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“Venite Adoremus – V edizione 2014”

 “Venite Adoremus” è organizzato dalla C.E.O. Cooperativa Etica Oqdany in collaborazione con la Diocesi di Noto – Ufficio Diocesano per i Beni Culturali Ecclesiastici, Ufficio Diocesano Pastorale per il turismo e lo sport, Ufficio Insegnamento Religione Cattolica coordinato dal Vicario Episcopale per la Cultura, Basilica Cattedrale di San Nicolò, il Seminario Vescovile di Noto e l’Associazione Oqdany.
 
Un programma di iniziative che porterà i partecipanti – dal 20 dicembre al 6 gennaio – ad immergersi in un’atmosfera natalizia nelle chiese del centro storico di Noto, dove gli animatori dell’Associazione Oqdany, al costo di un offerta libera, accoglieranno e coinvolgeranno visitatori e turisti in un percorso catechetico sul ciclo natalizio mediante la spiegazione e visione di opere d’arte sacra, mostre e presepi
 
Si sottolinea che l’ingresso nelle chiese è libero e che la realizzazione dei presepi e delle mostre è stato interamente autofinanziato dalla C.E.O – Cooperativa Etica Oqdany. Una parte delle offerte libere sarà devoluto all’Associazione “Pino Staglianò” per la realizzazione di un centro cardiologico nella Diocesi gemellata di Butembo – Beni
 
Luoghi e itinerari
 
– Chiesa di San Domenico: Mostra d’Arte Sacra, Mostra di Presepi, Video “Nativitas Domini” a cura della Pro Noto
– Chiesa di Montevergini: Visita alla Cantoria e ai Campanili, Mostra sulle Confraternite Netine e Presepe artistico
– Basilica Cattedrale di San Nicolò: Presepe di cioccolato realizzato dal maestro Aldo Puglisi
– Museo Diocesano sezione Cattedrale (via Montuoro): Museo della Cattedrale, Presepe donato dai detenuti della Casa Circondariale di Noto
– Basilica Santissimo Salvatore: Presepe Tradizionale, Visita alle Cantorie e Torre Belvedere, Museo d’Arte Sacra, Bozzetti di Sale a cura dell’Associazione Petali d’Arte (veranda Seminario Vescovile)
– Chiesa di San Francesco d’Assisi all’Immacolata: Presepe Artistico realizzato da Egidio Zuccarello
– “Vie del Sacro”: Itinerario guidato di catechesi con partenza dalla Basilica Cattedrale di San Nicolò, Vescovado, Basilica Santissimo Salvatore, chiesa di Montevergini
 
Per Info:
Sito Diocesi di Noto www.diocesinoto.it
Sito Cooperativa Etica Oqdany www.oqdany.it
Facebook: Venite Adoremus
Cell: Dott. Salvatore Celeste 327/0162589
Dott. Crispino Corrado 320/2596721
 
 

La Diocesi in pellegrinaggio a Siracusa per Santa Lucia. Il Vescovo: “Lucia ci insegna a vedere con gli occhi nuovi della fede”

Il ritorno delle spoglie di Santa Lucia nella sua città di origine, Siracusa, è stato salutato da una folla di fedeli e devoti, provenienti da ogni parte della Sicilia. Dopo 10 anni – questa visita segue quella storica del 2004 – ritorna dunque il corpo della Santa, custodito a Venezia, all’interno di una teca di cristallo. Le sacre spoglie resteranno in città sino a lunedì 22 dicembre.
 
Riguardo alle vicende storiche legate al culto della martire siciliana, si racconta che il corpo della Santa, prelevato a Siracusa nel 1040 dai Bizantini di Giorgio Maniace, giunse a Costantinopoli; da qui venne, successivamente, trafugato dai Veneziani, che conquistarono la capitale bizantina nel 1204, e portato a Venezia dove è attualmente conservato e venerato nella chiesa di San Geremia.
 
