La Chiesa di San Giorgio è posta tra la parte alta e la parte bassa della città, in posizione scenografica con il prospetto rivolto verso occidente e si caratterizza sia per l’imponente l’architettura, sia per la sua collocazione urbanistica che le conferiscono un singolare effetto scenografico e ne fanno una tra le più significative opere del barocco europeo. Nel 1660 lo storico Rocco Pirri fornisce informazioni sulla chiesa citandola come la più antica e la più celebre della Contea di Modica. Molto poco ci resta di quel momento storico distrutto dal terremoto del 1693. A partire dal 1716 cominciarono i lavori per la ricostruzione della facciata di San Giorgio, ma il primo ordine della facciata fu realizzato seguendo il progetto del netino Paolo Labisi a partire dal 1761. La facciata fu completata nel 1848 e la data finale si legge in un cartiglio sopra il terzo ordine, dunque, il secondo e il terzo ordine potrebbero essere collocati tra il terzo e il quinto decennio dell’Ottocento e potrebbero essere stati progettati da Carmelo Cultraro uno dei protagonisti dell’architettura iblea di questi decenni.Lo spazio antistante San Giorgio doveva avere, nel ‘700, una diversa sistemazione con terrazze naturali, orti e gradini che sono stati trasformati nell’Ottocento quando fu costruita l’attuale scalinata (progettata tra il 1874-75 dall’architetto Alessandro Iudica Cappellani) che ormai è parte integrante dello spazio scenografico di San Giorgio.L’interno, a croce latina, presenta cinque navate divise da colonne e pilastri con una cuola che sovrasta il transetto. Tutta la parete di fondo dell’abside è occupata da un grandioso polittico attribuito a Bernardino Niger e datato 1573. E’ il più grande polittico di tradizione medievale-rinascimentale presente in Sicilia se si fa eccezione di quello marmoreo del Gagini nella Cattedrale di Palermo, andato perduto. È composto da nove tavole rettangolari disposte su tre ordini e da una lunetta di coronamento (1° ordine: S. Giorgio, Sacra Famiglia, S. Martino; 2°ordine: Presentazione al tempio, Adorazione dei Magi, Gesù tra i dottori; 3° ordine: Pentecoste, Resurrezione, Ascensione; lunetta: Dio Padre). Di notevole pregio è la cornice in legno scolpito e dorato.Tra le più rilevanti opere d’arte custodite nella chiesa di S. Giorgio, segnaliamo l’Assunta, olio su tela di Filippo Paladini (1610), una delle ultime opere del maestro toscano, uno dei maggiori esponenti della pittura italiana di inizio Seicento che opera all’interno del manierismo toscano con echi caravaggeschi, la Natività olio su tavola di Ignoto del (sec. XVI), la Vergine che intercede presso la Trinità per le anime purganti olio su tela (sec. XVIII), i Santi Fanzio e Deodata, olio su tela (secc. XVII-XVIII), uno stemma ligneo dipinto con il tema di San Giorgio e il Drago datato 1576, una tela secentesca anonima raffigurante una Deposizione conservata in sacrestia; tra le sculture la Madonna della neve, scultura marmorea della scuola dei Gagini, due sarcofagi del Seicento conservati nel transetto, la Crocifissione, gruppo ligneo (secc. XVII-XVIII), la statua di S. Giorgio; tra gli argenti l’Urna reliquiaria di S. Giorgio (secc. XVIII – XIX) e l’Altare maggiore (secc. XVII-XVIII).Nella seconda metà dell’Ottocento furono realizzati il monumentale l’organo a canne, a 4 tastiere, 80 registri e 3000 canne (1866-1888) e la Meridiana, orologio solare opera del matematico e astronomo Armando Perini (1895).
