Archivi della categoria: Lettera Pastorale

Quarta Lettera ai presbiteri del nostro vescovo Mons. Antonio Staglianò: Dove dimori, Maestro?
Lettera Pastorale
30-01-2011

Figli diletti del presbiterio dell’amata Chiesa di Noto,
carissimi Presbiteri, confratelli nel sacerdozio,

 

vi saluto nella gioia del Signore che viene e ci porta la pace, ci dona speranza, ogni giorno,nello scorrere veloce della nostra esistenza umana. Inizia il nuovo anno, il 2011, e come ogni nuovo anno, per noi, è ancora tempo natalizio: è tempo ‘nuovo’, della novità che l’Incarnazione ha portato nel mondo e non semplicemente dell’avanzare cronologico. Il tempo, lo sappiamo, non è tanto il kronos divoratore di ogni istante, ma il kairòs della Provvidenza divina che si annuncia, promette e accompagna la vita di ogni uomo. In questo tempo, quest’anno nuovo 2011, vorremo continuare a ‘rendere ragione della speranza’ consegnataci dal piccolo di Betlemme. E desideriamo farlo in modo creativo, per quella fantasia della carità che è nella nostra vita un dono dall’Alto. Bramiamo di farlo meglio, insieme, e per tutti.

Nel messaggio di Avvento ho voluto, per questo, rivolgermi anche ai fratelli e alle sorelle che si sentono lontani dalla Chiesa, perché non ne condividono le dottrine e la predicazione o gli stili di vita e gli atteggiamenti. Anche per loro la memoria della venuta nella carne del Figlio di Dio è una ‘buona notizia’ di speranza, di pace e di amore. Lo è, infatti, per tutta l’umanità, per ogni uomo ‘di buona volontà’, per tutti gli uomini amati da Dio, lo vogliano o no. Lo è realmente, questa è la verità.
E però: chi, e con quali modalità, è chiamato a mostrarla questa verità? I cristiani, e particolarmente noi presbiteri, impegnati a guidare il popolo di Dio sulle sue vie, siamo coloro che devono ‘rendere ragione’ di questa verità e di questa speranza, attraverso un cristianesimo più incarnato, capace di prendersi cura fattivamente di tutto il bisogno umano (qualunque sia la forma della sua emergenza), corrispondendovi con l’amore, l’agape, la carità operosa.
Tutti i cristiani, ma anzitutto e soprattutto noi presbiteri dobbiamo porci l’interrogativo inquietante che sgorga da una contemplazione verace e autentica (e non semplicemente estetizzante) del presepe: ‘se sei un uomo, dimmi, sei anche umano?’; dovendo poi avere la misura dell’umano, non potremo non domandarci: ‘quali sono le forme concrete e gli spazi oggettivi o i tempi precisi nei quali splende la nostra umanità’?

 

 

Lettera del Vescovo sulla centralità della Chiesa Cattedrale
Lettera Pastorale
27-11-2010

«Il Vescovo, pur esercitando il suo ministero di santificazione in tutta la Diocesi, ha come suo punto focale la chiesa cattedrale, che è come la chiesa madre e il centro di convergenza della Chiesa particolare» (Pastores gregis, 34).
«Tra i templi della diocesi, il posto più importante spetta alla chiesa Cattedrale, che è segno di unità della Chiesa particolare, luogo dove si realizza il momento più alto della vita della diocesi e si compie pure l’atto più eccelso e sacro del munus sanctificandi del Vescovo, che comporta insieme, come la liturgia stessa che egli presiede, la santificazione delle persone e il culto e la gloria di Dio. La Cattedrale è anche il segno del magistero e della potestà del Pastore della diocesi. Il Vescovo deve provvedere affinché le funzioni liturgiche della Cattedrale si svolgano con il decoro, il rispetto delle rubriche e il fervore comunitario che si addicono a quella che è madre delle chiese della diocesi, e a tal fine esorti il Capitolo dei canonici» (Apostolorum successores,  156).
 
