazione dell’Eucaristia, Mons. Staglianò, insieme ad un nutrito gruppo di giovani delle parrocchie di Biancavilla, si è recato presso un Pub della città, luogo di ritrovo di tanti adolescenti e giovani, per l’iniziativa organizzata dalla Pastorale Giovanile della città e lì, davanti ad un uditorio attento e coinvolto ha iniziato la sua predicazione “originale”, servendosi di alcuni brani di musica pop, come “L’essenziale” di Marco Mengoni e “Fatti avanti amore” di Nek, per intercettare alcuni temi esistenziali e di fede, evidenziando in particolare la dimensione fondamentale dell’amore: “L’amore è un arte – ha detto citando il filosofo Erich Fromm – che si impara a partire da ciò che si riceve. Se siamo al buio, abbiamo bisogno della luce per riconoscerci. Così il nostro cuore è capace di amare solo quando l’amore lo riempie”.
“Occorre il coraggio di essere umani! – ha ancora rimarcato il Vescovo, citando Mengoni – non sono umano perché nato da un uomo o da una donna, sono umano perché amo, perché impegno la mia vita nel dono di me stesso agli altri. Qui risplende la mia umanità ed è qui che resto umano!”
Non poteva infine passare inosservato il recente fenomeno del gioco “Pokemon go”, nei confronti del quale Mons. Staglianò ha ravvisato il rischio di un isolamento sociale per tanti giovani, dentro una realtà parallela, alienata e alienante.
La serata di evangelizzazione si è conclusa con un momento canoro guidato dal vescovo, attorniato dagli entusiasti giovani di Biancavilla, che hanno intonato con lui un “classico” di Mengoni, “Credo negli esseri umani”, perché a ben pensarci, Dio non si è ancora stancato di scommettere su di noi.
 
 

VII Convegno Internazionale di Bioetica. Pensare il corpo Abitare il corpo

 Non stupisca siffatta scelta: esiste un’etica del cibo che è pure un segno di civiltà. Difatti ogni boccone che ingeriamo dovrebbe sempre essere frutto di una scelta consapevole, riferita sia all’origine del cibo sia alle sue conseguenze sul metabolismo. è un discorso di responsabilità nei confronti dei fornitori originari (spesso di origine animale) ma anche nei riguardi dei fruitori finali, owero noi stessi. La dimensione etica dell’alirnentazione, legata alla produzione e al consumo del cibo, assume oggi un significato importante per un numero crescente dì persone che dimostrano maggior attenzione alla tutela dell’ambiente, al rispetto della biodiversità, alla difesa della qualità dei prodotti, alle dinamiche sociali multiculturali. Ingerire alimenti costituisce non solo una funzione umana legata alla soprawivenza materiale, rna, allo stesso tempo, rappresenta un gesto simbolico, un atto sacrale che coinvolge la cultura e l’interiorità dell’uorno. Per questo è giustificato che la Bioetica si occupi, a pieno diritto, anche di alimentazione. Le scelte alimentari. sempre indirizzate da fattori culturali e sociali, condizionano lo stato di salute e di benessere psicofisico della razza umana e spesso comportano conseguenze non solo metaboliche, ma anche sotto il profilo giuridico ed etico. Le scelte alimentari variano, secondo le culture e ì popoli, e contribuiscono alla costruzione di un’identità collettiva. In una società multietnica come quella attuale queste differenze appaiono con evidenza e tendono a essere condivise. Il concetto di gusto tende a variare e l’industria alimentare mira a omologare i comportamenti alimentari. Purtroppo, l’industria non sempre garantisce la sicurezza del cibo posto in commercio.
I temi del convegno, dunque, vogliono richiamare l’attenzione su ciò che mettiamo in tavola, non solo per garantirci la soprawivenza materiale, ma anche per costruirci una vita migliore e più consapevole.

