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Mandato del Vescovo ai Catechisti: “Vi voglio esperti in umanità e motivati dall’amore di Dio”

Sabato 27 Ottobre i catechisti della nostra diocesi hanno ricevuto in Cattedrale il mandato del Vescovo, S.E. Mons. Staglianò. Il mandato è stato conferito a conclusione dell’Ottobre catechistico che ha visto impegnati i catechisti dei vari vicariati in un percorso di formazione. Quest’anno la formazione, in particolare, ha trattato il Sacramento della Riconciliazione. L’équipe dell’UCD (Ufficio catechistico diocesano) ha ritenuto opportuno approfondire questo sacramento dal punto di vista biblico, liturgico e pastorale. Il mandato, così come sottolineava don Rosario Gisana, Direttore dell’UCD, è un evento fondante dell’essere catechista e ne determina la sua identità e il suo stretto legame col Vescovo primo maestro e responsabile dell’annuncio del Vangelo per il popolo di Dio a lui affidato; proprio dal mandato ogni catechista dovrebbe trarre le motivazioni principali della sua scelta e del suo impegno nella Chiesa. Mons. Staglianò, nell’omelia, oltre a ribadire questo aspetto ha evidenziato alcuni punti molto importanti che delineano l’identità del catechista: la sua capacità di saper costruire relazioni personali e umane con i fratelli a lui affidati e il saper comprendere il loro vissuto, una vita che testimonia quanto viene annunciato, un amore per Dio che motiva alla fonte ogni fatica dell’essere catechista.

 
Oggi più che mai al centro dell’impegno missionario ci deve stare l’uomo con tutte le sue fragilità, le sue gioie, la sua vita quotidiana. Se prima non si costruiscono relazioni umane di prossimità, di attenzione verso i fratelli non sarà possibile annunciare loro la buona notizia. Delle nostre belle prediche e lezioni di catechesi -che comunque ci vogliono- resterà ben poco: quello che rimarrà sarà lo stile di accoglienza, il donarsi gratuito, la capacità di ascolto, il sorriso paziente, ecc… Questo ci conduce inevitabilmente a conoscere di più le persone e a comprendere quali sono le esigenze di ognuno; non possiamo annunciare il Vangelo pensando il gruppo come una cosa sola senza stare attenti alle ricadute di ciò che diciamo nell’esperienza dei singoli soggetti. Il catechista perciò non può prescindere dal verificare che, in ogni momento, il suo agire diventi testimonianza di quanto annunciato. Se raccogliamo pochi frutti e tante volte sperimentiamo fallimenti è perché la nostra testimonianza è debole e poco incisiva, incapace di fronteggiare il fascino e la seduzione del mondo. Il catechista infine dovrebbe essere un innamorato speciale di Dio, uno che ha sperimentato nella sua vita la gratuità dell’amore di Dio e ne risponde mettendosi al suo servizio e al servizio dei fratelli. Se manca questo amore farà tutto con sufficienza, con fatica, senza entusiasmo e con questo spirito misurerà il tempo e ogni incontro ulteriore -come può essere quello della sua formazione- diventerà solo un peso da evitare il più possibile. Il Vescovo ha dunque invitato tutti, proprio nell’Anno della Fede, a riscoprire il senso di questo mandato e a fare una seria revisione di vita. A conclusione della celebrazione il Vescovo ha consegnato, ai rappresentati per la catechesi dei vari vicariati della diocesi, il secondo sussidio proposto dall’UCD che tratta della Misericordia e del Sacramento della Riconciliazione. Il sussidio sarà presentato nei vari vicariati nella seconda settimana di Novembre e potrà essere consultato in questo sito.
Il mandato ai catechisti è stato conferito all’interno di una sentita celebrazione eucaristica nella quale ogni vicariato ha dato il suo contributo: lettori della Parola, preghiera dei fedeli, offertorio, organizzazione e, infine, l’animazione dei canti a cura del coro di Pachino che ha veramente aiutato tutti a pregare.
Davanti a noi si apre un anno molto impegnativo, ricco di eventi che speriamo non prendano il sopravvento ma siano un aiuto affinché la Parola del Signore raggiunga il cuore di tutti.
 
 SCARICA IL SUSSIDIO DA QUI          ASCOLTA L’OMELIA

Nei prossimi mesi quattro nuove ordinazioni diaconali nella nostra Diocesi

Venerdì 19 Ottobre 2012, il nostro Vescovo Mons. Antonio Staglianò, al termine della Concelebrazione Eucaristica per l’apertura della Visita Pastorale e dell’anno della Fede in diocesi, ha comunicato con gioia ai fedeli le date delle Ordinazioni Diaconali di 4 alunni del nostro seminario.