 I due passaggi significativi ‘ posti in esergo- di Giovanni Paolo II nella Pastores gregis e del Direttorio pastorale per il ministero dei vescovi della Congregazione per i vescovi, esprimono molto bene e in tutta chiarezza la ‘centralità’ della Chiesa cattedrale per l’evangelizzazione e l’intera pastorale in una Diocesi. Così deve essere anche per la splendida Cattedrale della Diocesi di Noto, monumento di straordinaria bellezza artistica e luogo privilegiato dell’edificazione della comunità cristiana e della predicazione del vangelo.
Per incrementare l’opera di evangelizzazione e per riattivare con nuovo ritmo e nuovo ardore la vita cristiana e la spiritualità di comunione ho voluto nominare per la Chiesa cattedrale di Noto un Rettore e un vice-rettore, distinguendo così in modo più marcato l’attività pastorale della Cattedrale da quella della Parrocchia che abita nella Cattedrale. Distinguere non è separare. Non lo è a una sola condizione: quella della sinergia pastorale e della comunione nell’azione evangelizzatrice. Questa condizione è del resto naturale nella vita della Chiesa. Perciò è un presupposto indiscutibile, ovvio, non negoziabile. Tanto più oggi, nella nostra Chiesa locale: abbiamo da più di un anno attivato un processo virtuoso di comunione che dovrebbe meglio evidenziare le forme concrete con le quali siamo realmente credibili all’interno delle nostre comunità e anche agli occhi del mondo: non c’è altra via per poter essere riconosciuti come discepoli di Gesù se non quella dell’amore che ci dobbiamo nel Signore; non c’è altra strada per la quale potremo essere fecondi nella comunicazione del vangelo in un mondo che cambia se non quella della fraternità amicale che ci contraddistingue come cristiani, ‘riempiti dello Spirito’; non c’è altra direzione verso cui orientare la coscienza di tutti per una vera e autentica educazione alla vita buona del vangelo se quella dell’esempio e della testimonianza da dare quanto al bene che ci volgiamo, alla stima che ci portiamo, all’iniziativa comune (comunionale) che riusciremo ad esprimere.

 


 

 

 

 

Seconda Lettera ai Presbiteri di Mons. Antonio Staglianò: “Se avrete amore sapranno”
La comunione soltanto ci rende cristianamente credibili
Lettera Pastorale
04-01-2010

Carissimi Presbiteri,


confratelli nel sacerdozio, figli diletti del presbiterio dell’amata Chiesa di Noto, «questa, o carissimi, è già la seconda lettera
che vi scrivo, e in tutte e due cerco di ridestare con ammonimenti la vostra sana intelligenza, perché teniate a mente le parole già dette dai santi profeti, e il precetto del Signore e salvatore, trasmessovi dagli apostoli» (2Pt 3, 1-2). Vi scrivo ancora, per la seconda volta, col desiderio di rafforzare la nostra comunione, il legame profondo del nostro affetto, l’amore di cui siamo debitori gli uni gli altri, perché insieme amati dal Padre del Signore nostro Gesù Cristo che ha mandato lo Spirito, «amore effuso nei nostri cuori» (Rm 5,5).
Si, quest’amore sfugge ogni psicologismo e si rivela nel dono reciproco, nel comune sguardo verso le cose che valgono e meritano l’impegno della nostra vita, in radicalità, per sempre, in comunione per la missione, per l’evangelizzazione: «agendo secondo verità nella carità, cerchiamo di crescere in ogni cosa tendendo a lui, che è il capo, Cristo. Da lui tutto il corpo, ben compaginato e connesso, con la collaborazione di ogni giuntura, secondo l’energia propria di ogni membro, cresce in modo da edificare se stesso nella carità» (Ef 4,15-16). Quanto sono vere queste parole dell’Apostolo Paolo, quanto sono ispirate e
ispiranti, gravide di futuro per la conversione e il rinnovamento delle nostre comunità cristiane e di noi stessi, nel nostro cammino spirituale, nel nostro maturare in santità!

 

Scarica la lettera>>

Lettera del Vescovo ai presbiteri “Il bel Pastore offre la vita”
Preti innamorati di Dio al servizio della bellezza dell'umano
Lettera Pastorale
19-06-2009

Carissimi Presbiteri,

 

confratelli nel sacerdozio, figli diletti del presbiterio dell’amata Chiesa di Noto,

 

vi scrivo da ‘cuore a cuore’, a conclusione della mia visita pastorale negli otto vicariati della nostra Diocesi e nel giorno in cui compio 50 anni. In giorni come questo ‘ tappe memorabili dello scorrere dell’esistenza terrena ‘, è mia consuetudine ‘piantare un albero’, perché cresca e dia frutti buoni. Così farò, nel piccolo cortile dell’episcopio: sarà un albero di nespolo. Quest’anno è, però, veramente ‘nuovo’ per la mia vita, dopo l’elezione e la consacrazione episcopale. Consentitemi allora di immaginare questa lettera personale del Vescovo per voi come un ‘altro’ albero da piantare nel terreno buono della vostra vita, messa a servizio della Chiesa locale, sul modello del bel pastore che offre la sua vita per le sue pecore (cfr. Gv 10,11). Seguiamo gli esegeti che ritengono più esatta la definizione del pastore di Gv 10 come ‘bello’, anche perché il bello include ‘il buono’ e propriamente non c’è bellezza autentica che non irradi la bontà della vita: già i nostri antenati greci ‘ lo sappiamo ‘ lo avevano insegnato con sufficiente chiarezza.