Tre sere biblica estiva. La giustizia di Dio è la sua misericordia

L’annuale convegno biblico che da anni si tiene a Marina di Modica presso la Parrocchia S. Maria Assunta ha costituito anche quest’anno per la nostra Chiesa locale una straordinaria opportunità di crescita nella comprensione della Parola di Dio. Il convegno, organizzato dall’Associazione “Padre Frasca” e dall’Ufficio catechistico Diocesano, ha trattato un tema alquanto attuale sulla relazione tra la misericordia e la giustizia di Dio: “Quando la misericordia accusa – attraverso i paradossi della giustizia biblica, leggendo Amos e Osea” . Relatore del convegno il Prof. P. Mario Cucca, o.f.m. che nelle tre sere del 27-28 e 29 Luglio ha coinvolto gli uditori con le sue sapienti ed efficaci argomentazioni accompagnate da un fervore che va oltre quella che può essere una semplice preparazione accademica. La prima serata è stata di carattere propedeutico, per porre le basi e offrire una chiave di lettura per le serate successive. Due i temi trattati: la Parola come elemento che porta all’esistenza e alla relazione e la figura del profeta come colui che parla al popolo per dire fondamentalmente che Dio “parla”, cioè “si rivela” per proporre una relazione col popolo ebreo. Nella seconda serata, attraverso il profeta Osea (2,4-25), è stato presentato lo stile della misericordia di Dio. Il brano, secondo il genere biblico del “rib” (una situazione giuridica in cui la parte lesa si rivolge direttamente al colpevole con un’accusa, volta sempre alla sua conversione e allo ristabilimento della relazione), mostra come Dio – tradito dal popolo che si è prostituito agli idoli dimenticando la relazione e l’alleanza – non accusa e non promette punizioni per ottenere una condanna ma per far riflettere e far rientrare in sé questo popolo. Il benessere e la felicità del popolo possono scaturire solo dalla sua relazione con Dio che ancora una volta prende l’iniziativa per primo senza chiedere nulla in cambio: la sua giustizia si manifesta nella sua misericordia.

 
La terza sera, partendo dalla lettura del profeta Amos (2,6-15), il relatore è arrivato a dimostrare come l’uomo debba rispondere concretamente alla giustizia e alla misericordia di Dio. Tutto ruota attorno alla coerenza tra senso religioso e relazioni col prossimo, che devono essere permeate dalla compassione, dal buon senso che va oltre la legge, anche se divina. Il profeta mette a nudo l’atteggiamento ipocrita del popolo che applicando la legge e trincerandosi dietro di essa, non tenendo conto delle circostanze e dei singoli casi, commette iniquità (summum ius, summa iniuria = il sommo diritto è somma ingiustizia) giustificate e camuffate poi da sacrifici, devozioni, riti sacri. Quella che può sembrare una storia molto lontana è una realtà molto attuale. Attraverso l’applicazione spietata della legge e il culto, spesso si maschera l’ingiustizia. Anche noi oggi rischiamo di passare per religiosi perché diamo spazio a tante pratiche e devozioni, utili certamente per la vita cristiana, ma valide soltanto se contrassegnate dalla misericordia e dal primato del prossimo (vedi la parabola del padre misericordioso e del buon samaritano). Insomma, un convegno che può costituire un valido supporto per le nostre comunità per una più autentica comprensione della ricchezza del dono della misericordia che sta contrassegnando in quest’anno pastorale ogni nostra attività.
 

Mons. Staglianò scaccia i Pokemon dalla Basilica

Riprendiamo e riproponiamo agli utenti del sito diocesano l’articolo apparso su “La Sicilia” del 3 Agosto 2016 in merito al dissenso espresso dal Vescovo sul dilagante fenomeno del “Pokemon Go”.
 