 
 
Le date dell’ordinazioni diaconali sono le seguenti:
 
Domenica 11 novembre, ore 10,30, Parrocchia San Paolo Apostolo, Pozzallo:
accolito Gianni Roccasalvo;
 
Domenica 25 novembre, ore 18,30, Parrocchia Chiesa Madre, Rosolini:
accolito Gabriele Di Martino;
 
Mercoledì 12 dicembre, ore 17,30, Parrocchia Santa Caterina da Siena, Donnalucata:
accolito Manlio Savarino e Acc. Davide Lutri
 
Inoltre il 7 dicembre, vigilia dell’Immacolata i seminaristi Paolo Catinello e Giovanni Di Luca saranno istituiti Lettori della Parola di Dio.
 
Rallegriamoci nel Signore, che dona alla sua Chiesa questi giovani, “servitori della gioia”, annunziatori della Parola di Vita e dispensatori della carità del Cristo! Preghiamo per questi prossimi Diaconi (servi), perché il loro servizio nel popolo di Dio sia fecondo e attiri tutti al cuore amante del Redentore!
 
 

Modica. Un altro Sud è possibile dai terreni confiscati alla camorra

Si incomincia a dire che non è possibile che la camorra uccida in pochi anni nel territorio casalese 1300 persone, la maggior parte sotto i 21 anni, reclutati a partire dal bisogno di lavoro. E che poi uccida due volte infangando la memoria di chi si oppone. Lo incomincia a dire un prete, uno scout, perchè non può accettare che i ragazzi vedano sottratta la loro vita e spenti i loro sogni dalla camorra. Quando scrive il documento “Per amore del mio popolo non tacerò” si capisce che non sono parole, e la camorra lo uccide prima della messa, in sacrestia, nel giorno del suo onomastico. Ma ecco che la gente prende coraggio e in trentamila partecipano al funerale, mentre le finestre di Casal di Principe si aprono e i casalensi (non il clan ma la gente che si riappropria del proprio nome) appende lenzuola bianche. Siamo nel 1994. Dopo dieci anni c’è di più. Nascono “le terre di don Diana” nei terren confiscati alla camorra. E si fa reinserimento, si vivono tensioni civiche, si ripensa l’economia nelle sue finalità sociali. Si dimostra che un altro Sud è possibile. Questa la testimonianza portata dall’assistente sociale Simmaco Perrillo e dal giornalista Antonio Esposito per capire dove potrà inaugurare una casa a don Peppe Diana nell’incontro tenuto venerdì 12 ottobre nella chiesa del Sacro Cuore di Modica. Casa di pronta accoglienza, ma come ha chiarito il Vescovo Staglianò, pronta accoglienza come momento di un cristianesimo vero, che lega eucaristia e strada, frutto di una fede vera – così in fondo a Modica si è aperto l’anno della fede (unitamente al ricordo del Concilio il giorno precedente). E di una politica vera, ha rimardato il Sindaco, con forte commozione per quanti in questo Sud danno la vita. E idealmente, alla Chiesa di Noto (in particolare al vicariato di Modica) e alla città tramite il Vescovo e il Sindaco, è stata consegnato il messaggio di don Diana con la maglietta in cui è scritto “Per amore del mio popolo”. Si è passati quindi alla Casa di via Achille Grandi, e qui si è vista la trasformazione grazie all’opera dell’ing. Giorgio Di Raimondo, con un risparmio notevole come sa fare un buon padre di famiglia. Che però pensa alla città! E con lui tanti altri, che è difficile ricordare in un elenco. Sicuramente più breve dell’elenco degli indifferenti, di chi ha guardato da lontano, ma un elenco dal peso maggiore, perché come ricordava Sant’Agostino il peso di ognuno – quanto ognuno conta veramente! – è dato solo dall’amore. Negli incontri con le scuole poi si sono chiariti altri aspetti. Se ci sono testimoni, i ragazzi capiscono fino a commuoversi. Se ci sono testimoni credibili, i ragazzi capiscono che la giustizia sociale vale più dei soldi e della carriera e che dalle crisi di tutti i tipi si esce se non ci si arrede. E se il testimone cita la Scrittura per illuminare la vita – “la pietra scartata dai costruttori è diventata testata d’angolo” – si capisce bene anche il cuore della fede cristiana: passione e morte che diventa resurrezione. Per questi motivi tante scuole e tante parrocchie, tante associazioni (da Libera agli scout) organizzano viaggi e campi di lavoro, soprattutto per i giovani, nelle “terre di don Diana”. E così quanti lottano nel suo nome sono meno soli e i giovani e i meno giovani che vanno sanno meglio dove sta la vera felicità. Un altro Sud è possibile: e a Modica, mentre si è inaugurata una casa in cui si vivrà la fatica e bellezza dell’accoglienza, si è accolta una testimonianza, la testimonianza di un martire, che può diventare seme di uomini e cristiani veri. Unitamente all’altro martire, don Puglisi, insieme a don Diana ricordato nel saloncino della Casa come custodi e testimoni di una fede che – ad ogni portico della vita – sa accorgersi di chi viene spinto all’ultmo posto e ama fino a dare anche la vita. “Per amore del popolo”, per riscattare tutti.

