Si incomincia a dire che non è possibile che la camorra uccida in pochi anni nel territorio casalese 1300 persone, la maggior parte sotto i 21 anni, reclutati a partire dal bisogno di lavoro. E che poi uccida due volte infangando la memoria di chi si oppone. Lo incomincia a dire un prete, uno scout, perchè non può accettare che i ragazzi vedano sottratta la loro vita e spenti i loro sogni dalla camorra. Quando scrive il documento “Per amore del mio popolo non tacerò” si capisce che non sono parole, e la camorra lo uccide prima della messa, in sacrestia, nel giorno del suo onomastico. Ma ecco che la gente prende coraggio e in trentamila partecipano al funerale, mentre le finestre di Casal di Principe si aprono e i casalensi (non il clan ma la gente che si riappropria del proprio nome) appende lenzuola bianche. Siamo nel 1994. Dopo dieci anni c’è di più. Nascono “le terre di don Diana” nei terren confiscati alla camorra. E si fa reinserimento, si vivono tensioni civiche, si ripensa l’economia nelle sue finalità sociali. Si dimostra che un altro Sud è possibile. Questa la testimonianza portata dall’assistente sociale Simmaco Perrillo e dal giornalista Antonio Esposito per capire dove potrà inaugurare una casa a don Peppe Diana nell’incontro tenuto venerdì 12 ottobre nella chiesa del Sacro Cuore di Modica. Casa di pronta accoglienza, ma come ha chiarito il Vescovo Staglianò, pronta accoglienza come momento di un cristianesimo vero, che lega eucaristia e strada, frutto di una fede vera – così in fondo a Modica si è aperto l’anno della fede (unitamente al ricordo del Concilio il giorno precedente). E di una politica vera, ha rimardato il Sindaco, con forte commozione per quanti in questo Sud danno la vita. E idealmente, alla Chiesa di Noto (in particolare al vicariato di Modica) e alla città tramite il Vescovo e il Sindaco, è stata consegnato il messaggio di don Diana con la maglietta in cui è scritto “Per amore del mio popolo”. Si è passati quindi alla Casa di via Achille Grandi, e qui si è vista la trasformazione grazie all’opera dell’ing. Giorgio Di Raimondo, con un risparmio notevole come sa fare un buon padre di famiglia. Che però pensa alla città! E con lui tanti altri, che è difficile ricordare in un elenco. Sicuramente più breve dell’elenco degli indifferenti, di chi ha guardato da lontano, ma un elenco dal peso maggiore, perché come ricordava Sant’Agostino il peso di ognuno – quanto ognuno conta veramente! – è dato solo dall’amore. Negli incontri con le scuole poi si sono chiariti altri aspetti. Se ci sono testimoni, i ragazzi capiscono fino a commuoversi. Se ci sono testimoni credibili, i ragazzi capiscono che la giustizia sociale vale più dei soldi e della carriera e che dalle crisi di tutti i tipi si esce se non ci si arrede. E se il testimone cita la Scrittura per illuminare la vita – “la pietra scartata dai costruttori è diventata testata d’angolo” – si capisce bene anche il cuore della fede cristiana: passione e morte che diventa resurrezione. Per questi motivi tante scuole e tante parrocchie, tante associazioni (da Libera agli scout) organizzano viaggi e campi di lavoro, soprattutto per i giovani, nelle “terre di don Diana”. E così quanti lottano nel suo nome sono meno soli e i giovani e i meno giovani che vanno sanno meglio dove sta la vera felicità. Un altro Sud è possibile: e a Modica, mentre si è inaugurata una casa in cui si vivrà la fatica e bellezza dell’accoglienza, si è accolta una testimonianza, la testimonianza di un martire, che può diventare seme di uomini e cristiani veri. Unitamente all’altro martire, don Puglisi, insieme a don Diana ricordato nel saloncino della Casa come custodi e testimoni di una fede che – ad ogni portico della vita – sa accorgersi di chi viene spinto all’ultmo posto e ama fino a dare anche la vita. “Per amore del popolo”, per riscattare tutti.
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