Stavolta mons. Antonio Staglianò, vescovo di Noto, va diritto al punto. Parla dei Pokemon, di Pokemon Go e di questa mania che sta coinvolgendo un po’ tutti e che rischia, ancor di più, di aumentare le distanze dalla vita reale. Si rischia di vivere da alieni sulla terra. Stavolta è secco mons. Antonio Staglianò. Deciso. Non utilizza le “canzonette” dell’amico Marco Mengoni o di Arisa, ma prende in prestito le parole di Papa Francesco rivolte ai giovani durante i giorni di Cracovia. Che un prete, un vescovo come don Tonino che solca anche le reti televisivi nazionali, parli di cose attuali di un mondo che continua a stupire, in negativo ma anche in positivo, può starci. Anzi deve starci. Che prenda posizione, spieghi e inviti alla riflessione parlando del gioco del momento, dell’applicazione che sta battendo tutti i record e di cui si continua a parlare ovunque, un po’ di effetto lo fa. Anche perché a spiegarglielo, in breve tempo ma con esempi concreti, ci abbiamo pensato noi e quando gli abbiamo detto i programmatori hanno trasformato il seminario vescovile in uno dei tanti Pokestop seminati per Noto e che addirittura davanti la Basilica di San Nicolò, spunta una palestra per far crescere i Pokemon, gli è scappato il tipico sorriso di chi stentava a crederci. . Gli rispondiamo subito di e lui continua. . Eccole le parole di Papa Francesco, rivolte pochi giorni fa ai giovani durante la Giornata mondiale della Gioventù, riprese da mons. Staglianò per ricordare la differenza tra la vita reale e quella che viaggia sui telefonini di ultima generazione. Il suo discorso diventa poi più ampio, perché Pokemon Go è solo il punto di partenza di un’analisi a 360° che presto sarà anche argomento delle sue omelie. C’è una tecnologica che fa bene, aiuta e abbatte i confini. C’è un’altra tecnologia, invece, che questi confini li crea. Li erige come muri invalicabili, che finiscono per allargare le distanze. Prima tra la gente, poi con la vita stessa. . Intanto, però, ieri è stata battuta la notizia che un 28enne di Brooklin, Nick Johnson, è riuscito a catturare tutti i mostriciattoli riempendo il suo Pokedex (ovvero il raccoglitore dei Pokemon). Il web è pieno di notizie simili, alcune di una totale assurdità che non fa altro che evidenziare un problema piuttosto importante per la società attuale. Nel 2016 si fa ancora fatica a capire quale sia la tecnologia amica dell’uomo.
 

Noto. La festa estiva di San Corrado 2016

E’ stato reso noto il programma dei festeggiamenti estivi in onore di San Corrado Confalonieri, Patrono della città e Compatrono della Diocesi di Noto.
In occasione del Giubileo straordinario della misericordia, indetto da Papa Francesco, quest’anno l’arca argentea contenente le spoglie del Santo Eremita sarà traslata dalla Basilica Cattedrale all’Eremo di San Corrado Fuori le Mura.
L’evento, tanto atteso dai devoti, avrà luogo sabato 30 luglio, allo scoccare della mezzanotte, per tutta la notte, fino all’alba della domenica. L’Arca rimarrà in Santuario fino a sabato 20 agosto.
Domenica 31 luglio, all’arrivo della processione all’Eremo, il nostro Vescovo, Mons. Antonio Staglianò, alle ore 6, presiederà la celebrazione dell’Eucaristia.
Da lunedì 22 agosto inizieranno i pellegrinaggi delle comunità parrocchiali di Noto e dei vicariati di Pachino e Rosolini.
Sabato 27 agosto, alle ore 19 i solenni Primi Vespri presieduti dal Vescovo, con la partecipazione del clero di Noto e degli alunni del Seminario Vescovile, daranno il via alla festa estiva del Santo.
Domenica 28 agosto alle ore 10,30, il solenne Pontificale presieduto dal Vescovo Antonio, con la partecipazione del Vescovo emerito, Mons. Giuseppe Malandrino, del Capitolo della Cattedrale, dei parroci di Noto e degli alunni del Seminario.
In serata, a partire dalle ore 19, la tradizionale processione dell’Urna di San Corrado, lungo le vie di Noto, animata dai portatori del Santo e dei Cilii. Infine, domenica 4 settembre, l’ottava della festa, con la processione conclusiva dei festeggiamenti.
“In quest’anno giubilare – ha dichiarato Mons. Angelo Giurdanella, Rettore della Basilica Cattedrale – tocca a noi lasciarci raggiungere dalla Grazia, perché la nostra vita sia plasmata e trasfigurata come quella di San Corrado, così aperta alle tante chiamate del Signore e così generosa nel seguire Cristo”.
 