 

Staglianò un elogio al sud: “occorre trasformare la crisi in speranza”

ll Mezzogiorno può riscrivere un’altra grammatica della ricchezza e della povertà. La resistenza al degrado dell’umano ed al  narcisismo della competizione ha nel Sud la linfa necessaria per aiutare l’Italia e l’Europa a vincere le gravi sfide che hanno davanti.
Il nostro è tempo di crisi, ma anche di krisis, cioè di giudizio, di discernimento, di setaccio.In alcuni dialetti della Calabria il setaccio si chiama “crivu” ed è lo strumento usato per fare la cernita, per lasciar andare via la pula, conservando il grano buono: buttare il superfluo e custodire l’essenziale, appare sempre più un criterio di sapienza per realizzare condizioni di vita degne dell’uomo, delle comunità e dei popoli.
Nel tempo della crisi, alla krisis appare troppo evidente che la pace e la giustizia nel mondo non possono essere solo il frutto di strategie politiche facenti capo a organizzazioni istituzionali precise (che ovviamente sono da auspicare e realizzare), ma dipenderanno da una conversione di cultura e di mentalità, fondata su una conversione del cuore degli uomini agli ideali di fratellanza universale e di solidarietà globale.
Se il Mezzogiorno potrà/dovrà essere una grande risorsa per tutto il Paese, questo non dovrà/potrà accadere senza il contributo fondamentale della fede cattolica (ma anche di ogni altra religione che volesse verificarsi sulla sua capacità di servire l’umano dell’uomo  a partire dall’attivazione di processi di solidarietà e comunanza). La fede cristiana e cattolica, infatti, hanno al centro del suo messaggio la rivelazione di una singolare paternità di Dio, quale promessa e speranza di una ritrovata fratellanza umana. Su questo criterio bisognerà verificare – in particolare in questo Anno della fede che Benedetto XVI inaugurerà l’11 Ottobre 2012, a 50 anni dall’apertura del Concilio Vaticano II e a 20 della promulgazione del Catechismo della Chiesa Cattolica -, tutte le nostre tradizioni religiose, le nostre feste, le nostre celebrazioni rituali: aiutano i credenti a diventare più umani, cioè solidali e fratelli tra loro?
Occorre trasformare la crisi in speranza: passare dalla krisis al kairos, al tempo opportuno per risorgere, al tempo propizio per ridare alla bontà dell’uomo la parola decisiva. Il kairos dischiude la speranza dello sviluppo sostenibile e umano, della convivenza solidale, ma anche il senso dell’attesa di un futuro migliore. Il kairos dice anche che il tempo non è semplicemente kronos o cronometro: non è superficialmente un fluire di minuti nell’orologio della vita. Il tempo è cura, inter-esse per l’altro, la cui dignità di esistenza è riconoscibile come valore, “sacro”, cioè non dissacrabile, da accogliere sempre e mai rendere “oggetto” manipolabile. Il kairos afferma che l’uomo è sempre “qualcuno” e mai “qualcosa” e che questo impone l’esaltazione della sua dimensione più profonda, quella personale, per la quale e nella quale l’uomo è relazione amativa con altri, tra gli altri, per gli altri. Il passaggio dalla krisis al kairos punta sulla ricostruzione della relazione umana, per rifondarla sull’amore e non sul dominio o sulla sopraffazione. In questo passaggio la questione di Dio appare non solo importante, ma dirimente, perché in “questione” c’è la sua presenza, la sua vita nella storia in quanto vita di un Altro che libera, salva, che vuole l’umanità dell’uomo e la ama, la pensa e l’aiuta ad affermarsi in tutta libertà. Il Dio è “Dio per gli uomini” è “Dio per la vita dell’uomo”: occorre mostrarlo, è necessario poterlo raccontare, non solo per pensarne l’esistenza, ma soprattutto per percepirla reale, vicina: Dio veramente cammina con l’uomo e, insieme all’uomo, percorre i suoi (dell’uomo) sentieri. Perciò, si può essere ragionevolmente convinti che la religiosità del Mezzogiorno e della Calabria costituisce uno spazio di esperienza umana che “salva” e “libera” gli uomini e le donne dalle tentazioni individualistiche del narcisismo competitivo e guerrafondaio, per il quale l’altro è un lupo per me e “se non me lo mangio io, lui mangerà me”. Anche da qui il Mezzogiorno è risorsa per tutto il Paese. Certo, è necessario però rovesciare l’ottica del giudizio e del discernimento sulla realtà, la prospettiva con cui guardiamo le cose e indaghiamo sui processi umani, sapendo valutare dove si trova il degrado e dove invece si trovano le energie per resistervi.
