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Il nuovo libro del nostro Vescovo su l’abate calabrese. Fede cattolica nella Trinità e pensiero teologico della storia in G. Da Fiore

S.E. Mons A. Staglianò ha pubblicato per l’Editrice Vaticana un nuovo libro che costituisce il nono volume della collana “Itineraria” curata dalla Pontificia Accademia Teologica, prende in esame il pensiero di Gioacchino Da Fiore, abate calabrese, nonché uno dei più autorevoli filosofi del Medioevo. In particolare l’intento del volume è di suggerire un’interpretazione che avvalori gli insegnamenti di Gioacchino, apportando maggiore chiarezza nella sua dottrina trinitaria e cristologia per propiziarne la piena riabilitazione ecclesiale. Il lavoro dunque risulta essere un ulteriore impulso per gli studiosi di teologia e gli studenti delle facoltà teologiche, per la conoscenza e l’approfondimento di una figura che ancora oggi resta affascinante ed attuale.
 
PREFAZIONE del Card. GIANFRANCO RAVASI
 
Per giustificare onestamente e correttamente questa prefazione, scritta da un “inesperto” che non è in grado di perlustrare il piccolo mare testuale degli scritti autentici e apocrifi gioachimiti e il vasto oceano delle bibliografie esegetiche, vorrei ricorrere a un’immagine che mi è più familiare. Nella straordinaria catacomba romana di via Dino Compagni, suggestiva testimonianza di un’ermeneutica cristiana dei simboli e dei motivi iconografici classici pagani, si hanno due curiosi affreschi di “scene d’ingresso”. In quelle raffigurazioni le duplici ante dei portali vengono spalancate da un personaggio, e al di là di esse si intravede un mirabile idillio fatto di una vegetazione bucolica, evocazione di quel paradiso che attende il giusto là sepolto (non si dimentichi che “paradiso” è un termine di matrice alto-iranica che originariamente designava un giardino recintato).
Questa illustrazione, che forse si avvale della metafora della Thyra písteos, la “porta della fede” – presente negli Atti degli Apostoli (14,27) e ripresa per l’Anno della fede del 2013 da Benedetto XVI – è ora da me usata allegoricamente come segno della mia funzione in questa prefazione. Starò, infatti, sulla soglia aprendo un orizzonte di ricerca sbocciato, cresciuto e fiorito in anni di studio condotti da mons. Antonio Staglianò. Dal 2009 egli è vescovo di Noto in Sicilia, ma la sua origine calabrese è legata alle terre che videro la nascita, la vocazione, la vicenda umana e spirituale del protagonista di quell’orizzonte, Gioacchino da Fiore, una delle figure più emozionanti, coinvolgenti e per molti versi sconcertanti del Medioevo.
Intenzionalmente ho usato l’aggettivo forte “sconcertante” per questo personaggio, perché l’impegno principale che mons. Staglianò si è assunto non è solo quello di smentirlo, ma persino di capovolgerlo nel suo contrario, presentandoci un Gioacchino rassicurante nell’ortodossia della sua fede. Si vorrebbe, dunque, dissolvere la nebula delle decifrazioni sospette del pensiero esegetico e teologico dell’Abate calabrese, abbattere certi stereotipi che lo accompagnano da secoli, spezzare o almeno dipanare «il groviglio delle interpretazioni… che hanno compromesso l’utilizzazione sistematica della sua riflessione, delle prospettive fondamentali della sua dottrina, della sua ermeneutica della Scrittura, della sua versione utopica della storia».
Anzi, il proposito del vescovo di Noto è quello di avvolgere di nuovo in modo ufficiale il volto di Gioacchino nell’aureola della santità che, a livello popolare, gli fu sempre assegnata, confermando quel culto che spontaneamente gli fu tributato. Da un lato, infatti, mons. Staglianò, nato a Isola Capo Rizzuto, a lungo vissuto in quelle terre calabresi, è uno dei pochi che senza difficoltà riuscirebbe a raggiungere quel Celico cosentino ove l’Abate vide la luce oppure quel S. Martino a Canale ove spirò e S. Giovanni in Fiore che gli dette il patronimico spirituale e ne accolse, prima, l’esperienza monastica e, poi, le spoglie. D’altro lato, però, egli è anche uno dei pochi che possono entrare nella complessità fluida del pensiero gioachimita per sceverarne l’autenticità rispetto alle sovrastrutture e alle superfetazioni apocrife, ed è anche uno dei rari studiosi capaci di districarsi all’interno di una Wirkungsgeschichte lussureggiante e spesso creativa.
Non per nulla mons. Staglianò non esita ad affrontare con grande acribia e a sciogliere quei nodi che, anche a chi è come me solo sulla soglia di quell’orizzonte variegato, sono spontaneamente associati alla figura del grande calabrese, dall’intreccio fra Trinità e storia, al sospetto “triteismo” teologico da cui discenderebbe il celebre “triteismo” storico della triplice èra. Solo chi ha ben stretto il filo di Arianna del pensiero e degli scritti di questo mistico, teologo, esegeta, profeta, fondatore e riformatore religioso riesce, infatti, a percorrere quella sorta di “giardino paradisiaco” spirituale da lui piantato, del quale appunto noi ora dischiudiamo le porte. Tale e tanta è la passione che anima il vescovo Staglianò per l’Abate, che a lui ha persino dedicato il suo stemma episcopale, facendolo diventare una vera e propria insegna simbolica gioachimita. Anzi, in finale la sua analisi critica trascolora in poesia, creando un epilogo che è anche una specie di ideale testamento-appello a «tornare ai suoi tre cerchi», ritrovando «le radici nei suoi colori», proiettandosi «nel rosso del futuro che già inizia».
A chiudere le porte di questo panorama letterario e spirituale sarà, invece, un teologo “esperto” e competente come è Piero Coda: sarà lui – dopo aver percorso l’itinerario gioachimita proposto da mons. Staglianò – a porre un suggello che sia quasi il bilancio di una vera avventura dell’anima e della mente. È, quindi, a lui che lascio il compito più alto e delicato, quello di elaborare la postfazione che riassume, sulla scia dell’esegesi dell’autore del saggio, una dottrina trinitaria e una visione storico-salvifica, sospesa tra metafora e riflessione, tra fosforescenza simbolica e lucida speculazione. Davanti a me rimangono sullo sfondo abbracciate tra loro la figura del Maestro e quella del discepolo. Sì, perché Antonio Staglianò – che pure ricordo sempre come mio alunno di forte tempra intellettuale e di originale capacità ermeneutica – è soprattutto appassionato discepolo di due Maestri da lui tanto amati, Gioacchino da Fiore e Antonio Rosmini, due outsider forse della teologia, ma di intensa fedeltà e ortodossia personale.
Tuttavia, alla fine è il Maestro Gioacchino a rimanere negli occhi e nella mente del lettore, certamente per il nuovo ritratto teologico disegnato in queste pagine. Anche per me le antiche letture di testi ramificati e ardui come l’Expositio o l’Enchiridion in Apocalypsim o come quel suo singolare e geniale Psalterium decem chordarum o ancora quella Concordia che incrociava le Scritture del Primo e del Nuovo Testamento, acquistano ora un diverso sapore. Ma per tutti egli rimarrà sempre vivo nella memoria soprattutto attraverso la citatissima e solenne celebrazione che il san Bonaventura dantesco gli aveva dedicato contemplandolo nel cielo del sole paradisiaco: «…lucemi da lato / il calavrese abate Giovacchino, / di spirito profetico dotato» (Paradiso XII, 139-141).
 