 
 

Mons. Staglianò: “Francesco chiede ai giovani di essere liberi e agire per l’amore”

Riportiamo di seguito un’intervista sulla GMG di Cracovia, rilasciata dal nostro Vescovo, Mons. Antonio Staglianò, al “Giornale di Sicilia” di venerdì 29 luglio 2016. Il Vescovo commenta il discorso di Papa Francesco in occasione della cerimonia di accoglienza da parte dei giovani, spaziando poi sul significato e il messaggio delle Giornate della gioventù e infine riflettendo sull’attuale crisi mondiale per i recenti attentati terroristici.
 
“Il Papa ha invitato i giovani a essere liberi dalle schiavitù”, come quelle create dai “venditori di fumo”. Ha chiesto loro di “cambiare le cose” per “ricreare una civiltà dell’amore”.
Il vescovo di Noto, monsignor Antonio Staglianò, che nella sua diocesi nei mesi scorsi ha organizzato un raduno dei giovani in vista della GMG (Giornata Mondiale della Gioventù), chiarisce i passaggi principali dell’intervento del Papa in occasione della cerimonia di accoglienza a Cracovia. Per la seconda volta dal suo arrivo in Polonia, il Papa ha ribadito l’importanza dell’accoglienza. E il vescovo spiega che “l’accoglienza appartiene all’essere del cristiano. Per cui è la misericordia a rendere il cuore accogliente, qualsiasi siano i bisogni dell’altro. Misericordia e accoglienza sono le facce di un’unica medaglia, quella dell’amore”.
 
 
Quali messaggi emergono dalle parole del Papa ai giovani?
 
Papa Francesco ha portato ai giovani una persona: Gesù. Quindi, bisogna cominciare a parlare di cristianesimo non come di una dottrina o un insieme di insegnamenti morali. Il Papa propone la presenza di Gesù nella vita e nel cuore dei giovani perché possano stare insieme tra di loro. Un secondo grande messaggio è la critica ai ‘quietisti’. Il Papa ha lanciato un appello alla libertà dei giovani perché possano cambiare le cose, ha chiesto un’inquietudine volta a operare il bene, alla pace e alla fraternità. Perché si ricrei una nuova civiltà dell’amore. Poi, il Papa ha invitato ad accogliere Gesù come un dono della vita, perché non lo si può comprare.
 
Secondo lei, a chi fa riferimento il Papa quando parla di “venditori di illusioni”?
 
Il Papa ha giocato su un doppio significato della frase, perché prima ha parlato di venditori di illusioni e poi pensando all’Argentina ha citato i “venditori di fumo”, riferendosi al contrabbando e allo smercio di droghe. Le droghe sono illusioni e quindi ha chiesto ai giovani: “Che cosa volete? Una vita alienata? Oppure la forza dello Spirito che rende piena la vostra esistenza?”. Mi ha colpito che il Papa abbia intervallato la sua predicazione chiedendo ai giovani un feedback di risposta alle domande precise che lui faceva. Questa è una strategia comunicativa interessante. Ha poi addirittura citato la canzone degli alpini per dire che, se ci si tiene legati a Gesù, è lui a tenerci per mano. E qui emerge il grande tema della misericordia.
 