Sono convinto che l’attivazione di processi di “resistenza al degrado dell’umano” può trovare nel Sud energie ancora non consumate e risorse inestinguibili, sempre a disposizione di chi ha intelligenza per individuarle, rielaborarle e renderle feconde. Condivido questa affermazione di F. Cassano: «il sud, con la sua lentezza, con i tempi e spazi che fanno resistenza alla legge dell’accelerazione universale può diventare una risorsa e quindi il collegamento tra i Sud sottrae il pensiero ai luoghi dove oggi esso ama assidersi e star comodo, alla forza di gravità del conformismo moderno» (Il pensiero meridiano, Laterza, Bari 1996, p. 5).
Rovesciare l’ottica per la quale le patologie del Sud nascerebbero da un deficit di modernità, potrebbe risvegliare la consapevolezza che proprio le insufficienze e le imperfezioni del Sud rispetto ai processi di modernizzazione costituiscano una chance per tutelare la modernità dalla spirale senza ritorno nella quale sembra avviluppare il mondo intero: il feticismo dello sviluppo, il nichilismo disperante della secolarizzazione infinita. E’ legittimo – in questa angolatura, convertita rispetto agli schemi intellettuali dominanti – interrogare il Sud d’Italia sul proprio deposito valoriale, etico-religioso. Assunto come territorio umano, identificabile e apprezzabile in una unità culturale ovviamente non omologata, ma creativamente plurale nel suo percorso storico, il Meridione d’Italia può contribuire a riscrivere “un’altra grammatica della povertà e della ricchezza” e aiutare l’orientamento della globalizzazione verso realizzazioni adeguate all’essere di ogni uomo, perché appariranno come mete più solidali, più comunitarie, più giuste e più pacificanti. Certo più lente. L’elogio della lentezza sembra essere un tratto caratteristico di un pensiero del Sud. La velocità distrae dall’umano, l’accelerazione nevrotizza, rende insensibili, impedisce di accorgersi dei veri problemi della vita, consuma il superficiale, rendendo tutto ingranaggio per continuare la corsa, senza soste, senza freni, sempre in avanti. La visione della realtà costruita dai processi di modernizzazione è quella di un “mondo in fuga” che ridisegna e cambia prepotentemente la vita di ogni giorno e le mentalità delle persone: alla fine però essa realizza, paradossalmente una “fuga dal mondo”, un modo di evadere dalla realtà vera, dalla crudezza e dalla serietà dell’impatto con la vita quotidiana, non più capace di nominare le “cose dell’umano esistere”.
Il pensiero meridiano ha un’altra concezione del progresso e dello sviluppo: coglie la velocità come un regresso e un impedimento e orienta a un “pensare a piedi”, più idoneo a prestare attenzione, maggiormente disponibile ad accorgersi dell’altro, della natura, della bellezza, sicuramente aperto a riflettere sulle ragioni di tutti, sviluppando dinamiche di ascolto, di reciprocità, di riconoscimento dei valori degli altri. Aspetti importanti della cultura meridionale, oggi particolarmente decisivi, per quella nuova centralità assunta del Meridione d’Italia: non più marginale periferia del mondo, ma nel cuore del Mediterraneo che è divenuto centro di ogni movimento verso il Sud, il Nord, l’Est e l’Ovest. Dai recenti eventi del mondo il Sud è stato ricollocato in un punto di incrocio. Da qui può svolgere le sue funzioni di mediazione, avvalendosi dell’adagio classico di una delle sue originarie culture: in medium stat virtus. Per questo compito storico, deve aver gusto per i confini che non possono essere aboliti globalmente. Tuttavia colti da un’altra prospettiva, i confini non separano, bensì uniscono, sono “ponti”.