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MADONNA DEL CARMINE
La fondazione del convento risale al 1534. Dopo il terremoto del 1693 viene riedificato con la chiesa nel corso del secolo XVIII. Nel prospetto della chiesa, ad ordine, da notare dei bassorilievi di stile rinascimentale databili tra la seconda metà del sec. XVI e la prima metà del secolo XVII; tra i soggetti si individuano S. Alberto di Gerusalemme, S. Angelo, S. Alberto degli Abbati. E’ da notare l’inusuale ordine ionico per le lesene del portale. Un putto reggicartiglio sull’arco d’ingresso reca la data 1632. Nel 1730 fu ristrutturata la facciata (la data si legge tra lo stemma carmelitano e la base della nicchia con la statua della Madonna del Carmelo). Nell’Ottocento fu realizzata la cella campanaria. L’interno è composto da un’aula unica con otto cappelle laterali incassate. Nel nartece, dentro cornici quadrilobate, sono rappresentati in affresco S. Alberto di Gerusalemme, S. Alberto degli Abbati, S. Giovanni Battista e S. Pier Tommaso di Cipro. Gli altari sono decorati con colonne tortili e stucchi. Tra le tele del sec. XVIII segnaliamo Transito di S. Giuseppe, Madonna del Carmine tra Santi carmelitani, Maria tra i Santi Agostino e Antonio, Maria tra Santa Caterina d’Alessandria e Sant’Agnese. Da segnalare il pulpito ligneo (vi sono rappresentati i Santi Angelo, Alberto,Elia, Telesforo), il mausoleo del ven. Salvatore Statella e la scultura lignea della Madonna del Carmine, patrona civitatis, posta sull’altare maggiore (nel lembo posteriore del mantello reca la sigla PDPP e la data 1860).E’ un raro esempio della cultura figurativa prebarocca. Su un esile piedistallo sonocomposte in uno schema poligonale, intelaiato da modanature rinascimentali, gli specchi a tarsie della balaustra (vi sono rappresentati i Santi Angelo, Alberto,Elia, Telesforo). I santi sono disegnati frontalmente, con un rigore compositivo di sapore quattrocentesco. Il pulpito potrebbe essere collocato tra i secoli XVI e XVII.Interessante, sul lato destro della navata, è il monumento funebre del ven. Salvatore Statella, opera tardobarocca della seconda metà del Settecento. Padre Salvatore della SS. Trinita (al secolo Andrea Statella, 1678-1728), figlio secondogenito di Francesco IV Statella, terzo marchese di Spaccaforno, vestì l’abito carmelitano nel 1726. Viene ricordato come «promotore della Riforma carmelitana siracusana».
S. ANTONIO ABATE
La Chiesa di S. Antonio Abate fu eretta nel 1515 dal signore di Ispica Antonello Caruso e nel 1651 divenne chiesa sacramentale e gancia della chiesa madre. Dal terremoto del 1693 venne distrutta metà che fu subito ricostruita. L’attuale edificio fu completato nel 1710 Fra le opere d’arte della chiesa segnaliamo due dipinti raffiguranti i Santi Pietro e Paolo (sec. XVII), il dipinto raffigurante la Pietà (prima metà del sec. XVIII), il dipinto raffigurante i Santi Mauro Abate e Paolo Eremita (sec. XVII), il dipinto raffigurante S. Silvestro Papa e S. Isidoro (sec. XVII), la statua raffigurante S. Antonio Abate in tela-colla del 1715, la statua raffigurante S. Francesco Saverio in tela-colla del 1775, la statua lignea raffigurante S. Lucia del 1879, una cornice in legno dorato del sec. XVIII, un’acquasantiera in pietra calcarea locale del 1562, un fonte battesimale in pietra asfaltica del 1651.