 
 
 
 

CAMPAGNA CIBO PER TUTTI ENTRO IL 2025. Anche a Modica, anche nella diocesi di Noto

 Inizia martedì 10 dicembre in tutto il mondo la campagna “cibo per tutti entro il 2025”, fortemente sostenuta da papa Francesco. La Caritas di Noto aderisce partendo da un’iniziativa lanciata a Modica l’anno scorso: la decima della fraternità, ovvero la scelta di iniziare con il devolvere il 10% delle spese non necessarie, per avviare quindi una riflessione sugli stili di vita. Se si fa una gita, una festa, dare una parte di quanto si spende permette di avviare un rapporto con i poveri “assoluti” che mancano delle cose essenziali per vivere. Conoscerli e incontrarli dà quindi pienezza al gesto, e questo diventa possibile a partire dai tanti piccoli gemeallaggi tra famiglie e scuole avviate con la diocesi di Butembo-Beni in Africa e approfonditi in incontri con parrocchie e scuole animate da Gianni Novello, di Pax Christi, che in questi mesi si trova in Congo per intensificare i rapporti, soprattutto cogliendo quando di bello e di esemplare l’Africa può offrici, con una terza componente: le forme di auto aiuto. E così questi tre passi – un gesto di condivisione frutto di una limitazione nei nostri eccessi, una maggiore conoscenza, l’apprendere una solidarietà tra poveri come cifra della vera solidarietà – possono rendere la camapgna “un cibo per tutti” un cammino di umanizzazione contro la globalizzazione dell’indifferenza. Evitando che “le notizie delle quotazioni in borsa abbiano pìù peso – come denuncia papa Francesco – di un bambino che muore di fame o di un vecchio che resta abbandonato”. Le notizie sulla borsa peraltro sono attorno all’idolo denaro, quelle su bambini e vecchi invece sul nostro essere veramente umani e possono diventare – se il cuore è sensibil e la mente sveglia – appello a un agire personale e comunitario per accrescere bene comune e umanità. La Caritas diocesana di Noto invita per questo quanti fossero disponibili alla campagna e ad azioni di solidarietà con il mondo a comunicarlo (si può usare l’indirizzo di posta elettronica: caritas@diocesinoto.it). Un momento importante, come di consueto, sarà quindi il 1 gennaio la veglia per la pace che quest’anno avrà come tema voluto dal papa “La pace nasce dalla fraternità”.

