Carissimi fedeli dell’amata Diocesi di Noto,un saluto cordiale a tutti voi, nello splendore del mistero dell’Epifania. Abbraccio di cuore specialmente i piccoli e quelli tra voi che si trovassero in condizioni di fragilità nella salute. Negli ultimi mesi ho avuto motivi particolari per pensare ai nostri fratelli ammalati che hanno bisogno di cura amorevole, di prossimità premurosa. A parte la malattia di mio padre, che ho avuto la gioia di seguire personalmente da vicino nelle sue varie fasi, ricordo un nostro giovane prete, don Giovanni Botterelli, morto dopo qualche anno di sofferenza per un tumore che lo ha progressivamente consumato, o come si dice, ‘ridotto all’osso’. In tanti abbiamo pregato per lui, affinché il Signore lo conservasse in vita e potesse lavorare ‘ come a lui piaceva ‘ nella sua amata parrocchia. La sua morte ha emozionato tutti a Pozzallo e, in verità, tutti quanti l’hanno conosciuto. Nella sua vicenda di dolore, abbiamo sperimentato ancora una volta l’inimicizia della morte verso la nostra umanità. Ad un tempo, però, abbiamo anche confessato la nostra speranza nella risurrezione: Cristo è risorto ed è primizia di tutti i morti che risorgeranno nella sua luce…
«L’amore mi ha spiegato ogni cosa,
l’amore ha risolto tutto per me –
perciò ammiro questo Amore
dovunque Esso si trovi»
(K. Wojtyla ).
Carissimi figli e figlie dell’amata Chiesa di Noto,
anche quest’anno, così insicuro per la nostra nazione, è giunto l’Avvento, questo tempo propizio per attendere ed accogliere il Natale, del Signore Gesù.
Non è la prima volta che una crisi economica di queste dimensioni scuote l’umanità, E certo non sarà l’ultima. Basta sfogliare la Bibbia, per incontrare spesso brani in cui si parla di periodi di carestia e siccità, momenti che dal popolo d’Israele sono sempre stati concepiti come un richiamo a ritornare all’ascolto della parola di Dio. Approfitto della situazione, dunque, per comprendere cosa il Signore voglia dirci, oggi, nella prossimità del Santo Natale. Per farlo, volgo quasi naturalmente lo sguardo ad uno dei segni più commoventi e suggestivi che la tradizione popolare ci ha consegnato:
il presepe. In molte case, il presepe occupa un posto d’onore, come anche nelle chiese. E’ giusto, perché il presepe è carico di simboli che superano ogni epoca storica, richiamando sempre ai problemi del tempo di coloro che lo guardano e vogliono “contemplarlo”. Vi invito allora a guardare/contemplare il presepe con me, quale preziosa occasione per pensare il Natale in mezzo alla crisi.
L’Avvento è un ‘tempo della nostra vita’, meglio è un ‘tempo per la nostra vera vita’. E’ comunque ‘un tempo’. Ricordo cosa Sant’Agostino rispose agli scettici, i quali affermavano che il tempo non esiste. ‘Il passato non c’è più, il presente fugge e passa all’istante e il futuro non è ancora’, dicevano; e allora, cosa è il tempo? Risposta del sapiente Padre della Chiesa: ‘se me lo chiedi non lo so, se non me lo chiedi lo so’. Strana risposta, eppure profonda. C’è una ignoranza effettiva sul tempo, semplicemente perché il tempo non si lascia definire in un concetto, ma è disponibile a essere vissuto. Se lo vuoi definire non sai cosa è il tempo, se lo vivi lo sai: è l’ignoranza del concetto, è l’inadeguatezza della definizione. Infatti, ognuno di noi ha il gusto del tempo, ‘sa del tempo’, del proprio tempo, perché vive e la sua esistenza è temporale. Questo sapere del tempo ci impedisce di identificarlo allo scorrere dell’orologio, del cronometro (letteralmente ‘metro’, cioè misura del kronos, tempo). Lo sanno tutti gli innamorati quando dopo essersi incontrati lamentano che il tempo è trascorso troppo velocemente. Lo sanno anche gli studenti poco appassionati alla scuola, quando percepiscono che certe ore di lezione non terminano mai.
Carissimi,
lo slogan utilizzato per la Giornata del Seminario di quest’anno: ‘Date VOI STESSI da mangiare’ è estrapolato dall’episodio della moltiplicazione dei pani che si trova in Mt 14,16. L’episodio fa da sfondo alla 48a Giornata Mondiale di preghiera per le Vocazioni che celebreremo il prossimo 15 Maggio.
Gesù, nell’episodio evangelico risponde alla provocazione degli apostoli – «Dove trovare il pane per tanta gente? Come riuscire a saziare tutti?» -, in maniera incisiva e forte: «Date voi stessi loro da mangiare», date loro da mangiare voi stessi ‘ date voi stessi! Diventate anche voi, nei vostri corpi, nelle vostre intelligenze, nei vostri cuori pane spezzato per loro. Non c’è altro vero modo per soddisfare la ‘fame di giustizia e di fraternità’ che campeggi nell’animo degli uomini di ogni tempo, anche delle nostre società.
Nel dare il pane alle folle da mangiare, gesto che profuma già di Eucaristia, Gesù allora invita i suoi discepoli a qualcosa di ‘più grande’. Vuole che i discepoli lo imitino, donando se stessi, il proprio tempo, le proprie forze, la propria persona, la propria vita al popolo di Dio. In questa frase perciò è anzitutto svelata da Cristo la peculiarità della spiritualità sacerdotale e ovviamente anche chi è il sacerdote.
Carissimi fratelli e sorelle in Cristo risorto da morte,
nell’imminente ricorrenza della Pasqua del Signore, il mio pensiero corre a tutti voi per dirvi il mio affetto, la mia vicinanza attraverso la preghiera, la mia disponibilità ad essere sostegno concreto nel vostro cammino di fede e conforto costante nella solitudine (per non pochi, angosciante) a cui la vita sovente ci espone.
Chiedo al Signore che, nella fatica di vivere, ognuno di voi possa fare esperienza di momenti di solidarietà e di speranza, perché per vivere abbiamo bisogno innanzitutto di non essere lasciati soli nel momento della prova e, poi, abbiamo bisogno di speranza: quella speranza messa a dura prova da un futuro che si presenta spesso come una sfida difficile da vincere.
Dentro di me, in tal senso, sento particolarmente forte il desiderio di condividere con tutta le comunità cristiane della diletta Diocesi di Noto alcune riflessioni che da tempo, con prepotenza, si fanno spazio nel mio cuore e nella mia coscienza. Esse urgono risposte capaci di dare senso alle nostre esistenze, oggi più che mai bisognose di speranza vera, d’incoraggiamento sincero e di entusiasmo vivificante.