«Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me» (Ap 3,20).
Su questo tema, tratto dall’Apocalisse – dove, nella settima lettera alle chiese d’Asia, Gesù si rivolge all’angelo della chiesa di Laodicea, per scuoterlo dal suo torpore ed invitarlo ad una sincera conversione (Ap 3,14-22)- il nostro Vescovo ha tenuto a Fiuggi lo scorso mese di maggio una catechesi nell’ambito del quinto Convegno nazionale del Movimento carismatico “Iniziativa di comunione”. «Ai cristiani di Laodicea, che erano divenuti tiepidi nel loro rapporto con Dio –ha detto fra l’altro mons. Staglianò- Cristo rivela la necessità di scuotersi, di essere zelanti. Lo zelo non ammette sentimenti incerti. L’invito è per un radicale cambiamento della loro vita e dei loro pensieri. Sembra l’immagine di non poche comunità cristiane d’oggi, sedotte e frastornate dalla cultura secolaristica. In tal caso la gioia dello spirito non viene mortificata violentemente, ma lasciata morire a poco a poco. Una lenta eutanasia della gioia». «Cristo sta alla porta e bussa –ha continuato il Vescovo- lo stare alla porta richiama in primo luogo il primato della sorprendente iniziativa divina. Ma questo stare alla porta richiama la vita del discepolo che ascolta e apre per vivere in intimità col Signore. La lettera della Chiesa di Laodicea è una delle più potenti esortazioni profetiche contro l’insidia sempre presente di accorciare la misura della proposta cristiana. Da dove ripartire: dalla celebrazione dell’Eucaristia. E’ l’Eucaristia il fuoco ardente, accostandoci al quale vinceremo sempre l’insidia della tiepidezza. Oggi le parole rivolte ai credenti di Laodicea Gesù le rivolge a voi, a noi tutti, invitandoci a spalancare i nostri cuori a Colui che salva, a Colui che ancora oggi sta alla porta del nostro cuore chiedendo di entrare. Gesù non entra mai con la forza, non violenta la libertà di chi sta dietro la porta, ma si fa quasi mendicante, bussa come un povero che ha bisogno di qualcosa, mentre è lui che ha qualcosa da donare. E allora chiediamoci: “perché” Gesù bussa, “come”, “quando” e “quanto” bussa».
«Gesù bussa – ha specificato mons. Staglianò- perché sa che abbiamo bisogno di lui; perché spesso ci vede stanchi, avvolti in un ingranaggio fatto di abitudini, ci vede tristi, angosciati, dilaniati dentro, carichi di problemi ed incertezze, e lui bussa perché vuol entrare e risanarci; perché si accorge che abbiamo bisogno di sollievo, di pace interiore ed esteriore, di speranza, cose che solo lui può dare e non altri, o, peggio ancora, maghi, santoni e chiromanti; perché sa che abbiamo bisogno che qualcuno ci ami veramente, perché, come la samaritana, abbiamo bisogno non dell’acqua del pozzo, ma l’acqua viva dello Spirito, il dono dello Spirito che zampilla dentro di noi». Ed è molto stimolante quanto il Vescovo ha sottolineato circa la necessità di un ascolto umile ed interiore della chiamata di Gesù che, anche oggi, invita noi tutti alla conversione ben al di là del fracasso della cultura edonista e consumista.
«Gesù quando bussa ha spiegato il relatore- fa una richiesta: chiede l’ascolto. Nessuno di voi potrà dire di non aver sentito bussare. Chi non sente la voce, chi non riesce ad ascoltare Gesù è perché è circondato da troppo chiasso e nulla fa per liberarsi dalle cose che lo stordiscono e dalle preoccupazioni che lo assillano fino a diventare sordo alla richiesta del Maestro.
Spesso, però, ci chiediamo: come è possibile, fra tante voci e tanto frastuono, poter riconoscere la sua voce ed aprirgli il cuore? Bisogna anzitutto far tacere le “altre voci”, quelle che ci ingannano, quelle che ci dicono che è inutile seguire Gesù, che non c’è tempo per lui; le voci che vengono dalla comunicazione globale e che vogliono spingerci verso un modello di vita fatto solo di edonismo e di consumo; le voci che invogliano alla prepotenza, alla forza, alla superbia, all’arroganza, al potere, all’invidia, al rancore e alla vendetta.
Sono queste le voci che fanno chiasso dentro di noi e che non ci permettono di ascoltare la voce di Gesù mentre egli bussa alla porta del nostro cuore.
E allora domandiamoci: chi è colui che ascolta la voce di Gesù? Chi nel vangelo ha saputo ascoltare la voce del Maestro e gli ha aperto la porta? Forse i perfetti? I sani? Gli impeccabili? I giusti?
Quelli che si ritenevano giusti e perfetti non lo hanno ascoltato, non gli hanno aperto la porta.
Non l’hanno ascoltato i farisei, che osservavano la legge, le tradizioni, pagavano la decima e il cimino; non l’hanno ascoltato gli scribi, che interpretavano la Legge e spiegavano le Scritture nella sinagoga; non l’ha ascoltato il Sinedrio, che ha deciso di eliminare la “Voce di Dio che dava voce ai senza voce”.
Ad ascoltare sono stati Matteo Levi, pubblicano, peccatore, impostore; Pietro che da traditore diventa suo testimone; Maria Maddalena, che batteva le strade della Galilea per vendere il suo corpo; e ancora Zaccheo, la samaritana, Nicodemo. Ecco, questi hanno saputo ascoltare la voce del Maestro, e la loro vita è cambiata.
Per essere in grado di ascoltare la voce di Colui che bussa dobbiamo lasciare le nostre sicurezze, le nostre certezze e riconoscere che siamo fragili e bisognosi della voce di Gesù che ci dona il suo amore. E all’ascolto della voce deve seguire l’azione: aprire la porta. Chi veramente ascolta, apre; chi non ascolta, lascia chiuso. All’ascolto segue la decisione, la scelta: il cuore si apre e Gesù entra.
Decidere di aprire la porta, significa intraprendere un cammino di sequela e rimanere uniti a Gesù come la vite ai tralci».