ASSOCIAZIONE METER: DON DI NOTO, “GRATITUDINE” PER IL MESSAGGIO DI PAPA FRANCESCO

Commozione e gratitudine a “Casa Meter” per la benedizione papale giunta ieri, domenica 8 dicembre, in occasione dell’inaugurazione avvenuta ad Avola (Salerno) della sede: ne parla il comunicato stampa della associazione guidata da don Fortunato Di Noto (www.associazionemeter.org), dove si riportano le parole del messaggio pervenuto da parte della Segreteria di stato vaticana. Nel testo, consegnato da parte del vescovo di Noto mons. Antonio Staglianò, il Papa “rivolge il suo cordiale saluto, esprimendo compiacimento per la provvida istituzione ed esortando a proseguire sulla strada del generoso impegno a servizio dei più piccoli, sempre animati da sentimenti di genuina carità e di amore al prossimo”. Il Papa, inoltre, nell‘impartire la sua Benedizione Apostolica, chiede “di pregare per lui”. Il fondatore e presidente dell’associazione, don Di Noto ha commentato così: “Siamo grati e commossi davanti alle parole del Papa”, ringraziando “il vescovo mons. Staglianò che si è fatto latore del telegramma, il Segretario Parolin e ovviamente Papa Francesco. Torniamo a chiedergli di venire a toccare con mano la nostra realtà, rinnovando il nostro servizio per i bambini, la società e la Chiesa cattolica di cui siamo tutti figli. Grazie, Papa Francesco!”. 

Il Servizio di Pastorale Giovanile e Vocazionale Diocesano ha realizzato un sussidio per la formazione dei giovani. Arriverà a tutte le Parrocchie

 
Con una lettera del servizio di pastorale giovanile vocazionale diocesano, verrà comunicato e presentato a tutta la Diocesi di Noto l’itinerario formativo che è stato ideato e pensato per tutti i gruppi di giovani e adolescenti delle parrocchie, associazioni e movimenti che sono presenti nel territorio della diocesi di Noto.
Dopo aver raccolto le varie istanze da parte dei singoli vicariati che chiedevano un aiuto in tal senso, è venuta fuori questa proposta, che suggeriamo, come uno strumento utile nel cammino di accompagnamento dei nostri giovani e adolescenti.
 
Questo itinerario è frutto di un lavoro attento e scrupoloso dell’equipe di Pastorale giovanile vocazionale che ha preso forma e concretezza in un opuscolo di 55 pagine, all’interno delle quali troverete tutta la passione e la gioia che l’equipe diocesana ha sperimentato nel prepararlo.
E… nel consegnarlo ad ognuno di voi, vogliamo – affermano i responsabili diocesani –  trasmettervi questa gioia e questa passione, perché siamo certi che è la stessa che provate, quando siete accanto ai giovani.
 
Troverete in copertina raffigurata l’immagine di una casa, che è l’idea di fondo che è stata scelta come tema : “ UN’ALTRA CASA “ e che ci accompagnerà lungo il cammino di questo anno pastorale.
 
Dopo una breve presentazione del tema individuerete tre tappe che corrispondono a tre icone bibliche:
1) la casa dell’annunciazione ( Lc. 1, 26 – 38 ): “ Ti scelgo e ti chiamo”.
2) la casa di Zaccheo ( Lc. 19, 1 – 9 ): “ Ti cerco e ti incontro “.
3) la casa di Emmaus ( Lc. 24, 13 – 35 ): “ Ti riempio e ti mando”.
 
Ogni tappa è scandita:
– da un approfondimento biblico – teologico: brano del vangelo, commenti teologici;
– da un approfondimento culturale: brani tratti da testi di vari autori, analisi del testo di canzoni di musica leggera, commenti iconografici, schede di films.
– da un approfondimento spirituale: proposte di adorazione eucaristica, di un rosario meditato, di una celebrazione penitenziale e di una via lucis.
 
Ogni tappa è accompagnata da un testimone, che con la sua vita incarna le tre icone.
 
All’interno del testo troverete una scheda riassuntiva che servirà come bussola per muoversi all’interno del sussidio.
 
Nel consegnarvi questo strumento di lavoro, vi ricordiamo gli appuntamenti di questo anno pastorale 2013 – 2014:
 
– sabato 30 novembre 2013 Veglia di Avvento.
– Domenica 19 gennaio 2014 giornata dei cresimandi.
– Domenica 23 febbraio 2014 giornata dei ministranti.
– Settimana vocazionale 28 aprile – 3 maggio 2014.
– VII giornata dei giovani sabato 10 maggio 2014.
 