Come prevedibile nell’Anno del Giubileo straordinario della Misericordia…
 
Il Papa invita i giovani a puntare in alto, nonostante i fallimenti e le possibili cadute. Qui il messaggio del Papa raggiunge la massima concretezza. Dire questo significa aprire orizzonti. Francesco spiega che il problema non è cadere ma ‘restare caduto’. Ha così orientato i giovani alla santità vera del cristiano che ha a che fare con gesti di carità resi possibili nonostante le cadute. Per dirla con Goethe ne ‘I dolori del giovane Werther’: ‘Questa è la via, cadere sette volte e alzarsi otto’. Ciò non significa incitare i giovani a peccare, ma dare la speranza che nel fallimento ci si può rialzare perché l’Amore del Padre rilancia sempre nel cammino di santità.
 
Il santuario di Czestochowa è stato una delle prime tappe del viaggio del Papa in Polonia. Proprio in quella città si è svolta la Gmg nel ’91. Come si spiega questa scelta?
 
Il motivo è la figura di san Giovanni Paolo II. Cracovia e la Polonia è la terra di questo grande Papa pieno di umanità che ha dato vita alle Giornate mondiali della gioventù. Inoltre, la grande devozione della Polonia per la Madonna nera è un’altra motivazione forte. Credo che Papa Francesco abbia ritenuto opportuno fare un viaggio verso questa terra ricca di cattolicesimo che attraversa, però, oggi un processo di secolarizzazione galoppante. Rivitalizzare il cattolicesimo polacco significa rivitalizzare il cattolicesimo in Europa.
 
Le condizioni geopolitiche rispetto al ’91 sono cambiate. Allora per la prima volta la Gmg superava la cortina di ferro. Adesso qual è il valore di questo grande evento e della presenza del Papa in Polonia?
 
Il grande valore è contrastare il processo di secolarizzazione che tende a creare una convivenza tra gli umani senza tenere in conto i valori della fede cristiana. Credo che anche in Polonia avvertano le invettive contro la famiglia e il processo di desolidarizzazione. La solidarietà in quegli anni era un grande tema. Giovanni Paolo II scriveva una lettera sulla solidarietà come nuovo nome della pace. Da allora sono cambiate non solo le condizioni politiche, ma anche quelle economiche. L’ipermercato è entrato anche in Polonia e sta creando, come in tutta Europa, individualismi esacerbati, chiusura in se stessi, competitività. Quindi, la solidarietà sfuma. La presenza di Papa Francesco vuole essere, invece, un richiamo alla solidarietà, all’attenzione ai poveri.  
 
Francesco ha manifestato la volontà di voler dare continuità alla lezione di Giovanni Paolo II, chiamandolo in causa in più occasioni durante la Gmg. Quale aspetto vuole riproporre del papa polacco?
 
Quello per cui Giovanni Paolo II è diventato un grande Papa e Santo subito, cioè il suo messaggio umanistico. Dopo essere diventato Papa, Karol Wojtyla ha scritto l’enciclica “Redentor hominis”, cioè Gesù redentore dell’uomo. Tutto il suo pontificato è stato un appello: “Aprite il vostro cuore a Cristo”, perché solo lui sa cosa c’è profondamente nel cuore di ogni uomo. Quindi, credo che la continuità stia nel mettere in risalto l’umanità di Gesù da proporre ai giovani e a tutti gli uomini di buona volontà.
 
Il Papa durante il volo per la Polonia ha ribadito che nessuna religione vuole la guerra. Si può considerare una risposta ai recenti attacchi degli estremisti islamici?
 
 Il messaggio cristiano non può che essere di misericordia e di perdono. Il Papa dice che è una guerra a pezzi e non è una guerra di religione. Perché la religione è un rapporto tra uomo e Dio in cui Dio parla all’uomo di amore. Allora il Papa dice che la religione non c’entra niente. Perché è l’odio il soggetto. La maschera è religiosa. (fp)   
 
 
Filippo Passantino
 
 
 
 
 

Il vescovo di Noto presenta il libro “Credo negli esseri umani” nella sua diocesi natale.