SS. ANNUNZIATA
La pietra di fondazione della nuova chiesa fu posta il 21 ottobre 1703, dieci anni dopo il terremoto che distrusse il precedente tempio. Alla ricostruzione dovettero contribuire varie famiglie nobiliari (Statella, Modica-Boj, Bufardeci) e le offerte dei confrati e dei fedeli.Fu consacrata il 23-03-1720, ma sette anni dopo il terremoto del 4-6 gennaio 1727 procurò gravi danni all’arcata maggiore, mentre 1l 23 marzo 1869 cadde il prospetto della chiesa. La ricostruzione della facciata venne affidata al medicano Carlo Di Gregorio.La facciata è imponente e di notevole effetto scenografico. Ha tre ordini e misura m. 29,20 di larghezza e 30 di altezza. L’inferiore ha otto colonne in stile ionico, un elegante il portale centrale e due laterali; il secondo ordine, con colonne in stile corinzio, ha un finestrone e due grandi volute di raccordo: il terzo ordine, che sovrasta il tetto della chiesa, è decorato con grandi rose scolpite e presenta una grande finestra centrale in cui neo 1960 è stata collocata una statua in calcare dell’Annunciazione, opera dello scalpellino ispicese Giuseppe Nobile. L’attuale campanile risale alla metà del sec. XX e sostituisce il precedente costruito dal Di Gregorio. Il loggiato esterno risale ai primi dell’Ottocento.L’interno è a tre navate divise da pilastri decorato con lesene e capitelli corinzi. Di notevole pregio artistico sono i 13 grandi pannelli di stucco, che decorano la navata centrale, il transetto e il cappellone. Sono databili alla metà del 1700 e sono certamente l’opera più vasta e significativa Giuseppe Gianforma, stuccatore palermitano, trasferitosi a Ispica intorno al 1740 e del figlio Giovanni.PANNELLI IN STUCCONavata centrale: Giuditta e OloferneLa prova di gedeone, Gioele e Sisara, Annunzio ad AbramoTransetto: Davide e Golia, Sacrificio di Isacco Pennacchi angolari: EvangelistiAbside: Profezia di Isaia, Natività, Adorazione dei MagiTra le opere d’arte si segnalano il grande quadro dell’Annunciazione nell’altare maggiore, sopra la porta della sacrestia un’altra grande tela settecentesca, che rappresenta l’Adorazione dei magi, all’interno della sagrestia un quadro di S. Andrea Avellino e il dipinto su tavola dell’Annunciazione del 1544.Nell’altare destro del transetto, decorato riccamente dagli stucchi del Gianforma, è custodito il simulacro del Cristo con la croce (prima metà sec. XVII) che viene portato in processione il Venerdì Santo. Nella parete sinistra della Cappella del SS.mo Sacramento, in fondo alla navata destra, è custodita la Cassa delle Reliquie, un’arca in argento e bronzo dorato (prima metà sec. XVIII)
S. MARIA MAGGIORE
Fu costruita dopo il terremoto del 1693 per ospitare la statua del Cristo alla Colonna, miracolosamente recuperata; nel 1696 erano già presenti, oltre all’altare del Cristo alla Colonna, anche quello dedicato a S. Maria Maggiore e quelli di S. Anna e S. Corrado. Consacrata l’11 marzo 1725 subì gravi danni in seguito al terremoto del 1727, quando rimase in piedi solo la navata sinistra. Nel 1749 l’ architetto netino Vincenzo Sinatra, portò a termine, nella piazza antistante la chiesa, il loggiato di forma semiellittica che comprende tre arcate centrali e altre dieci per lato semicircolare. Nel decennio successivo furono completati gli stucchi di Giuseppe e Giovanni Gianforma, mentre dal 1762 al 1765 furono realizzate le pitture della volta della navata centrale, della cupola, del transetto e dell’abside da Olivio Sozzi il cui corpo riposa in un’urna di vetro nella “stanza della cera”. Consacrata nel 1763 col titolo di basilica, fu dichiarata monumento nazionale nel 1928. La facciata della chiesa è stata rifatta, conformemente alla precedente, nella seconda metà dell’Ottocento, mentre le statue dei due protettori, S. Gregorio e S. Rosalia e lo stemma con la frase “De Basilicis haec una est” sono originali. Negli stessi anni il capomastro Carlo di Gregorio aggiunse la recinzione esterna coi pilastri ornati da eleganti volute ed i grandi vasi