 
 

Noto. Il prossimo 30 novembre veglia diocesana dei giovani in Avvento

Il prossimo 30 novembre nella Basilica del SS. Salvatore a Noto si terrà la veglia d’avvento con i giovani della Diocesi insieme al nostro vescovo Mons Staglianò. Durante la veglia ci sarà la testimonianza di Paola Squillante focolarina che ci parlerà di Chiara Luce Badano, seguirà un video messaggio dei genitori di Chiara.
 
Questa veglia assume una particolare importanza perchè la beata Chiara Luce Badano è stata scelta dalla Pastorale giovanile vocazionale come nostra testimone per questo anno pastorale che ha per tema, “un’altra casa”, in sintonia con il tema della nostra Diocesi: “lasciamoci educare dalla misericordia di Dio nella quotidianità, con particolare attenzione alla famiglia. ai giovani e alla città degli uomini”.
 
Il percorso che inizieremo con questa veglia di avvento – affermano i responsabili dell’Ufficio di pastorale giovanile – è un cammino in preparazione alla prossima GDG (Giornata Diocesana dei Giovani) che celebreremo il 10 maggio 2014 nel Vicariato di Ispica.
 
L’equipe diocesana ha studiato e prodotto un sussidio che verrà offerto ai gruppi giovanili della nostra Diocesi, si tratta di un’itinerario formativo che verrà consegnato ad ogni parrocchia. Si è scelta una immagine quella della casa, perchè l’immagine diella casa? Perchè la casa è il luogo dove si intrecciano legami più forti, ma è anche uno spazio intimo. Desideriamo con questo sussidio che ognuno possa trovare la sua casa, luogo di incontro personale e comunitario, caldo e accogliente in cui si sperimenta una amicizia forte con il Signore e con tutte le persone che il Signore ci pone sul nostro cammino, per gustare quella paternità e maternità di Dio che si esprime attraverso la sua misericordia. Ecco perchè abbiamo pensato alla casa, perchè la metafora della casa ci aiuta a passare dall’edificio esterno all’interiorità di chi vi abita.
 
Sono state scelte e proposte tre icone bibliche che ci accompagneranno lungo questo percorso:
 
1) la casa dell’annunciazione (Lc. 1, 26 – 38)
2) la casa di Zaccheo (Lc. 19, 1 – 9)
3) la casa di Emmaus (Lc. 24, 13 – 35)
 
Per ogni icona biblica nel nostro sussidio vi è proposto un approfondimento biblico, culturale e spirituale, che viene offerto come proposta da seguire durante l’anno pastorale per i gruppi giovanili. Questo sussidio vuole essere uno strumento umile per aiutare gli educatori nei loro incontri per far fare ai giovani una esperienza di casa in senso teologico, cioè dalla casa come pura e semplice abitazione alla casa come luogo teologico dove accadono gli eventi decisivi della vita.
 
 
Programma dell’anno pastorale per l’Ufficio di pastorale giovanile vocazionale:
 
  1. veglia di avvento 30 novembre 2013
  2. giornata dei cresimandi 19 gennaio 2014
  3. giornata dei ministranti 23 febbraio 2014
  4. settimana vocazionale 28 aprile – 3 maggio 2014
  5. giornata diocesana dei giovani 10 maggio 2014
 

La Parola sempre con te. L’applicazione per iPad della BIBBIA CEI, disponibile per tutti e gratuita

 Da sabato 23 novembre può essere scaricata gratuitamente APP BIBBIA CEI da APP Store. La versione per tablet Android sarà disponibile dal 21 dicembre.
 
Voluta dalla Segreteria Generale della Conferenza Episcopale Italiana, l’APP è stata realizzata da “SEED -Edizioni Informatiche”.
 
L’applicazione è gratuita e offre a tutti una nuova esperienza di lettura della Sacra Scrittura. È la prima e unica APP a proporre il testo biblico nella traduzione ufficiale 2008 della CEI, completo dell’apparato critico.
 
Offre accurate funzioni di lettura, navigazione e ricerca. Permette di inserire segnalibri e annotazioni personali per archiviarli e portarli sempre con sé. Consente condivisioni in diverse modalità.

Il Papa ha nominato Mons. Crociata, Vescovo emerito di Noto, alla sede Vescovile di Latina

Martedì 19 novembre il Papa ha nominato Vescovo di Latina-Terracina-Sezze-Priverno S.E. Mons. Mariano Crociata, finora Segretario Generale della Conferenza Episcopale Italiana e Vescovo emerito di Noto.
L’annuncio è stato dato dal Cardinale Presidente nel corso di un breve momento con collaboratori e dipendenti della CEI. Il Card. Angelo Bagnasco ha ringraziato a nome di tutta la Chiesa italiana per l’esempio di fede, di fedeltà e di intelligente obbedienza con cui Mons. Crociata ha svolto il suo servizio.
 