In occasione di questo storico evento, le Diocesi siciliane hanno organizzato pellegrinaggi nella città aretusea, per onorare le spoglie della vergine e martire siracusana. Nel quadro delle celebrazioni, giovedì 18 dicembre, è toccato alla Diocesi di Noto onorare la Santa. Il Vescovo Mons. Antonio Staglianò, presso la Basilica di Santa Lucia al sepolcro, ha presieduto l’Eucaristia, insieme con i presbiteri e i diaconi della Chiesa netina, che hanno accompagnato i fedeli degli otto vicariati, in alcuni dei quali, come Ispica, Pachino e Pozzallo, la devozione a Lucia è molto sentita.
 
“Santa Lucia ci insegna concretamente quale è la luce necessaria per la nostra vita, per essere felici – ha così esordito Mons. Staglianò nella sua omelia – abbiamo bisogno di luce, per camminare, per non cadere, una luce che riempia di senso la nostra vita”.
 
Il Vescovo, facendo riferimento al martirio di Lucia – alla quale, secondo la tradizione, sarebbero stati estirpati gli occhi – ha esortato i fedeli a riscoprire lo “sguardo” della fede: “Chiediamo a Lucia di poterci vedere, con gli occhi della fede, di sgranare gli occhi per riconoscere il volto del Signore, così come si è mostrato in Cristo”.
 
Questa nuova “visione” ha proseguito ancora Mons. Staglianò, “ci apre pure alla vista dei fratelli, che invocano il mio amore, poiché è nell’amore che conoscono me stesso, nella bellezza della mia umanità, ‘vedendo’ Dio in me”.
 
Infine il Vescovo ha raccomandato di vivere in maniera autentica la devozione alla Martire siracusana, da credenti veri, che incarnano e testimoniano il Vangelo, nella verità della fede e dell’amore, fuggendo il “teatrino” di una religiosità senza cuore: “Non la ‘religione’, ma la fede e la carità ci salveranno”.
 
 
 

La Diocesi in pellegrinaggio a Siracusa per onorare le reliquie di Santa Lucia

In occasione della visita delle reliquie di Santa Lucia a Siracusa, le Diocesi siciliane si recheranno in pellegrinaggio nella città aretusea, per onorare le spoglie della vergine e martire siracusana, custodite dalla Chiesa di Venezia.
 
Giovedì 18 dicembre, toccherà alla Diocesi di Noto. Il Vescovo Mons. Antonio Staglianò, alle ore 9, presso la Basilica di Santa Lucia al sepolcro, presiederà l’Eucaristia, insieme con i presbiteri e i diaconi della Chiesa netina, che accompagneranno i fedeli degli otto vicariati, in alcuni dei quali, come Ispica, Pachino e Pozzallo, la devozione alla Santa è molto sentita.
 
Il pellegrinaggio, sarà l’occasione di vivere “un momento forte di grazia” – come ha affermato il Vicario generale Mons. Angelo Giurdanella – “certi che la nostra Santa siracusana non mancherà di intercedere in nostro favore secondo il volere di Dio”.
 

Pozzallo. Anniversario della nascita di Giorgio La Pira. Celebrazioni dal 7 al 9 gennaio 2015

Le celebrazioni per l’anniversario della nascita di Giorgio La Pira, che si svolgeranno dal 7 al 9 gennaio 2015 (vedi programma in allegato) presso la sala culturale “Meno Assenza” di Pozzallo, sua città natale, anno dopo anno sono diventate un momento importante di confronto e riflessione. Il tema scelto per il 2015 è: Giorgio La Pira e la Terra Santa. Alle tre giorni lapiriana interverranno il Vescovo di Noto, Mons. Antonio Staglianò, Rav Joseph Levi, Rabbino capo della comunità ebraica di Firenze, Mahmoud Salem Elsheikh, dell’Università degli Studi di Firenze, Maurilio Assenza, Direttore della Caritas diocesana di Noto e altre figure di rilievo del mondo religioso, politico e culturale.
 