riccamente decorati con foglie e rose.L’interno è a croce latina. Tra i dipinti su tela attribuibili al Sozzi, a Vito D’Anna (suo genero) e al loro collaboratori, segnaliamo nella navata destra, Santa Rita (primo altare), il Transito di S. Corrado di Noto (secondo altare), segue l’Addolorata e, nel terzo, la Sacra Famiglia con S. Elisabetta, S. Gioacchino e S. Giovanni.Nella navata sinistra S. Rosa da Lima (primo altare), S. Nicola di Bari, attribuito al D’Anna (secondo altare); nel terzo Nostra Signora della Mercede, con i santi dell’Ordine. Nel quarto c’è l’Immacolata con le anime purganti.La grande tela del D’Anna dell’altare maggiore rappresenta la Madonna della Cava, col Bambino ed i santi Lucia e Girolamo ed, in basso, il Papa Gregorio Magno e Rosalia, fu dipinta nel 1768. Nel lato sinistro del presbiterio è stato collocato il quadro grande commissionato al Sozzi nel 1761; rappresenta gli appestati che, per intercessione dei santi Rocco, Rosalia, Lucia, Gaetano da Tiene, Gregorio Papa, chiedono alla Madre di Dio la liberazione dall’epidemia; nel lato destro la grande pala cinquecentesca della Madonna del Rosario, proveniente dall’ex chiesa di S. Anna. Quello presente in Santa Maria Maggiore è senza dubbio il più organico e ricco complesso di affreschi (in tutto 26) e tele di tutta la vasta produzione sozziana ed uno dei grandi capolavori pittorici del sec. XVIII in Sicilia. AFFRESCHINavata centrale: Trionfo della Fede, Trionfo della Mensa Eucaristica, Trionfo della Fede.Transetto di destra: l’Assunta Transetto di sinistra: Cristo che vince sul peccato originaleCupola: Martiri, Vergini, Fondatori degli ordini religiosi, PatriarchiPennacchi angolari: EvangelistiAbside: Ascensione, Dio Padre, Spirito Santo, ApostoliParticolarmente interessanti le due cappelle del transetto. In quella sinistra è custodito il venerato simulacro del Cristo alla Colonna (il cristo prima del terremoto si trovava nella chiesa di S. Maria nella Cava e nel corso del sec. XVIII vennero aggiunte le due statue dei flagellatori) che viene portato in processione il Giovedì Santo, alle pareti laterali quattro tele con scene della passione; in quella di destra è custodito il simulacro dell’Assunta, recuperata dall’antica chiesa e datata 1598.Nella cappella di fondo della navata sinistra è stata sistemata la bella statua lignea di S. Maria Maggiore, titolare della chiesa, recentemente restaurata, che è anteriore al terremoto (Sec. XVII). Rappresenta la Madonna del melograno, simbolo della Chiesa dei fedeli.La cappella terminale della navata destra è dedicata all’Addolorata ed ornata coi quadretti dei sette dolori. Nella bacheca del lato sinistro, sono state sistemate le reliquie di martiri e santi già custodite in un’arca argentea. Nella volta della Sacrestia, c’è il grande affresco con Mosè che riceve le Tavole della Legge, dipinto nel 1783 assieme ai quattro piccoli quadri degli angoli, dal palermitano Giuseppe Crestadoro (1740-1708).
S. BARTOLOMEO – CHIESA MADRE
La Chiesa Madre, che domina la parte alta dell’ampia Piazza Regina Margherita, è dedicata a San Bartolomeo. Distrutta dal terremoto del 1693, fu costruita nel 1750 per opera di Don Antonio Li Favi. Il prospetto è ottocentesco.La doppia scalinata conferisce slancio alla facciata a due ordini, con elementi tardobarocchi ed elementi neoclassici, che è impreziosita da una coppia di pilastri, da una finestra incorniciata e dal simbolo della città, lo Stemma degli Statella. L’interno, a tre navate divise da pilastri, è privo di decorazioni e le conferisca un senso di gradevole semplicità; di grande contrasto è solo il quadro raffigurante San Bartolomeo durante il martirio (copia dell’originale).Da segnalare le sculture in stucco ai lati degli altari del transetto e la tela SS. Trinità con S. Francesco di Paola in preghiera,il monumento funebre di Don Giovanni Statella (1638), le tele di S. Tommaso e di S. Nicola e un Crocifisso ligneo dipinto (secc. XV-XVI) con un’interessante iconografia tardobizantina.