“Questo era un ufficio che non mi sarei mai immaginato di ricoprire; da ciò ho imparato che si può essere chiamati anche a cose impensate” ha chiosato il Segretario Generale, aggiungendo: “In questo compito, mi è stata a cuore e ho condiviso con voi la preoccupazione non solo per l’immagine pubblica della Chiesa in Italia, ma soprattutto per la vita delle nostre diocesi, dei Vescovi, dei preti, delle comunità, di tutti i credenti e di quanti in qualche modo stanno a osservare e cercano qualcosa per la loro esistenza e la loro segreta speranza; perciò, in questi anni intensi e talora faticosi, abbiamo operato con l’avvertenza sempre viva della responsabilità consegnata alla mia e alla nostra presenza, alle decisioni da prendere, agli adempimenti portati a esecuzione, alle parole dette e scritte”.
 
“Quelli che viviamo sono tempi di grandi cambiamenti per la Chiesa – ha continuato Mons. Crociata –: la figura di papa Francesco ha impresso un’accelerazione e una nuova direzione a un processo già in atto, mostrando come la Chiesa può essere soggetto di una trasformazione che conosce molteplici fattori di tipo culturale, sociale ed economico. Si tratta di un processo complesso, che vede accostati l’entusiasmo delle folle che si raccolgono attorno al Papa e la fedeltà quotidiana, talora affaticata, delle nostre comunità e, ultimamente, della nostra fede. È in questo clima che dobbiamo raccogliere l’invito del Papa a far crescere la partecipazione e la condivisione, il calore delle relazioni e la cordialità nella dedizione, una comunicazione di fede che, senza sminuire il senso dell’istituzione ma orientandola al suo fine specifico, sia attenta alla persona e alla sua situazione, come da alcuni anni – con la cura dell’educare e la ricerca dell’umano rigenerato dalla fede – stiamo imparando a fare”.
 
 
Nato a Castelvetrano, nella diocesi di Mazara del Vallo, il 16 marzo 1953, Mons. Crociata ha studiato al Seminario di Mazara del Vallo, conseguendo la maturità classica presso il liceo statale con il massimo dei voti. È stato alunno dell’Almo Collegio Capranica ed ha frequentato Filosofia e Teologia presso la Pontificia Università Gregoriana, ottenendo il Dottorato in Teologia a pieni voti e pubblicando la tesi “Umanesimo e Teologia in Agostino Steuco”, per i tipi di Città Nuova, nel 1987. Ha scritto un manuale di Teologia fondamentale: “LaChiesa”, edito da Piemme, nel 1991. I suoi numerosi articoli sulla rivista della Facoltà teologica di Palermo sono dedicati soprattutto ai rapporti tra il cristianesimo e le altre religioni. È stato ordinato il 29 giugno 1979.
Dopo l’ordinazione sacerdotale ha svolto i seguenti uffici e ministeri: Direttore dell’Ufficio Catechistico Diocesano (1983-1986); Parroco a Marinella di Selinunte (1985-1989); Arciprete-Parroco della Chiesa Madre di Marsala (1989-2007). È stato anche: Assistente diocesano d’Azione Cattolica; Membro della Commissione Centrale nel Sinodo diocesano; Segretario del Sinodo diocesano; Vicario Foraneo; Membro del Direttivo del Consiglio Presbiterale diocesano; Membro del Collegio dei Consultori; Ordinario di Teologia Fondamentale e Direttore del Dipartimento di Teologia delle religioni alla Facoltà Teologica di Sicilia, in Palermo; Docente di Teologia Fondamentale e Cristologia all’Istituto di Scienze Religiose di Mazara del Vallo.
Il 16 luglio 2007 è stato nominato Vescovo di Noto ed ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 6 ottobre dello stesso anno. Il 25 settembre 2008 è stato nominato Segretario Generale della Conferenza Episcopale Italiana.
Al momento è anche Presidente della Fondazione di Religione “Santi Francesco d’Assisi e Caterina da Siena” e Membro della Presidenza del Comitato del 5° Convegno ecclesiale nazionale.
 
 

CON L’UNZIONE DI CRISTO NELLA POLIS E NELLE PERIFERIE.. Al Convegno Regionale: la Sintesi del contributo della nostra Caritas Diocesana

