Essere “in”, coltivare un io pieno, per essere “con” nella fraternità

Giovedì 28 aprile c’era tanta gente e aria di festa bella e semplice alla Fontana di Modica. Ed anche molta commozione quando, dopo il racconto intenso e partecipato dell’antico rito “Crisci ranni”, al suono delle campane e al canto del “Gloria dal basso della terra”, i genitori hanno lanciato in alto i loro bambini e i più grandi hanno saltato dai bordi dell’antica fontana e dei muretti circostanti. “Crisci ranni e santi!”, ha aggiunto Giuliana Martirani, testimoniando come veniva vissuto a Napoli un rito simile. Non è difficile rilevare come pastoralmente e socialmente diventa una preziosa opportunità poter rinnovare un rito così bello, le cui valenze sono state esplicitate nel Convegno del giorno successivo alla Domus S. Petri. Con relazioni così intense e incisive, di grande aiuto per chi ha cuore la crescita delle nuove generazioni, che hanno spinto il Vescovo a sottolineare come sarebbe stata utile una partecipazione di tutta la diocesi e di tutta la città. Per la saggezza necessaria – ha rilevato il Sindaco – per dare senso alle cose che si fanno, per cui l’agire si illumina con il pensare. Partendo da un rito che, come ha chiarito Giovanni Salonia, esprime le due esigenze di fondo della vita: sentirti accolto tra le braccia di chi ti ama, sentirti spinto in avanti. Come evocava la bella mongolfiera preparata per l’occasione dal Centro diurno dei disabili. E si tratta per questo di rivisitare la centralità del soggetto tipica della modernità con tutte le sue ambivalenze e la difficoltà della fraternità, evitando inutili nostalgie o una ripresa della comunità solo sotto la spinta delle paura. La via per un io non autoreferenziale, capace di relazione, è stata indicata nella vita interiore. Più l’io è pieno, più saprà rapportarsi senza desiderio di possesso e con capacità di dono. Superando l’incapacità di Caino di gioire per i doni dell’altro, non limitandosi al compito da cui si genera la comunità ma vivendo la fraternità che fa accogliere l’altro nella sua diversità, nella originaria chiamata a vivere insieme e non contro. Con affetto, ha subito sottolineato Giuliana Martirani, anche con le coccole, soprattutto riprendendoci il tempo per ciò che ci fa veramente essere uomini. Delineando quindi – nel tempo disteso – le vie che fanno crescere veramente, che fanno crescere santi: la regalità, cioè la capacità di vivere come figli, in piedi e non carponi; l’orizzonte, senza il quale non c’è spinta in avanti; la sobrietà, senza la quale si resta intrappolati in un’economia di consumo che piano piano consuma la nostra umanità; la mitezza, che è la vera forza e che sa costruire sane mediazioni, anche ordinarie come i testimoni di cresima o di nozze che sono non orpelli ma evocativi di sane mediazioni; la resistenza, come quella dei martiri del nostro tempo. Essere “in” per poter “essere con”, ha sintetizzando alla fine Mons. Staglianò. Rito e Convegno restano così un messaggio per tutti, consegnato anche in un numero unico e un video, ma soprattutto nell’intreccio tra festivo e ordinario con cui ogni giorno alla Fontana si fa esperienza di relazioni con cui rigenerare il tessuto della città e cantarne la vera bellezza, scoprirne l’anima, ricostruirla sulla giustizia. 
 
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