Relazione teologico-pastorale di S. E. Mons. Antonio Staglianò, Vescovo di Noto, al V° Convegno ecclesiale delle Chiese di Calabria

Solo l'amore è credibile
24-11-2009

Solo l’amore è credibile. E’ una verità con molteplici significati, ne ricordiamo solo due tra quelli fondamentali.
E’ vero – solo l’amore è credibile -, anzitutto perché l’amore è ciò in cui i cristiani hanno creduto. Inizia così la fede nel suo annuncio originario: ‘Dio è amore’ (Deus caritas est), Dio è dono, Dio è il Padre ‘ricco in misericordia’. Non è una dottrina, ma l’evento del Crocifisso risorto ‘ il Figlio redentore – che così manifesta e rende vivibile il Dio-amore, per l’effusione dello Spirito santo – l’amore in persona o la persona dell’amore – effuso nei cuori dei credenti (Rm !!). Non è tanto un insegnamento capace di orientare eticamente l’esistenza, ma è la grazia di una rivelazione che trasforma la vita, la cambia, la converte.


E’ vero – solo l’amore è credibile – anche perché la fede cristiana accoglie  la rivelazione del Dio-agape e in questo Dio riconosce l’amore come la realtà che determina ogni cosa: l’amore è respiro, dimensione profonda, finalità concreta, legge interiore di vita: Dio-amore è tutto, è per tutto, è in tutto. Tocca l’universo cosmico – è « l’amor che move il sole e l’altre stelle (Paradiso XXXIII, 145)- perché coglie l’uomo: «l’uomo non può vivere senza amore [‘] La sua vita è priva di senso, se non gli viene rivelato l’amore, se non si incontra con l’amore, se non lo sperimenta e non lo fa proprio, se non vi partecipa vivamente» (Giovanni Paolo II, Redemptor Hominis 10) 
Ora, la verità dell’amore, cioè l’amore nel suo significato vero è donazione-accoglienza-comunione, secondo la recente enciclica di Benedetto XVI Caritas in veritate al n. 3.
La comunione appartiene alla verità dell’amore: senza comunione, niente amore vero e, dunque, senza comunione l’amore non è credibile, perché sarebbe amore senza ‘splendore di verità’.


Riportare l’amore alla sua verità significa andare alle sue vere radici,  al fondamento assoluto di questa esperienza che riempie di gioia la vita umana e ‘ sola ‘ la realizza e la compie, cioè Dio-amore. Perciò questa rivelazione ‘cambia’ la storia personale e comunitaria, non solo religiosa, ma anche ‘ inevitabilmente  e nel rispetto dell’autonomia delle realtà terrestri – quella civile.
Sia però chiaro per ogni cristiano: la fede crede ‘non che l’amore-è-Dio’, ma ‘che Dio-è-amore’. Il cristiano cioè si lascia istruire dalla rivelazione di Dio sull’amore che-Dio-è e che egli deve vivere, nell’obbedienza al comandamento: ‘amatevi come io ho amato voi’ .


Questo radicamento trinitario ‘della comunione come speranza’ è insistito nelle meditazioni dei nostri padri Vescovi ‘ ecclesia/communio de Trinitate – e non abbisogna qui di ulteriori annotazioni. Basti una affermazione lapidaria del Concilio: «La Chiesa universale si presenta come un popolo che deriva dall’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo» (LG 4). La comunità ecclesiale si ca¬ratterizza «come comunità di fede, di speranza e di ca¬rità» (cf LG 8), come spazio, cioè, dell’accoglienza e dell’esperienza del mistero di Dio . La riflessione svolta dai Vescovi, infatti, ‘ nell’intenzione programmatica del Convegno – è come il fondamento dello sviluppo delle considerazioni qui dedicate al ‘volto comunionale delle nostre Chiese per testimoniare il Risorto e dare speranza alla Calabria’, che si avvalgono dell’interessante contributo offerto dalle Istituzioni teologiche in Calabria nel Convegno annuale di Vivarium (Rivista di scienze teologiche) .


La tesi da sviluppare è: tutta l’esi¬stenza della Chiesa è plasmata dalla comunione e nella verità della comunione si gioca moltissimo (se non tutto) della credibilità della Chiesa. In realtà, proprio oggi, in un mondo che soffre dentro radicate e disperanti solitudini, l’amore dei cristiani, la loro comunione è realmente speranza: nel deserto dell’immunitas moderna  dei rapporti umani deve splendere, concretamente ‘ in forme pratiche ben visibili e identificabili ‘, la speranza umana della fraternitas cristiana. Le metafore bibliche della luce che non può stare sotto il moggio, ma sopra il lucerniere e del sale della terra che non può diventare insipido, sono ancora ‘metafore vive’ per dire la speranza cristiana nel mondo odierno. Urge però nuova consapevolezza per la missione (= cfr l’insistenza di Giovanni Paolo II per la ‘nuova evangelizzazione’.

 

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