Sintesi della relazione del prof. Maurilio Assenza
 
Non siamo noi il punto di partenza ma il Signore che ci visita: nei poveri del mondo che ci raggiungono con i loro drammi e i loro sogni, nei piccoli del Vangelo che li accolgono, come la gente di Lampedusa e i loro thermos con qualcosa di caldo che attualizzano le lucerne piene di olio con cui le vergine sagge accolgono lo Sposo. La Chiesa allora diventa profetica che si lascia interpellare dalla visita di Dio e rinnova la sua pastorale perché sia trasparenza dello stile di Dio. Papa Francesco parla spesso dell’unzione di Cristo, ovvero di cristiani e di comunità impregnate dallo stile di amicizia con l’umanità di Gesù, con quell’affetto che nella famiglia di Dio non può non partire dai più deboli. Unzione di Cristo che impegna ad avere tempo per ognuno, ad andare fino in fondo nell’amore come impariamo dalla vita e dal martirio di don Puglisi. Ecco allora che i cristiani entriamo nella polis con lo sguardo e l’occhio di Dio. Scorgendo le domande si senso dei giovani che, “come il trapezista se non incontra il triangolo, rischiano di schiantarsi se non incontrano mani che abbracciano”. Sedendo a mensa con le famiglie in crisi: ovvero offrendo servizi e aiuti ma sempre anche una relazione, una forma di vicinanza. Certo, non dimenticando anche la giustizia e quindi la politica. Che, in tempo di grave crisi, chiede alla Chiesa di essere testimone esemplare e lievito di cittadinanza. Recuperando il senso che alla politica davano i ragazzi della scuola di Barbiana: “uscire da soli da un problema è egoismo, uscirne insieme è politica”. Coltivando un rapporto con il mondo che assomigli al canto del Magnificat: leggendo ciò che il Signore opera con i poveri della terra e riconsegnando al nostro Paese il calore e la capacità di dialogo di un umanesimo mediterraneo. ” Con l’unzione di Cristo nella polis e nelle periferie” diventa allora possibilità, sfida, coraggio, capacità di dare insieme – tutti convergendo nell’unità del fine – il volto di Cristo alla Sicilia con la bellezza dei mosaici di Cefalù e Monreale.
 

PER ANNUNCIARE: EVANGELIZZAZIONE E MISSIONARIETA . Secondo giorno: la sntesi dei gruppi di studio

 Mercoledì 20 Novembre – Sintesi dei gruppi di studio
 
LABORATORIO 1
Rosario Sultana – Salvo Priola
 
Gli stimoli di Botturi ci hanno chiesto di saper leggere i segni dei tempi per trovare strade concrete nei nostri organismi regionali.
 
Bisogna incrementare gli incontri formativi per la consulta regionale; bisogna accompagnare, sollecitare e stimolare attraverso la consulta ed offrire proposte concrete al territorio; suscitare da parte di vescovi e presbiteri entusiasmo e interesse; ripartire dalle periferie per superare forme di rassegnazione e di apatia.
 
Quanto detto assume senso solo nell’incontro che è evento di salvezza, dunque, bisogna lavorare insieme, in comunione per poter annunciare la speranza, incrementando il dialogo interno, che richiede una relazione costante, permanente e non meramente funzionale.
 
Tappe fondamentali per una efficace azione nel mondo in cui viviamo sono: l’eventuale revisione degli statuti degli uffici pastorali, l’analisi attenta dell’esistente, la valorizzazione delle risorse, giovani e famiglie, la definizione di obiettivi chiari da verificare costantemente e concretizzare.
 
Regola fondamentale è non cedere alla tentazione dell’autoreferenzialità. La sfida è una: curarsi della vita delle nostre chiese.
 
 
LABORATORIO 2
Gli uffici diocesani nella loro programmazione scelgono la via più breve passando direttamente dalla progettazione alla realizzazione degli eventi, trascurando ipotesi di lavoro più strutturate e sacrificando in tal modo il tempo dell’ascolto, tempo necessario che consente di lavorare in maniera unitaria.
 
In alcune diocesi esiste uno scollamento tra gli uffici di pastorali e il consiglio pastorale diocesano. Tutto ciò si riverbera sui rimanenti livelli: parrocchie, uffici diocesani, uffici regionali, vescovi.
 
I nuovi strumenti di comunicazione, pur essendo un supporto preziosissimo, non possono sostituire la relazione diretta ed individuale, esigenza primaria della autentica comunicazione.
 
Ulteriormente ci è sembrato necessario sottolineare l’impegno a discernere i segni dei tempi, ascoltando il bisogno di salvezza, presente in ciascuno individuo attraverso un processo che parta dal basso e dall’alto nello stesso tempo, in un intreccio fraterno e profetico che consenta al Vescovo di leggere i bisogni della Chiesa locale.
 
I tre modelli del contadino, del pescatore e del pastore hanno tratti comuni con le virtù teologali: il contadino la fede, il pescatore la speranza, il pastore la carità. Tutti e tre hanno un elemento in comune: uscire per andare fuori. L’esodo deve portare a consumare più le scarpe che le ginocchia per essere realmente insieme. Per fare ciò bisogna avere più tempo per trovare occasioni di solidarietà che aiutino gli operatori a non sentirsi soli, passando da una pastorale di massa ad una che abbia al suo centro l’individuo.
 
Se l’azione degli uffici è importante i direttori debbono avere una formazione specifica per ricoprirne il ruolo.
 