Nel discorso di apertura del Primo Colloquio Mediterraneo, il 3 ottobre del 1958, Giorgio La Pira affermava: Cooperare alla costruzione della pace nel Mediterraneo e nel mondo: ma come? La risposta è evidente: la pace, l’amicizia, la solidarietà reciproche fra questi popoli e queste nazioni. La pace, l’amicizia e la solidarietà fra Israele e Ismaele; la pace, l’amicizia e la solidarietà fra i popoli prima colonizzati e quelli prima colonizzatori; la pace, l’amicizia e la solidarietà fra tutte le nazioni cristiane, arabe e la nazione di Israele.
Il 4 maggio del 1958, La Pira scrisse a Pio XII: Il Mediterraneo è “il lago di Tiberiade” del nuovo universo delle nazioni: le nazioni che sono nelle rive di questo lago sono nazioni adoratrici del Dio di Abramo.
Durante il discorso tenuto il 3 ottobre del 1958, La Pira, sottolineò quale era la comune vocazione storica e la comune missione storica permanente dei popoli che vivono sulle rive di quel misterioso lago di Tiberiade allargato che è il Mediterraneo. Preoccuparsi (con la preghiera, con la meditazione e con l’azione prudente, ma intelligente e a “largo respiro”) della “unificazione”, della convergenza di queste nazioni mediterranee: svolgere la propria azione politica, economica, culturale, sociale (religiosa), in vista della costituzione di questo “centro” del nuovo universo delle nazioni.
Vogliamo far nostra la proposta di Giorgio La Pira, contribuendo alla costruzione di un ponte di preghiera; proponendo momenti di riflessione storica e politica durante i quali i popoli, fratelli della famiglia di Abramo, si ritrovano insieme. Crediamo che la pace non sia un utopia e che la fratellanza e l’ amicizia tra i figli di Abramo possano diventare realtà di un mondo rinnovato e finalmente in pace.
Crediamo profondamente, come Giorgio La Pira, che la pace nel Mediterraneo sarà l’inizio e il fondamento della pace fra tutte le nazioni del mondo. Spes contra spem! Nonostante tutto non bisogna disperare: i lieviti di bene sono più potenti dei lieviti di male: il tempo li condurrà progressivamente – nella pazienza, nella speranza, nelle preghiera, nell’azione oculata e pronta – a maturazione vasta e sicura.
 
 
 

Il Vescovo a Cinisello Balsamo per una Conferenza su Gioacchino da Fiore

Sabato 13 dicembre, A Cinisello Balsamo, il nostro Vescovo, Mons. Antonio Staglianò, interverrà in qualità di relatore, ad una conferenza su Gioacchino da Fiore, nell’ambito della nona edizione di Eventi e personaggi illustri della Calabria. “L’abate Gioacchino da Fiore. Una fiaccola che splende ancora” è il titolo di questo importante evento culturale ed ecclesiale curato dall’Associazione Culturale Calabrese di Cinisello Balsamo e Nord Milano.
 
Tra i relatori ci saranno anche il Prof. Gian Luca Potestà, Ordinario di Storia del Cristianesimo all’Università Cattolica di Milano e il Dott. Riccardo Succurro, presidente del Centro Internazionale di Studi Gioachimiti di San Giovanni in Fiore (CS).
 
Mons. Staglianò, uno dei più profondi conoscitori di Gioacchino da Fiore in Italia, ha molto studiato questa straordinaria figura del Medioevo cristiano, pubblicando di recente, per l’Editrice Vaticana, un’opera dal titolo “L’abate calabrese”, che prende in esame il pensiero teologico e filosofico gioachimita, offrendo nuove chiavi di lettura per una più chiara e lucida interpretazione della sua dottrina trinitaria e cristologica.
 
“Una figura affascinante ed attuale – afferma Mons. Staglianò – che ha speso tutta la sua vita nello studio – che si è fatto contemplazione – del mistero della Trinità, per scoprirlo sempre meglio o forse tentare di comprenderlo, nella sua pienezza”.
 