Mons. Antonio Staglianó, il vescovo di Noto, lunedì sera, 18 luglio, ha regalato molto più dei versi delle sue amate “canzonette” al pubblico di Crotone, la sua diocesi natale in Calabria, venuto ad ascoltarlo e applaudirlo in piazza Immacolata per la presentazione del suo ultimo libro “Credo negli esseri umani” (Rubbettino editore).
Vere perle di teologia, filosofia, metafisica, accompagnate da analisi lucide e apertamente critiche di quella “realtà dell’ipermercato” che risucchia la società di oggi, che il vescovo ha intervallato coi versi di canzoni pop prese dall’ultimo Sanremo o dalle recenti hit parade – tutte rigorosamente italiane – intonate brevemente a cappella con la voce modulata di chi canta da prima di entrare in seminario.
Alla fine, applaudito e incoraggiato dalla folla, don Tonino – come tutti continuano a chiamarlo, nonostante porti lo zucchetto dal 2009 – si è concesso pure un assolo con il suo cavallo di battaglia Credo negli esseri umani di Marco Mengoni, col supporto di una bravissima band locale e dell’artista Maria Vittoria Mungari.
 
Nella serata, durata quasi due ore e mezzo, ha spaziato invece da Aristotele ad Arisa, da Platone a Patty Pravo, da Shakespeare, Sartre ed Hegel a Mina, Francesca Michielin, Lorenzo Fragola, fino a Nek e la sua Fatti avanti amore urlata al microfono con le strofe sostituite da un rap catechetico che parlava di carità e dono di sé.
La specialità di questo vescovo del Sud, prete dall’84, laureato alla Gregoriana, che preferisce imbracciare la chitarra più del pastorale, è proprio quella di far scivolare nell’animo della gente, dei giovani in particolare, concetti antropologicamente fondamentali come la morte, il nulla, il dolore, non attraverso una tediosa omelia bensì con le note che passano ogni giorno nelle stazioni radio.
Quindi per esortare ad un coraggioso “impegno di vita” che vada al cuore delle cose lui preferisce cantare L’essenziale di Mengoni, o per parlare dello “sballottamento tra la vita e il nulla” che annichilisce giovani e adolescenti cita Vuoto a perdere di Noemi. E per spiegare l’importanza del vivere recita a memoria L’Infinito di Giacomo Leopardi, ma alla fine canticchia Noi siamo infinito di Alessio Bernabei che forse aiuta a digerire meglio il concetto.
Qualcuno storce il naso di fronte a queste modalità poco ortodosse di annunciare il Vangelo. Ma a don Tonino poco importa; come afferma lo stesso Papa Francesco: “L’omelia è la pietra di paragone per valutare la vicinanza e la capacità d’incontro di un Pastore con il suo popolo”. Quindi se il linguaggio universale della musica è in grado di “stabilire una connessione” aprendo il cuore di ragazzi oggi spesso “inebetiti” dietro una tastiera – per dirla con le parole del rapper napoletano Rocco Hunt – rendendoli sensibili alla parola di Dio, ben vengano le ‘canzonette’! E ben venga questa evangelizzazione svecchiata da tanti manierismi e moralismi se capace di spronare le nuove generazioni “a porre in atto una rivoluzione che migliori la vita”.
“I giovani sono capaci di grandi cose, di grandi gesti di solidarietà. Lo vedo come si attivano con i profughi nella mia diocesi”, ha detto infatti Staglianò. Serve solo una spinta per farli viaggiare Controvento, come recita il brano di Arisa, e non farli assorbire dalla “logica dell’ipermercato”. Quella per cui sei qualcuno solo nel momento in cui hai soldi da spendere e tempo da consumare. “Il problema non è che non vai in chiesa, ma il fatto che vai all’ipermercato, perché l’ipermercato mica ti risolve la vita anzi te la svuota” ha ammonito il presule. Oggi “nella borsa di una donna (e qui un’altra citazione di Noemi) non ci sono le speranze di una mamma con 4-5 figli che si sacrifica per dare un futuro, ma milioni e milioni di scontrini… Comprare è un inutile anestetico al dolore. Puoi comprarti il mondo ma la frustrazione non ti passa”.