 
LABORATORIO 3
Il coordinamento stabile dei vari uffici, porta a rendersi conto in maniera pratica che il dipartimento pastorale chiamato a coordinare ed integrare il lavoro viene prima dei singoli uffici.
 
Necessario il richiamo alla sinodalità, liberandoci da atteggiamenti paternalistici e di superiorità che rendono difficile il dialogo.
 
Esperienze da raccontare sono quella della pastorale universitaria della diocesi di Catania dove è stata costituita una consulta per l’ascolto permanente del territorio per potere rispondere più adeguatamente alle esigenze; quella del Policoro che vede lavorare in maniera integrata diversi uffici. anche se permane la sensazione di piccole risposte davanti un mare di necessità; quella di suor Valeria che opera nel quartiere di Ballarò alle prese con la realtà della tratta delle donne, realtà triste e difficile e bisognosa di maggiore consapevolezza e forze da impiegare. Particolarmente significativa la lettere indirizzata ai clienti delle donne, il lavoro di formazione nelle scuole e un dvd formativo presente sul sito della caritas di Palermo.
 
Tre i nodi problematici:
• lo scollamento tra la base pastorale e gli uffici diocesani, ai quali spesso si richiedono indicazioni di tipo pratico e metodologico più che di indirizzo generale
• l’impegno dei laici negli uffici pastorali che comporta sacrifici non indifferenti sotto il profilo economico e delle ferie, che non consente a chi non ha un lavoro stabile di fornire il proprio contributo, anche se il sacrificio fatto è ampiamente ripagato dalla ricchezza ricevuta.
• l’abituarsi all’idea di cammino lento e progressivo e alla necessità di diventare compagni di strada di giovani e famiglie sottolineando l’importanza dello stare accanto.
 
Si sottolinea, ancora, la necessità di ritornare ad una ridefinizione del concetto di parrocchia per renderla più aderente alla odierna realtà sociale, superando stereotipi e rigide suddivisioni territoriali, cercando di avere la massima attenzione nel curare la ricaduta tra quanto si elabora e il vissuto concreto, riscoprendo e attuando una pastorale integrata.
 
Fondamentale nel servizio è la dimensione dell’ascolto, puntando sulla centralità dei concetti di sussidiarietà, solidarietà, gratuità, reciprocità.
 
 
LABORATORIO 4
Gli interventi del laboratorio sono partiti dalla relazione del prof. Botturi, apprezzata perché permette di capire qual è il contesto nel quale operiamo, quali sono i rischi e le risorse. C’è bisogno sempre di avere, mentre si opera, la possibilità di allargare gli orizzonti e comprendere qual è l’origine dei disagi che si vivono.
 
Da queste considerazioni è nata la richiesta di riaprire la stagione dei convegni delle chiese di Sicilia. Se le sfide sono quelle che ha illustrato la prima relazione del mattino, occorre mettersi insieme per fare fronte. Oltretutto stare insieme fa nascere la speranza.
 
A livello operativo è stata illuminante l’esperienza della diocesi di Nicosia nella quale, a seguito di un cammino sinodale, tutti gli uffici, che si propone di chiamare servizi per la pastorale e non uffici, sono stati affidati a laici. Tutte le attività pastorali sono state articolate in progetti condotti da più servizi di pastorale. E’ cambiato il linguaggio, è stata abolita la dualità dei piani (relazione Savagnone), si è attivato uno scambio di esperienze e di idee e ci si è conosciuti meglio. Un’altra proposta legata a questa è stata quella di girare per le parrocchie per comprenderne i bisogni e attivare nuove iniziative.
Interessante è stato un vivace dibattito su chiese locali e movimenti che ha messo in evidenza come il problema della collaborazione non sia ancora risolto. Ancora una volta è stato sottolineato che qualunque discorso non può prescindere da quel lasciarsi penetrare dalla Parola, da quell’entrare nel Vangelo di cui papa Francesco ci sta dando testimonianza.
 
LABORATORIO 5
La discussione si è sviluppata seguendo la traccia proposta dal prof. Savagnone anche se la prima relazione ha fatto da sfondo ideale a tutti gli interventi. Sono emerse criticità e sono state formulate delle proposte. Le criticità che emergono riguardo le identità e il servizio che svolgono gli uffici.
 
Sono diverse:
1. La stessa definizione di ufficio dà l’idea di staticità, stabilità, di fabbrica di documenti. L’ufficio dovrebbe produrre vita pastorale e non carte per la pastorale
2. Lo scarso ricambio dei direttori degli uffici crea stanchezza, fa perdere l’entusiasmo e il carrozzone si appesantisce. Ci sono gli ulivi secolari…ci sono i direttori secolari.
3. Manca una comunicazione e un reale dialogo tra gli uffici e degli uffici con la base
4. Mancanza di aderenza alla realtà (manca il riferimento ai reali problemi della società). Si fanno progetti interessanti ma il mondo cammina per i fatti suoi.
5. Il linguaggio non è adeguato alla capacità di comprensione della base.
 