S. GIUSEPPE – CHIESA MADRE
La principale piazza di Rosolini, Piazza Garibaldi, è dominata dalla Chiesa Madre. I lavori iniziati nel 1728 furono ultimati solamente nel 1840Nella facciata spicca il portale centrale a cui le colonne laterali conferiscono un aspetto elegante e flessuoso. Il secondo ordine, anch’esso arricchito da colonne, si collega al primo attraverso decorazioni curvilinee che addolciscono le forme e termina in alto con una parete triangolare decorata a rilievo. L’interno, diviso in tre navate, contiene componenti dell’arte classica nel tentativo di assicurare la perfezione dell’intera struttura. Il prospetto è realizzato in pietra calcare e si compone di elementi architettonici ispirati all’arte greca, romana, rinascimentale e barocca. L’insieme è armonioso, slanciato ad opera di un equilibrato impianto plastico. Concorrono ad impreziosire la facciata, in cui spicca il portale centrale, capitelli corinzi posti alla sommità delle colonne barocche e lesene, timpani che sormontano le aperture, le vetrate, le due statue in pietra calcare, rappresentanti San Pietro e San Paolo, poste in alto ai due lati esterni, e il campanile, che accentua lo slancio ascensionale. All’interno su cantoria nella controfacciata è collocato un pregevole organo costruito dal modicano Michele Polizzi nel 1879. Nella navata destra da segnalare l’antico fonte battesimale del 1713, la statua lignea di S. Giuseppe di ispirazione barocca riccamente dipinta, nell’abside l’altare è dedicato a San Luigi Gonzaga, Patrono di Rosolini, nella navata sinistra la statua lignea dell’Immacolata e la pala d’altare della Madonna del Suffragio attribuita ad Olivio Sozzi e al genero Vito D’Anna. Da segnalare vari dipinti ottocenteschi di Gregorio Scalia, Francesco Presti, quelli di Beppe Assenza nel catino absidale e di Giuseppe Vizzini sull’arcone centrale, nonché alcune tele di Orazio Spadaro.
S. AGATA
Sita in via Trigona, ha una facciata a due ordini orientata ad ovest e posta sulla sommità di un’ampia scalinata. È annessa all’ex monastero delle benedettine, successivamente adibito ad ospedale fino al 1982, che presenta una caratteristica torre con orologio. L’interno a navata unica è decorato con stucchi e dipinti del sec. XVIII sulla volta e sugli altari laterali.
SS. ANNUNZIATA
È ubicata alla fine di via Antonio Sofia e all’inizio di via Trigona, Comunemente denominata “Gesu” la chiesa è adiacente al convento di S. Maria di Gesù dei Padri Minori Osservanti e si presenta in posizione rialzata rispetto al livello stradale; la facciata è infatti posta alla sommità di una doppia scalinata a rampe laterali e si evidenzia il portale sovrastato da un timpano e da un finestrone. L’interno è ad unica navata e vi si conserva la scultura marmorea della Madonna col Bambino opera dei palermitani Giovanni e Paolo de Battista (sec. XVI) proveniente da Noto Antica; fra i dipinti quello di S. Anna è datato 1770.
S. DOMENICO
La chiesa di San Domenico, adiacente all’edificio exconventuale dei Padri Domenicani, è unanimemente considerata, fra le chiese presenti in città, la più rappresentativa del barocco netino e si pone come uno fra i più significativi capolavori del patrimonio monumentale tardo barocco dell’intera Sicilia sud-orientale. Si affaccia sulla piazza XVI Maggio adornata dai giardini della “Villetta Ercole” e si caratterizza per il suo prospetto convesso nei cui due ordini si alternano colonne e nicchie .Fu costruita tra il 1703 e il 1727 su progetto di Rosario Gagliardi.L’interno presenta tre navate e una cupola collocata in corrispondenza della seconda arcata. Ricca di stucchi presenta negli altari in marmi policromi delle navate laterali pregevoli dipinti fra cui segnaliamo quelli di S. Domenico che riceve lo Spirito Santo (sec. XVIII), la Madonna del Rosario di Vito D’Anna (1712). Il terzo altare della navata di sinistra presenta un Crocifisso e varie formelle marmoree co scene della Passione. Sull’altremagiore il simulacro della Madonna del Rosario all’interno di un ciborio in legno dorato di Antonio Basile.