Mi piace concludere con alcuni versi di una poesia che scrissi tanti anni fa sul Sud:

Risuscita
Risorgi
Sud di tutti i mondi
inonda quei terreni
rendili fecondi
il cuore ancora palpita
resiste in te Idealità
è un sogno aurorale
l’antica Identità

Il 18 e 19 Ottobre in diocesi il direttore dell’Ufficio Nazionale Missionario

 
Con due circolari, il direttore dell’Ufficio missionario don Michele Fidone, invita a vivere l’ottobre missionario culminante nella “giornata missionaria mondiale” (domenica 21 ottobre) attorno a due eventi: 1) la presenza in diocesi del direttore nazionale dell’ufficio missionario, don Gianni Cesena, che parlerà a tutti giovedì 18 ottobre alle ore 19,30 alla Domus S. Petri di Modica e ai presbiteri venerdì 19 alle ore 9 presso la Casa del Clero di Noto; 2) l’inizio di settimane di animazione missionarie nei vicariati con i quatto presbiteri della diocesi gemella di Butembo-Beni che sono tra di noi dall’anno scorso (a novembre e ad aprile si aggiungerà anche Gianni Novello). Nella prima circolare si ricorda anzitutto il Concilio Vaticano II, «che ha aiutato a sviluppare in tutti i cristiani la consapevolezza di essere responsabili del proprio Battesimo e della propria Fede, vera ricchezza da condividere e testimoniare ogni giorno nella vita personale e comunitaria. “Ho creduto, perciò ho parlato” è il tema della prossima giornata mondiale missionaria: il nostro annuncio è frutto di una ricerca personale e di un incontro con la Parola di Dio, la quale ci precede ed accompagna suscitando in noi la curiosità del bambino che chiede, che scopre e che, sentendosi accolto, “cresce nell’Amore”. L’amore a sua volta porta in sé la capacità di “ascoltare” affinché si possa diventare “adulti” nella Fede, cioè testimoni credibili del Signore Risorto». Nella seconda circolare si sottolinea come questo è anche l’anno del venticinquesimo anniversario del gemellaggio con la diocesi di Butembo-Beni. «Come Chiesa di Noto – scrive il direttore dell’Ufficio missionario – ci chiediamo cosa abbiamo maturato in tutti questi anni: è cresciuto in noi uno stile di essenzialità e di radicalità evangelica? Le persone che sono partite per Butembo-Beni – visitando una terra con scenari di violenza, soprusi e guerre – hanno trovato un popolo per il quale la fede rappresenta qualcosa di vitale, così da generare segni di speranza: siamo diventati portatori di questa speranza?». Continua don Michele Fidone: «Le settimane di animazione dovranno essere vissute, non nello straordinario, ma nell’ordinario della vita delle nostre comunità: vogliamo suggerire un confronto negli incontri presbiterali e fra gli operatori pastorali. Sarebbe anche bello nelle scuole far conoscere la cultura del continente africano favorendo gemellaggi con le classi. I ragazzi della catechesi, divisi in fasce di età (elementare – medie – medie superiori), potrebbero creare scambi epistolari. Gli incontri con i catechisti potrebbero diventare occasione di presa di coscienza sul compito missionario di tutti i battezzati; si potrebbero anche organizzare incontri nei quartieri, nelle comunità di base, con i movimenti e le associazioni ecclesiali».
 
– Le offerte della giornata missionaria, che sarà celebrata il 21 ottobre, si possono consegnare a Mons. Francesco Guccione oppure attraverso il nuovo conto postale intestato a “Diocesi di Noto”, numero 50840826 oppure attraverso bonifico bancario (IBAN: IT-48-W-07601-17000-000050840826)
 
– L’Ufficio Missionario sarà aperto il Mercoledì e il Sabato dalle 9,00 alle 12,00
 
– Le settimane di animazione missionaria saranno guidate dai quattro presbiteri di Butembo-Beni presenti nelle nostra diocesi, da Gianni Novello, da don Salvatore Cerruto e dal direttore dell’Ufficio missionario. I vicariati che hanno dato la disponibilità sono: Pozzallo dal 8 al 14 Ottobre; Modica, con la presenza di Gianni Novello, dal 19 al 24 novembre; Pachino dal 12 al 24 Novembre; Avola dal 16 al 26 Febbraio.
 