Le proposte che emergono:
1. L’integrazione è interazione tra gli uffici affini già a livello diocesano per diventare modello funzionale da proporre a livello regionale.
2. Si auspica che gli uffici siano formati da equipe e non dal solo direttore per favorire un servizio più efficace verso l’ambito di cui si occupa l’ufficio
3. Si auspica una maggiore comunicazione tra gli uffici e degli uffici con la base. Riprendendo l’immagine del piano mobile e del piano terra questa comunicazione si prefigura come il corridoio, la scala che favorisce la traduzione nel duplice senso di trasportare e di interpretare quello che si dice al piano di sopra per quello che si deve fare al piano di sotto.
4. Sviluppare una maggiore conoscenza del piano terra ossia una maggiore analisi del territorio
5. Sapersi porre come interlocutori aperti e disponibili ad un dialogo ricettivo anche oltre lo stretto ambito ecclesiale.
6. Sapere osare per immettersi nella pasta della società come lievito, non in maniera escludente ma inclusiva
7. Ridefinire chiaramente l’identità degli uffici, stabilendo ne i confini, le competenze e gli ambiti.
8. Riscoprire l’entusiasmo di lavorare in maniera sinergica a livello interparrocchiale e vicariale per sottolineare il valore dell’unità come mezzo e come fine di qualsiasi pastorale.
9. Continuare a zappare il terreno per evitare di avere tanti inizi e poche conclusioni. Belle idee, cioè, che rimangano solo sulla carta. Fare poche cose, quindi, ma portarle al termine.
10. Andare al piano ultimo per incontrare Dio riscoprendo la preghiera come luogo del discernimento che indichi alla chiesa il suo dover essere e la sua vera differenza da proporre al mondo.
 
 

LA CULTURA DI OGGI COME RISORSA PER LA NUOVA EVANGELIZZAZIONE . Al Convegno Regionale: la sintesi della relazione del prof. Francesco Botturi

Sintesi della relazione del prof. Francesco Botturi
 
Il prof. Francesco Botturi, nella terza giornata del Convegno degli Organismi pastorali regionali, ha approfondito il tema “La cultura contemporanea come risorsa dell’evangelizzazione”.
Per comprendere la cultura contemporanea bisogna ripercorrere le tappe del pensiero umano a partire dal XVI secolo durante il quale si consuma la lacerazione tra cattolicesimo e protestantesimo con la conseguente tragedia delle guerre di religione.
 
Nel XVII secolo si impongono importanti posizioni: da una parte la cultura religiosa postridentina ha tentato di riaffermare la capacità propria dell’umanesimo cristiano; dall’altra si sono affermati umanesimi i cui principi non si radicano nella fede: universali tipici sono la Scienza, la Natura etica dell’uomo, la Politica, l’Economia.
 
Ulteriormente grande il travaglio della successiva modernità che conduce l’uomo nel “tempio di nuovi dèi” ridotti allo stato di semplici privati borghesi. Traghettato alle sponde della postmodernità l’uomo, falliti gli archetipi universali di riferimento, sperimenta smarrimento e solitudine: non è più figlio della Chiesa, orfano della bi millenaria cultura che lo ha generato.
La miseria che sperimenta, però, può essere essa stessa risorsa nella misura in cui questo uomo si mette al lavoro, alla ricerca di un luogo di senso.
 
Questo appare riconoscibile nella categoria dell’intersoggettività, purché la relazione intersoggettiva che è generativa non resti chiusa tra singoli. Essa, infatti, ha effetti sociali e storici: è in essa che i legami sociali trovano la loro linfa. Come direbbe Aristotele, la società umana ha bisogno di “amicizia civile”.
 
Se essere generativi significa essere grembo ospitale per la vita dell’altro e custode responsabile per ciò che si è fatto nascere, l’alleanza coniugale e la società famigliare ne sono un ambito di realizzazione primario ed esemplare, ambito che trova il suo senso più profondo nel mistero della persona di Cristo, il Generato, che viene a noi dal Dio Padre.
 
Nessuna religione, se non il cristianesimo, pone, in modo non mitologico, la generazione in Dio e fa della figliolanza divina la definizione dell’identità ultima dell’uomo, mentre mette sotto il segno della generazione-rigenerazione umana tutta la storia della salvezza. Se anche la Chiesa, a tutti i suoi livelli, si conforma nella vita alla sua natura di sacramento della generazione divina può parlare all’uomo d’oggi in modo culturalmente pertinente, rimanendo profondamente fedele a se stessa.
 
Tutto questo, la generazione che proviene dalla intersoggettività, è quindi la risorsa per l’evangelizzazione, perché porta alla luce una struttura umana che è razionalmente fondata e comprensibile, vera e concreta, e può servire come criterio diagnostico del nostro vivere.