Allora bisogna “fuggire dall’ipermercato e tornare all’essenziale”, quello che “è invisibile agli occhi” come fa dire Antoine Saint-Exupery al Piccolo Principe. L’essenziale è anche il dolore, lo stesso che don Tonino ha provato davanti alla morte prematura di suo fratello Pino: “In quel momento ho capito che quel dolore non si poteva consolare solo col tempo. Questo dolore doveva restare nudo e crudo in me perché questo mi rende un essere umano, questo mi fa provare il dolore che provano tutti gli esseri umani che muoiono”.
“Restare umani può e si deve” è l’imperativo di mons. Staglianò. “Se l’essere umano è un animale dotato di capacità di amare l’unico modo di realizzare la sua vita è amare”, con un amore “che si realizza nel corpo” come quello di Dio che “si è mostrato corporeo agli esseri umani attraverso Gesù Cristo”.
Poi, bisogna tornare a “pensare”: “Pensare vuol dire sapere chi siamo” ha spiegato il vescovo, “è gustare la vita, sentirne il sapore. Ritornare a pensare significa riflettere criticamente sulla realtà che ci stanno costruendo che è un paese dei balocchi, non la vera vita”.
Il problema, infatti, è che “non riusciamo più a stupirci” e dimentichiamo la “bellezza grande che è dentro di noi”. È bene allora recuperare questo stupore a cominciare dalle piccole cose. “Inizia dal bere un bicchiere di vino con tuo padre a cui magari hai rubato i soldi e l’hai parcheggiato in una struttura super organizzata in Svizzera!” ha detto Staglianò. Che ha ricordato l’ultimo periodo di vita del suo papà, segnato dalla malattia: “La sofferenza di mio padre era animata dal vedere che intorno a lui circolava l’affetto e l’amore dei suoi cari. Il problema degli esseri umani è infatti la solitudine, non il dolore o la sofferenza”.
Solitudine che diventa “brigantaggio” che “schianta e distrugge le famiglie”. “Sarebbe bello che in questo momento di crisi ci fossero famiglie che nelle parrocchie adottano altre famiglie” ha esclamato il vescovo di Noto. Ognuno – ha aggiunto – può compiere miracoli, può moltiplicare pani e pesci e far camminare i paralitici ovvero i disabili del nostro tempo. Come? Anzitutto guardando in faccia la realtà e chiamandoli per nome, senza fare “maquillage linguistici tipo ‘diversamente abili’ solo per togliersi fuori dalla coscienza di dover fare qualcosa per loro”. Il disabile, invece, “ha bisogno di te che spingi la carrozzella. Noi i paralitici possiamo farli camminare. Dobbiamo andare controvento in questa opulenta società europea e creare banche del tempo nelle nostre parrocchie”.
Oscillando tra Dostoevskij e Nek, il presule ha poi riflettuto sul tema della bellezza. Non la bellezza di Narciso che porta alla morte, ma quella del Crocifisso che vogliono togliere dalle pareti delle scuole perché “brutto” agli occhi del mondo, ma che è bellissimo per il cristiano perché simbolo dell’amore infinito di Dio. E la bellezza del presepe, anch’esso “brutto” perché narra la miseria e l’emarginazione che subì il Figlio di Dio nascendo. “Il presepe assomiglia a quelle donne che vengono incinta nelle nostre coste e magari muoiono pure in mare”, ha osservato Staglianò. E ha esortato: “Lasciati colpire dalla bruttezza del presepe così avrai occhi per la bellezza che Gesù ti comunica, che ti dice: ‘Nessun altro essere umano nasca come sono nato io’.