 

Pozzallo. Inaugurata alla presenza del Vescovo la fondazione “Iolanda e Francesco Ciurciù” per la disabilità

“Siamo partiti ufficialmente. Adesso non ci fermiamo più”. Con queste parole, il presidente della Fondazione “Iolanda e Francesco Ciurciù”, Giovanni Ciurciù, ha ufficializzato il progetto che riguarda il mondo della disabilità e che darà assistenza a molti fra i diversamente abili presenti in provincia di Ragusa.
Preziosa è stata la presenza del Vescovo di Noto, mons. Antonio Staglianò, il quale ha rimarcato come sia importante la presenza di una struttura che offra amore e sostegno a tante persone che, da sole e con gravi problemi economici, non potrebbero ricevere cure adeguate per la loro vita. Il Vescovo ha espresso il desiderio di essere presente il giorno dell’inaugurazione della struttura dell’ex Colonia marina di Pozzallo, quando ci sarà il tradizionale rito del taglio del nastro.
 
Emozionante è stato anche il discorso del presidente della Fondazione, Giovanni Ciurciù, il quale ha evidenziato che la struttura è “un dono che i pozzallesi dovranno mantenere in vita perché questa struttura e questa fondazione, io le regalo alla mia gente. La Fondazione adesso guarda al futuro e, come tutte le cose che guardano al futuro, il desiderio di chi ci ha messo cuore e passione è quello che non si distrugga l’idea, il cuore e la voglia di lavorare per questo bene comune”.
In sala, è stato letto anche lo statuto della Fondazione, di fronte a quasi 200 persone. Presenti ianche i 5 membri del consiglio di amministrazione, insediatosi martedì della scorsa settimana.
 
Ad introdurre i lavori, il vicesindaco di Pozzallo, Francesco Gugliotta e successivamente il sindaco del comune marittimo, Luigi Ammatuna. Tanti gli attestati di fiducia verso la nuova Fondazione, a cominciare dai due deputati regionali presenti in sala, Giorgio Assenza e Nello Dipasquale, i quali si sono detti pronti a dare una mano per completare l’iter amministrativo per l’ex Colonia (e non solo). “Appuntamento al prossimo Natale – queste le ultime parole del presidente Ciurciù – quando la fondazione si spenderà con 40 famiglie di Pozzallo, donando ceste natalizie, per un Natale che possa essere di speranza e di pace”.
 
 

Il Vescovo Staglianò a Roma col Papa per onorare Nostra Signora di Guadalupe

Venerdì 12 dicembre, festa di Nostra Signora di Guadalupe, Papa Francesco presiederà una solenne Eucaristia nella Basilica Vaticana in onore della Patrona dell’America latina, per affidare alla Santa Vergine l’evangelizzazione e la promozione umana dei popoli di questo vasto continente, invocando per loro pace, giustizia e unità.
 
Alla solenne celebrazione, che avrà inizio alle ore 18, parteciperà insieme all’Episcopato latinoamericano, anche il nostro Vescovo Mons. Antonio Staglianò, del quale è nota la profonda devozione per la Vergine di Guadalupe. Già dal 1999, quando era parroco a Le Castella, il nostro Vescovo introdusse la venerazione della “Guadalupana” nella parrocchia della Visitazione della Beata Vergine Maria. Da Vescovo di Noto, egli ha voluto introdurre il culto anche in Diocesi, come a Donnalucata, dove lo scorso maggio è stata consacrata la nuova chiesa di San Giorgio, nella quale è venerata una fedele riproduzione della “tilma”, il mantello del veggente Juan Diego, sul quale si impresse prodigiosamente l’effigie della “Morenita”, l’appellativo con cui è affettuosamente chiamata la Vergine del Tepeyac.
 