Modica onora i testimoni che riscattano il nostro Sud

La casa centrale della rete di pronta accoglienza denominata “Portico di Betsaida”, venerdì sarà intitolata a don Peppe Diana (l’appuntamento è prima alle 19,30 nella chiesa del Sacro Cuore, alle 21,15 nella vicina via Achille Grandi). E questo avviene dopo che già negli anni scorsi a Modica una piazza è stata intitolata a Falcone e Borsellino e recentemente due vie sono state intitolate a Peppino Impastato e don Pino Puglisi. Si onorano così i martiri del nostro Sud e lo si fa accogliendo i testimoni, quelli che ne hanno accolto il messaggio e lo continuano con coraggio e generosità. Saranno infatti presenti all’inaugurazione l’assistente sociale Simmaco Perillo e il giornalista Antonio Esposito. Il primo è impegnato in esperienze sociali nelle terre confiscate alla camorra, in particolare nella cooperativa “Al di là dei sogni, in cui si trovano accolte persone provenienti da situazioni difficili o con malattie psichiatriche e si pratica agricoltura biologica, alternativa all’inquinamento dei terreni che uno dei tanti modi con cui la camorra devasta il territorio. Il giornalista Antonio Esposico è impegnato soprattutto nella battaglia culturale e ogni anno è tra i promotori del “Festival dell’impegno civile”. Sarà un’occasione per tutta la città e in particolare per i giovani. Tra l’altro sabato alle 11 vi sarà un incontro con gli studenti del Liceo Scientifico come occasione di educazione alla legalità e saranno presi contatti con le realtà di economia sociale e di impegno civico del nostro territorio. In un tempo difficile, i testimoni aiutano a sperare e a “mirare in alto” – diremmo con don Diana e don Puglisi – per amore dei nostri popoli, per amore dei nostir giovani. Come amava dire don Tonino Bello, speriamo per il Sud che dopo l’età dell’erba che si piega, ovvero della rassegnazione, subentri l’età del grano maturo, dei frutti di quanti nel silenzio seminano il bene, e della convivialità delle differenze.

 
 
 
 

Ai giovani diamo modelli forti che richiamano il Kerigma della Pasqua

Mons.Antonio Staglianò, Vescovo della Diocesi di Noto- componente della Commissione Cultura e Comunicazione Sociali della C.E.I e Guida spirituale del Centro Studi Parlamento della Legalità ha partecipato con il Pres. Nicolò Mannino all’Inaugurazione dell’Anno Scolastico presso il Cortile d’onore del Quirinale, portando il suo messaggio e la sua “solarità” a tanti studenti che hanno “colorato” questo singolare e annuale appuntamento di impegno e di gioia.

 Un saluto cordiale al Ministro della Pubblica Istruzione- Università e Ricerca Francesco Profumo il quale ha assicurato al Vescovo di una delle Diocesi più belle ( anche dal punto di vista artistico)d’Italia di visitare quanto prima la terra del “Barocco siciliano”, poi l’incontro con Maria Falcone, sorella del magistrato Giovanni Falcone assassinato venti anni fa dai carnefici della mafia.
Un Vescovo che riscuote simpatia, cordialità, fascino e convinzione: questo è Mons. Antonio Staglianò, un Uomo che serve la chiesa partendo sempre dai principi delle Beatitudini che trovano forza nel Kerigma Pasquale e nel servizio ai poveri più poveri.
Nicolò Mannino e Mons. Antonio Staglianò hanno così tagliato il nastro del “via si parte” ,insieme, dal Quirinale, per arrivare al cuore di ogni giovane del Parlamento della Legalità e non solo…un impegno per una Evangelizzazione a tutto spiano in questo anno particolare che richiama il tema della Fede …e se Credere è sinonimo di bellezza allora noi ci stiamo e ci sentiamo a casa nostra ovunque, specie dove ci sono i giovani che con le loro urla di speranza e di libertà invocano un’Alba Nuova.
 
 

Chi dirà i “no” che fanno crescere?

