Nell’immensa spianata di Piazza San Pietro a Roma, gremita da oltre quindicimila preti giovani e meno giovani da ogni parte del mondo, il Santo Padre Benedetto XVI, nella mattinata di venerdì 11 giugno 2010, solennità del Sacro Cuore di Gesù, ha concluso l’Anno Sacerdotale (giugno 2009 – giugno 2010, a 150 anni dalla morte del Santo Curato d’Ars) presiedendo una vibrante, armoniosa e devota concelebrazione della Eucaristia, a cui prendevano parte anche decine di cardinali, centinaia di vescovi e diverse migliaia di fedeli laici. Fra questi quindicimila preti, di ogni razza, lingua, popolo e nazione (in rappresentanza degli attuali 400 mila preti dell’intera Chiesa cattolica, apostolica, romana), c’eravamo anche noi: nove preti della Chiesa di Dio pellegrina in Noto, convenuti a Roma insieme al nostro vescovo, mons. Staglianò, e a nome dell’intero presbiterio diocesano. Anche noi abbiamo concelebrato con gioia questa solenne Eucaristia: la prima in assoluto, nei 21 secoli di storia della Chiesa, con un così grande numero di preti! Sotto la presidenza del Papa e attorno all’unico altare, abbiamo pronunciato insieme la preghiera epicletica che trasforma il pane e il vino nel corpo donato e nel sangue versato di Cristo redentore e abbiamo insieme invocato lo Spirito del Risorto, perché quanti ci saremmo nutriti dell’unico corpo e dell’unico sangue del Figlio di Dio potessimo diventare, “in Cristo, un solo corpo e un solo spirito”.
Veramente tonificante è stata l’omelia del Papa (vedi il testo integrale a pag. 4 del quotidiano Avvenire di sabato 12 giugno) che ha esortato tutti a gioire del dono del sacerdozio ministeriale. Esso – ha sottolineato con forza Benedetto XVI- è molto di più di un “ufficio” da compiere: è vero sacramento ”dell’amore audace di Dio per ogni uomo”; “sacramento che, pur se posto in fragili vasi di creta”, comunica alla Chiesa e al mondo di oggi (smarrito, in ricerca, assetato) la vera risposta ad una insopprimibile “arsura”. La risposta è Cristo Gesù “Via, Verità e Vita”; Cristo Gesù buon pastore che dona la vita per le sue pecorelle. Il sacerdozio ministeriale è il segno vivo di questa immolazione di Cristo Buon Pastore (cfr Gv 10,11). “Sì, o Signore –così si è espresso tra l’altro il Papa durante l’omelia- nell’oscurità della tentazione, nelle ore di buio in cui tutte le luci sembrano spegnersi, mostraci che Tu sei là. Aiuta noi sacerdoti, affinché possiamo essere accanto alle persone a noi affidate, in tali notti oscure. Affinché possiamo mostrare loro la tua luce”.
E la luce di Cristo che illumina ogni uomo attraverso la particolare coloratura del ministero del prete, il Papa l’ha messa in straordinario rilievo anche giovedì 10 giugno, durante la veglia eucaristica di preghiera, sempre in Piazza San Pietro, la sera precedente la solennità del Sacro Cuore.
Poter descrivere il profondo feeling tra noi (oltre diecimila preti) e il Papa durante l’intera veglia (dalle ore 20.30 fino a quasi mezzanotte) non è cosa facile. Può aiutare, forse, l’accenno alle cinque risposte date dal Santo Padre “a braccio”- con stile chiaro e sereno, con trasparente espressione della sua interiorità orante in Cristo e con acuta conoscenza delle problematiche pastorali ed esistenziali della Chiesa e del mondo di oggi- ad altrettante cinque domande scottanti postegli da cinque sacerdoti dei cinque continenti. La prima dall’America, precisamente dal Brasile, sullo stress nella vita del prete oggi; la seconda dall’Africa sul difficile rapporto tra teologia e spiritualità; la terza dall’Europa sul valore evangelico del celibato sacerdotale; la quarta dall’Asia, più precisamente dal Giappone, su come superare la tentazione del clericalismo ritualista; la quinta dall’Oceania, su come rendere viva e incisiva la pastorale vocazionale. Diamo una breve sintesi del quarto punto (rimandando i nostri lettori al testo integrale pubblicato su Avvenire del 13 giugno.
“Come vivere la centralità dell’Eucaristia senza perdersi in una vita solo cultuale, estranei alla vita di ogni giorno delle altre persone?” Ed ecco qualche frase della tonificante risposta: “Il clericalismo è una tentazione dei sacerdoti di tutti i secoli (..). è importante trovare il vero modo di vivere l’Eucaristia che non è chiusura al mondo, ma proprio l’apertura ai bisogni del mondo. Nell’Eucaristia infatti si realizza il grande dramma di Dio che esce da se stesso, fino ad essere uno di noi, fino alla morte in croce (cfr Fil 2)”. “L’Eucaristia è perciò il contrario del clericalismo, della chiusura in se stessi. A questo punto il Papa ha fatto esplicito riferimento a Madre Teresa di Calcutta che ha attinto dall’Eucaristia l’eroico suo donarsi a Cristo presente anzitutto nei più poveri ed emarginati.
Non possiamo chiudere questa breve carrellata sui tre giorni a Roma senza un breve accenno anche alla refrigerante e stimolante esperienza, nell’Aula Paolo VI in Vaticano, nel pomeriggio di mercoledì 9 giugno. Oltre ottomila sacerdoti -per iniziativa del Movimento dei Focolari, del Movimento Schoenstatt, del Rinnovamento Carismatico Cattolico e di altre realtà aggregative ecclesiali- abbiamo partecipato ad un incontro di testimonianze e di contributi artistici sul tema: “Sacerdoti oggi”. L’incontro era articolato in tre parti tra loro strettamente connesse: 1) Uomini di Dio icone di Cristo; Fratelli tra fratelli nell’unico popolo; 3) profeti di un mondo nuovo. Da sottolineare, anzitutto, il contributo del complesso musicale Gen Verde l’incoraggiante intervento, a nome del Santo Padre, del Segretario di Stato, il cardinale Bertone. Molto toccanti, poi, sono state diverse esperienze da parte di alcuni “preti di frontiera”. Il contatto vitale col vangelo vissuto nei carismi di cui lo Spirito del Risorto arricchisce anche oggi la sua Chiesa, li ha aiutati a superare situazioni difficili di fedeltà alla loro vocazione. Ha toccato tutti, specialmente l’esperienza di tre preti africani del Burundi che, colpiti con armi da fuoco da un gruppo di ribelli sono miracolosamente scampati alla carneficina che uccideva circa 400 compagni di Seminario i quali, risoluti a vivere il vangelo, hanno scelto il martirio. Anch’essi, scampati alla strage, hanno continuato a vivere il vangelo nell’eroico e risanatore perdono alle bande armate.
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