“Nostra Signora di Guadalupe – ha affermato in più occasioni Mons. Staglianò – ha accompagnato il mio cammino sacerdotale e custodisce tuttora amorevolmente il mio ministero episcopale”. Proprio in occasione della dedicazione della chiesa di Donnalucata, lo scorso maggio, presente il Cardinale Primate del Messico, Norberto Rivera Carrera, il Vescovo Antonio ha rimarcato tutta la pregnanza di questa prodigiosa immagine che è un rimando a Cristo e al mistero ineffabile dell’Incarnazione, che “unisce il Figlio alla Madre e la Madre al Figlio” per elevare la nostra umanità alla dignità divina. “Una devozione – ha detto ancora Mons. Staglianò – che non può essere solo esteriore o ‘religiosa’, ma che – radicalmente ‘credente’ – deve portare frutti concreti di carità verso i poveri e gli ultimi”.
 
In occasione della Messa del Papa è prevista la partecipazione di numerosi Superiori e officiali dei dicasteri della Curia Romana, di delegati di Governo e membri del Corpo Diplomatico dei diversi Paesi del continente americano, di sacerdoti, religiosi e religiose latinoamericani che prestano servizio o effettuano i loro studi a Roma, come anche degli immigrati residenti a Roma per motivi familiari e di lavoro. La Celebrazione sarà teletrasmessa nei Paesi latino-americani.
 
 
 

Caritas Diocesana. Prepararsi al Natale cercando Dio e i suoi segni

 Si è rinnovata venerdì 29 novembre la preghiera per la città a Crisci ranni, con la messa presieduta da don Manlio Savarino (assistente della Caritas insieme a don Paolo Catinello) e l’adorazione eucaristica. “Cosa ci sta accadendo? – si è chiesto don Manlio durante l’omelia – Non che si dimentica Dio, ma che non soffriamo più per questa dimenticanza. E il risultato è il frantumarsi di rapporti a iniziare dalle famiglie”. Famiglie che nella preghiera erano l’intenzione speciale di questo venerdì di novembre, alla vigilia dell’Avvento e della preparazione al Natale.”Ma Dio non ci dimentica – ha ancora detto don Manlio – e ci offre i suoi segni, fino al segno grande che è Gesù, Dio che ha condiviso tutta, proprio tutta, la nostra vita”. Come ricorderemo a Natale. E dentro questo orizzonte, riascoltando le parole del sinodo diocesano e condividendo una preghiera di papa Francesco, ci si è ricordati di tutte le famiglie, di tutte le persone sole, di tutte le ferite delle nostre famiglie e che, a loro, la Chiesa ha dare anzitutto il Vangelo.
 
Sapendo leggere in profondità quali desideri abitano il nostro tempo: “La comunione di vita assunta dagli sposi – ha ricordato papa Francesco nei giorni del sinodo dei vescovi sulla famiglia -, la loro apertura al dono della vita, la custodia reciproca, l’incontro e la memoria delle generazioni, l’accompagnamento educativo, la trasmissione della fede cristiana ai figli…: con tutto questo la famiglia continua ad essere scuola senza pari di umanità, contributo indispensabile a una società giusta e solidale. E più le sue radici sono profonde, più nella vita è possibile uscire e andare lontano, senza smarrirsi né sentirsi stranieri ad alcuna terra”. Nella preghiera diventavano l’invocazione delle madri ad essere sempre capaci di rinnovare affetto ed aprire il cuore anche ad altri (e in modo significativo c’era a testimoniarlo una delle famiglie dell’Associazione Papa Giovanni XXIII di don Oreste Benzi), l’invocazione dei padri a trovare tempo per i figli anche a costo di qualche rinuncia o guadagno in meno, l’intervento dei figli che ringraziano per la famiglia che – ad di là delle sue fragilità – diventa comunque sostegno e permette di non essere soli al modo, l’intercessione per le famiglie che non ce la fanno ad arrivare alla fine del mese.
 
