L’immigrazione non è una presenza statica, semplice, tale da mettere paura o da invocare buonismo. Si tratta piuttosto di un mutamento epocale che dovremo saper leggere. Da qui l’importanza ogni anno della presentazione del dossier sull’immigrazione curato da Caritas Italiana e Migrantes che, con l’aiuto del referente regionale Vincenzo La Monica, faremo il 18 gennaio a Scicli alle 19 nella chiesa di San Giuseppe. Per capire l’entità del fenomeno basti pensare che a livello mondialenegli ultimi dieci anni i migranti sono aumentati di 64 milioni di unità e secondo l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni sono attualmente 214 milioni (4,2 milioni dei quali sono italiani). I flussi di migranti hanno sfiorato i 6 milioni di unità l’anno e, seppure rallentati nell’attuale fase di recessione, secondo le previsioni dell’Ocse acquisteranno nuovo dinamismo con la ripresa economica. Nei paesi in via di sviluppo la forte crescita economica dell’ultimo decennio (+13,4% solo nel 2010) ha sottratto mezzo miliardo di persone alla povertà estrema, che tuttora ne coinvolge un altro miliardo e mezzo. Permane l’enorme sproporzione territoriale del reddito pro capite: 33.400 dollari nel Nord del mondo e 6.200 nel Sud. In prospettiva, la diminuzione della popolazione in età lavorativa, che influisce sull’attrazione dei flussi migratori, continuerà in Europa e si farà sentire anche in Asia, un continente finora quasi esclusivamente fornitore di manodopera, dove, in particolare, le Filippine continueranno a essere un paese di emigrazione (così come lo sarà tutta l’Africa a seguito della forte espansione demografica) mentre la Cina diventerà il principale polo di attrazione dei flussi, seguita dal Giappone, dalla Corea del Sud e da altri paesi. L’Unione Europea,il cui tasso di fecondità è pressoché dimezzato rispetto al 1952 (quando era di 2,6 figli per donna), si conferma come una forte area di immigrazione, con il coinvolgimento anche dei nuovi paesi: ad esempio in Polonia, nel 2011, è stata decisa la regolarizzazione di circa 300mila non comunitari. Un secondo elemento, riguarda invece la crisi. Che colpisce anche gli immigrati. I lavoratori immigrati, funzionali alle esigenze produttive dei paesi di insediamento, al momento pagano più duramente gli effetti della crisi e vengono sottoposti a restrizioni normative che hanno ripercussioni anche sulla libera circolazione dei comunitari. Un terzo elemento resta l’inclusione, esigenza su cui sta richiamando l’attenzione la campagna “L’Italia sono anch’io”, promossa dall’associazionismo di ispirazione laica e religiosa. Un quarto elemento da considerare è la promozione di condizioni di pace e di sviluppo interne ai singoli paesi: lo hanno ricordato Caritas e Migrantes nel volume Africa-Italia. Scenari migratori (2010). Lo scrittore bosniaco Pedrag Matvejevic ha detto suggestivamente che nel Mediterraneo vi sono tante funi sommerse che aspettano di essere ritrovate e riannodate. Nel primo semestre del 2011, i drammatici eventi del Nord Africa hanno evidenziato ancora una volta che è possibile favorire l’incontro tra musulmani e cristiani. Del resto, gli immigrati di questi due gruppi (1 milione e mezzo di musulmani e 2 milioni e mezzo di cristiani, rispettivamente il 32,9% e il 53,9% della popolazione immigrata) vivono, in Italia, fianco a fianco, insieme a fedeli di altre religioni. Perciò l’inquadramento emergenziale dell’immigrazione deve far posto ad una prospettiva di integrazione, cuore della politica migratoria: i 150 anni dell’Unità d’Italia ricordano un passato di esodo con tante sofferenze che potevano essere evitate, così come vanno evitate nell’attuale contesto. Per la Caritas e la Fondazione Migrantes, se si vuole essere cristiani autentici, le migrazioni vanno riconosciute come un segno dei tempi e così sempre più cercheremo di leggerle, ponendo anche segni di accoglienza, di integrazione, di arricchimento culturale e spirituale.
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