Nella notte del 25 Settembre è stata imbrattata la facciata di una delle tre case che si stanno approntando per la pronta accoglienza: la casa Sorelle Giurdanella, in pieno centro storico, sulla scalinata laterale della chiesa di San Pietro. Come tanti muri di scuole, case, piazze … con immagini che avranno avuto bisogno di un po’ di tempo, in netto contrasto con lo sforzo di questi giorni per ripulire, risistemare, ristrutturare questa casa (insieme ad altre due) e così accogliere che fa più fatica. Anzi, nella stessa notte c’era chi imbrattava e chi confrontava preventivi per l’arredamento e scriveva appelli per i fondi necessari. Rispondendo qualcuno che lo riceveva via mail (e che fa parte della Modica che sta bene): “dillo a tua madre!”. A dire come l’abbrutimento sembra più ampio, senza considerare cosa si trova sulla scalinata di san Pietro dopo i sabati e le domeniche sera: cartacce, bottiglie rotte, vomito … Ritorna il problema del vandalismo giovanile e non solo (anche ai ragazzini le famiglie permettono di stare fuori fino a notte inoltrata) e, poiché non è legato ad eclatanti azioni di criminali, si rischia di sottovalutarlo. Forse occorre invece vigilare perché indicativo di un lento ma sempre più consistente degrado, ma anche perché ancora forse lo si può fermare. Certo, ci vuole per questo un convinto e corale impegno, perché a questo livello ciò che più sembra mancare è l’educazione: quella che già ai bambini, a tutti i bambini, sa dire “no” per far comprendere i pericoli a cui stare attenti e i limiti da non superare, quella che ai giovani offre occasioni di crescita vera e luoghi di relazione, quella che impegna gli adulti a fermarsi per chiederci non “come ce la caveremo noi” ma “quale futuro per le nuove generazioni”. Rivolgiamo allora nuovamente un invito a tutti i soggetti educativi (famiglie, scuole, parrocchie) a ridare centralità alla riflessione educativa, a non tematizzare solo competenze, benessere, successo, forza, crisi, ma vita buona, rispetto, legalità, solidarietà, tenacia, sobrietà, bellezza. In una città in cui resta vivace la cultura, auspichiamo che essa diventi diffusa prevenzione, con la capacità di cogliere e accogliere anzitutto i più deboli, di guardare anche alle periferie. Il nostro cantiere educativo “Crisci ranni”, da questo punto di vista, non è solo una concreta, faticosa e povera esperienza di servizio educativo, ma anche un segno per tutta la comunità e, per noi stessi, un continuo interrogarci su come raggiungere tutti per prevenire e su come ritrovare un’anima per la nostra città, così che ragazzi e giovani non abbiamo più bisogno di dirci il loro disagio con la violenza o, peggio, con l’apatia.

 
 

Il Portico di Betsaida: per accorgersi e accompagnare

È stata fissata per venerdì 12 ottobre alle ore 19,30 nel salone del Sacro Cuore l’inaugurazione della rete di pronta accoglienza “Il Portico di Betsaida”. L’esigenza è nota alle forze dell’ordine come alle parrocchie, ai servizi sociali come a singoli cittadini: una mamma litiga con il marito o la famiglia e resta per strada lei e soprattutto il bambino o i bambini, una famiglia subisce uno sfratto e resta per strada … Poi accade di tutto: scopri che il caso è più complesso di quanto non sembrasse, trovi una casa ove collocare la famiglia e questa la occupa e non puoi più accogliere altri … Ecco allora quanto maturato nel vicariato di Modica e annunciato lo scorso Corpus Domini insieme al microcredito per le famiglie dei piccoli commercianti colpite dalla crisi: una rete di tre case per l’accoglienza ma anche criteri che permettano passaggi controllati e tesi a sviluppare percorsi di promozione e inclusione. Una di questa case viene messa a disposizione dal Comune con l’impegno delle parrocchie – preso sia nel consiglio presbiterale che nel coordinamento vicariale – di pensare ai lavori necessari, risparmiando per questo sulle spese delle feste religiose; due, frutto di donazioni per i poveri più soli, vengono messe a disposizione dalla parrocchia di San Pietro (casa Sorelle Giurdanella) e dall’associazione don Puglisi (casa Anna Polara) e risistemate grazie al signifiativo e consistente contributo della Fondazione San Corrado Onlus che ha tra gli scopi proprio quello di promuovere segni nuovi della carità. L’intitolazione della casa centrale a don Giuseppe Diana, e la testimonianza di quanti nel suo nome lottano la camorra ricostruendo tessuti accoglienti ed economia sociale, ricorda la “misura” della carità evangelica, che parte dall’aiuto ma diventa condivisione e dono della vita. Ogni percorso di accoglienza comporterà peraltro una rete di relazioni ed una capacità di ritrovarela via della fraternità, della condivisione, dell’ospitalità, del mettersi in gioco, in alternativa alla mentalità mondana individualistica e strumentale (la crisi sta servendo anzitutto per diminuire la solidarietà, senza misurarsi con i più poveri ma con standard di vita ecessivi rispetto alle povertà del territorio e del mondo). Il “Portico di Betsaida” vuole anche rafforzare la logica del lavorare insieme guardando anzitutto al fine – avere a cuore i più deboli, nei quali per i cristiani c’è la visita del Signore. Si spera che si sviluppi, insieme a una solidarietà più convinta e coerente alla coscienza umana e cristiana, più cordialità, più misericordia, più franchezza, più correzione fraterna, più collaborazione, più ecclesialità. Il 12 ottobre gli interventi conclusivi del Sindaco, Antonello Buscema, e del nostro Vescovo, Mons. Antonio Staglianò, aiuteranno a ricordarci che c’è un “Patto contro la crisi” firmato due anni fa da Comune e Diocesi, con l’impegno a ritrovare – come amava dire Giorgio La Pira – l’anima delle nostre città nella capacità di volersi bene a partire dai più poveri, e di farlo con i fatti e con una lettura di ciò che è necessario per la crescita del territorio ritrovando anche il senso della politica vera nel bene comune.