La preghiera così fa emergere la città nei suoi lati più intimi e nascosti e rende consapevoli della chiamata ad essere lievito e sale di una rinnovata umanità. Che – come ha rilevato don Paolo citando San Tommaso – sia fatta “non di conoscenti che si incontrano per parlare ma di amici e famigliari che parlano per incontrarsi”. Ecco anche il messaggio per il prossimo Natale: gesti audaci di accoglienza e attenzione, con risvolti concreti (come mettere a disposizione una casa in affitto a prezzi bassi per chi non ce la fa o donarla quando si può per circostanze che lo permettono); e soprattutto cogliere i segni di Dio, che nei poveri ci visita e ci chiede “di costruire – ha ancora detto don Manlio – non un altro mondo ma un mondo altro”. E già l’indomani un segno poteva essere colto nei giovani di una scuola di Modica che nell’assemblea di istituto si sono interrogati sul grave rischio che si corre con le dipendenze, con un grido a stare attenti e il desiderio di passare dall’inferno di una società spenta e senza valori, che genera drammatiche fughe, alla primavera generata dal voler essere insieme umani.

MASSACRI A BENI: IN ATTO LA BALCANIZZAZIONE DEL CONGO

La diocesi gemella di Butembo Beni non conosce pace ormai dal 1996. Dall’inizio del mese di ottobre ad oggi, sono circa 200 i civili massacrati nel territorio di Beni. Entrando nei dettagli, sembra di trovarsi dinanzi ad un bollettino di guerra: dal 2 al 9 ottobre sull’asse Eringeti-Oicha sono stati uccisi 23 civili. Tra il 15 ed il 16, a Ngadi e alla periferia di Beni sono state registrate altre 32 vittime. E nella notte tra il 17 il 18 sono state sterminate ancora 24 persone, tra cui 9 donne e 10 bambini, tutti passati a fil di machete.
 
È importante dare i particolari delle date dei massacri, perché ci sono state al contempo delle coincidenze non certamente senza importanza. Infatti, la versione ufficiale è quella che autori delle stragi siano dei ribelli ugandesi che, in lotta con il governo attuale dell’Uganda, si sono rifugiati in Congo. Ma non si spiega bene come questi ribelli abbiano potuto agire impunemente (non uno è stato catturato o idenficato durante i massacri) in una zona sotto il controllo assoluto delle truppe regolari congolesi, attualmente ben equipaggiate, e mentre proprio il 17 e il 18 ottobre si trovavano a Beni il generale Léon Mushale, comandante in capo della Terza zona di difesa della Repubblica Democratica del Congo, il generale Emmanuel Lombe, comandante dell’esercito nel Nord Kivu, il generale Martin Kobler, comandante dei Caschi Blu dell’Onu, ed il governatore del Nord Kivu Julien Paluku. Ci si chiede: come sono stati possibili questi eccidi in un territorio presidiato dall’esercito congolese, durante la permanenza di personalità così autorevoli e rappresentative dello stato e della comunità internazionale? Come un gruppo di ribelli abbia potuto agire in modo così cruento aggirando del tutto la vigilanza delle truppe regolari?
 
Ma quasi a siglare una tragicommedia infernale, il 29 ottobre lo stesso presidente della Repubblica Joseph Kabila si è recato a Beni e, in beffa al suo dichiarato scopo di rassicurare la popolazione, la notte del suo stesso arrivo sono state trucidate ancora 14 persone in località Kampi ya Chui ed altre 8 l’indomani, giorno della sua partenza, nel quartiere Bel Air alla periferia di Beni. Da allora, le vittime dei massacri non si contano più e solo approssimativamente possiamo dire che alla fine di questo mese di novembre ammontano a circa 200. Se la presenza dello stesso presidente della Repubblica non funge da deterrente contro il nemico, c’è da chiedersi allora se il nemico possa effettivamente identificarsi in un gruppo di ribelli (e perché questi ribelli ugandesi dovrebbero agire in Congo piuttosto che in Uganda) o se invece non si tratta dei soliti Rwandesi e Ugandesi che, sotto l’egida complice e interessata degli USA, mirano piuttosto a “colonizzare” il territorio congolese nelle zone di confine del nord Kivu, ricco di giacimenti minerari. Se così fosse, si spiegherebbe la manifesta “impotenza” delle autorità congolesi (compreso il Presidente della Repubblica) ad arginare i massacri. In effetti già da parecchio tempo è in atto una strategia di balcanizzazione del Congo, alla quale non sembra estraneo lo stesso presidente Kabila. A dicembre dell’anno scorso, dopo innumerevole sforzi di mediazione della comunità politica internazionale, i ribelli del movimento M23 (che si dichiaravano congolesi ma che erano in effetti Rwandesi) avevano finalmente deposto le armi, ma nella speranza di essere “reintegrati” tra le truppe regolari congolesi (ed avere così sempre le mani sulle leve di comando).
 
Fallito questo tentativo, grazie anche all’opposizione forte e decisa della società civile congolese, i cosiddetti ribelli M23 si sono trasformati con la nuova denominazione ADF, agendo sempre allo scopo di destabilizzare l’unità del Congo. Chi ne paga le spese, rimettendoci la vita, sono attualmente i nostri gemelli della diocesi di Butembo Beni che, loro malgrado, si trovano sulla contesa zona di confine con Rwanda e Uganda. Infine, per maggiore chiarezza, sarebbe forse necessario rivedere nella nostra opinione pubblica occidentale il tanto conclamato genocidio dei Rwandesi Tutsi nel 1994. Agli occhi di tanti Congolesi, infatti, coloro che continuano a dichiararsi vittime del genocidio passato sarebbero in effetti gli autori delle stragi attuali.
 
 

Modica. Il quadro della Madonna delle grazie alla Casa don Puglisi

 Ci si prepara con semplicità, ma anche commozione, ad accogliere il quadro della Madonna delle grazie alla Casa don Puglisi. Ai bambini della Casa è stata raccontata la bella storia del ritrovamento quattrocento anni fa dell’immagine sacra in un fuoco che non si consumava; ed anche l’altro racconto secondo cui, costruita subito la chiesa, la porta verso gli orti che veniva trovata murata con il quadro rivolto verso la città, a dire come Maria vuole guardarci e nel suo sguardo vuole tutti ritrovarci.
 
E si è ricordata la grande devozione che porta i modicani al Santuario per onorare la copatrona della Città, rilevando ora la gioia di accogliere l’immagine della Mamma di Gesù e nostra che ci mostra la Grazia, l’amore gratuito di Dio, nella Casa, che è una delle tante case della città, seppur con tante persone (al momento venticinque ospiti) e qualche fatica in più certo, nel comunicarlo alla città viene di pensare che, quell’abbraccio della Madre che allatta il Figlio, invita tutti noi a non lasciare mai nessuno, soprattutto i bambini , senza abbraccio, senza tenerezza, senza attenzione.
 
Per questo sarà bello in questo anno centenario onorare Maria con gesti e scelte di accoglienza che abbiano il timbro, non solo dell’aiuto, ma anzitutto dell’abbraccio, dell’amore che sta accanto, dell’amore che si fa carico, dell’amore che educa perché l’altro possa crescere e riscoprire dignità. Peraltro, la Casa don Puglisi con la sua presenza da ventiquattro anni, di tutto questo è segno e ne diventa anche sollecitazione. Nella convinzione, con don Pino, che “se ognuno di noi fa qualcosa, allora si può fare molto”.
 
Per questo dalla Casa si lancia alla città un triplice invito: a partecipare all’accoglienza del quadro e alla successiva celebrazione eucaristica pres. da don Umberto Bonincontro alle 19 di giovedì 4 dicembre; a cogliere in questo fatto il suggerimento di gesti di solidarietà con cui collaborare allo sguardo materno sulla città di Maria; a farlo con quel coraggio che un giovane volontario ha definito in questi giorni “gettare il cuore avanti agli ostacoli”. Il quadro rimarrà nella cappella della Casa fino a tutta la giornata di venerdì 5 dicembre fino alle 19,30 quando sarà recitato il Rosario.