Un affetto aperto può rigenerare relazioni e città

Sono state giornate intense e belle quelle della visita degli amici di Paganica, storica frazione dell’Aquila, nella città di Modica e nella diocesi di Noto. Il primo messaggio è che, quando l’affetto è vero e ben radicato, esso rigenera rapporti e vita sociale, culturale, politica. Quanto alle radici che rendono vero l’affetto esse sono da ritrovare in una fede e in una vita veramente adulte, che hanno permesso e permettono ai nostri amici di affrontare le ferite gravi del terremoto e del dopo terremoto. Fede che, nella visita, si è rinsaldata a contatto con nostre esperienze di condivisione radicate nel Vangelo, come le famiglie aperte della Comunità Papa Giovanni di Scicli o i Piccoli fratelli, la Cooperativa Portogallo, la Casa don Puglisi, il Cantiere educativo Crisci ranni di Modica. Fede confessata e celebrata insieme alla parrocchia di San Pietro, alla Comunità monastica delle Benedettine, alla comunità diocesana attraverso l’incontro con il vicario generale a Noto. Fede adulta, che rende capaci di coinvolgersi nelle relazioni e di apprezzare la carità tradotta in “fatti”! Cosa che non accade facilmente: non solo, infatti, tanti restano a distanza ma soprattutto non si sanno leggere i segni che – per i credenti – sono segni di Dio. Perché – ha detto nel suo saluto don Angelo Giurdanella – il Vangelo è consegnato ai poveri, nel senso che solo nella relazione con loro si ritrova la verità della vita e della fede. Entro questi orizzonti, la mattina del 7 settembre a Noto nell’incontro con il sindaco Corrado Bonfanti e la sera dell’otto settembre a Modica in un incontro pubblico al cantiere educativo Crisci ranni, si sono delineati i messaggi che possono rigenerare anche le nostre città. Come ha detto Ugo De Paolis, per molti anni delegato della Circoscrizione, all’Aquila dopo il terremoto restano tanti problemi, perché un tetto non basta e occorrono luoghi comunitari, ma sostengono l’affetto di amici e il pensiero che bisogna ricostruire pensando soprattutto ai giovani. Questa cura per chi soffre e per i giovani – ha sottolineato Goffredo Palmerini, scrittore e giornalista – diventa la vera Italia, “l’altra Italia”, quella della solidarietà (che si accompagna all’altra Italia degli italiani che vivono fuori dalla nostra penisola e che spesso tengono alto il nostro Paese più di noi che lo abitiamo), ricordando altresì come sia importante offrire ai giovani esperienze forti come quella – ipotizzata nel gemellaggio – in luoghi come Marzabotto ove si uniscono ricordo delle vittime, spiritualità e riferimento alla Costituzioni, resi vivi dalla presenza della comunità di don Giuseppe Dossetti. Con attenzione a tutti i problemi, come i morti sul lavoro oltre ai morti del terremoto, che non nascono dal fato ma da precise responsabilità: lo ha detto con commozione e passione civica Alfredo Montesanti. A cui ha fatto eco,da Modica, Piero Paolino del “Clandestino”, ricordando quest’impegno di giovani modicani con cui si vuole creare un presidio di vigilanza sul territorio. Il vicario foraneo don Corrado Lorefice, da parte sua, ha sottolineato cosa si apprende dalla visite a Paganica e da Paganica: il forte senso di appartenenza e la grande capacità di ospitalità e convivialità che ci rendono tutti più umani (recupero di umanità che era stato anche il messaggio del sindaco di Noto nel suo saluto il giorno prima). E Antonello Buscema – che è stato a Paganica lo scorso anno da sindaco e da amico – ha rilevato quanto sia importante questo gemellaggio perché in primo piano non sono i soldi ma le relazioni. Pur essendo vero che i soldi ci vogliono per tanti servizi e per la crescita delle nostre città, non sono essi però la vera fonte della ripresa, quanto la tenacia, il disinteresse, il “crederci”. Come accade spesso nella storia, nell’umiltà dei luoghi e delle persone che caratterizzano i rapporti di fraternità tra Paganica e Modica (e la diocesi di Noto) si sono “mostrati” valori grandi e genuini, che possono dare speranza alla nostre città. Una “via” antica e nuova – la “via” degli affetti che generano sostegno e responsabilità – è stata focalizzata e attende che persone sagge e coraggiose sempre più la percorrano con impegno personale e comunitario.