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Epifania di Nostro Signore.Messaggio di S.E. Mons. Antonio Staglianò, Vescovo di Noto
Epifania: svela il vero Dio, ma mostra soprattutto il vero uomo
Messaggio
07-01-2011

Carissimi figli dell’amata Chiesa di Noto,
Epifania è una festa tutta natalizia. Esprime quanto veramente a Natale è accaduto: il Figlio di Dio è nato nella carne degli uomini. Epifania è manifestazione, svelamento, dichiarazione senza equivoci. Quell’evento appartiene a tutti, è per tutti, ha un senso universale. I sapienti del mondo, da ogni parte della terra, convergono in quel punto, il quel territorio, giungono a quella grotta per adorare ‘la verità in persona o la persona della verità’. Anche il cosmo è coinvolto in questo riconoscimento. Si, realmente, Colui che è nato nella grotta di Betlemme è il salvatore. Porta una salvezza che rende ragione della bellezza dell’umanità di tutti, piccoli e grandi, pastori e magi. C’è una predilezione per i poveri che non esclude per nulla i ricchi e realizza armonia, comunione, giustizia e misericordia, donate a tutti gli uomini che Dio ama. Perciò elargite con abbondanza effettivamente a tutti gli uomini, perché Dio li ama tutti: solo qui c’è il fondamento dell’universale uguaglianza tra gli uomini, l’amore di Dio manifestato a Natale. Oh! Grandezza del mistero dell’epifania: siamo pensato dall’Eterno e in questo pensiero custoditi e amati da un Dio che mostra il suo vero volto di Abbà, di papà.
Perciò, dunque, se l’Epifania manifesta, rivela, mostra, espone il significato vero del mistero apparso sulla terra a Natale, da parte nostra occorre che rivestiamo occhi nuovi, per poter vedere, ammirare, contemplare. Non basta infatti che qualcosa si lasci vedere, è necessario una vista degli occhi capace di accogliere questa visione. Ecco perché l’epifania urge conversione del cuore, perché non si vede che con il cuore: è un cuore, ovviamente, non senza intelligenza, non senza la luce della sapienza. Resta però un cuore, che deve voler amare come il mistero esige, come l’annuncio natalizio richiede: non nelle astrattezze delle idee, ma nella carne della condivisione e della carità. Nel tempo natalizio non possiamo pertanto estetizzare il cristianesimo a tal punto da  ‘godere del tempo datoci in questa vita’ secondo i canoni imposti dalla società dei consumi e le frivolezze consumate alla ricerca del piacere per sé in faccia alla sofferenza degli altri. Il Dio nella carne non è il Dio delle idee. Con il Natale, infatti, ogni idea religiosa su Dio deve essere discussa e confrontata con quella carne che lascia contemplare Dio presente nel mondo come carità, partecipazione al dolore umano, speranza dentro i drammi della vita, luce di liberazione nelle tenebre delle alienazioni umane, sapienza di Dio nelle stoltezze sfiguranti la dignità delle persone deboli, ferite, afflitte.

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Messaggio per il Natale 2010 di S.E. Mons. Antonio Staglianò, Vescovo di Noto
Natale: la rivelazione di Dio per come veramente è
Messaggio
23-12-2010

Carissimi figli dell’amata Chiesa locale di Noto,
Natale è giorno di grande gioia per i cristiani e per l’intera umanità. E’ una grande festa per il mondo e per la storia degli uomini. Non può essere pertanto ridotta ad estetismo sentimentale. E’ invece tempo per ‘rinascere’ e rivivere nell’amore, attraverso la contemplazione di un Dio che nasce per farsi vedere, di un Dio che non rimane più nascosto, ma si svela. Lo fa per amore. Lo fa perché noi possiamo amarci sempre più e sempre meglio. Solo l’amore infatti ci risuscita realmente dalle catene del nostro dolore e dalle sofferenze delle nostre alienazioni: così rinasciamo anche noi, come il Figlio di Dio ogni anno nasce per noi, tra noi e con noi. A Natale, perciò, rafforziamo la nostra fede. La fede è il dono di occhi nuovi su noi stessi, sugli altri, sul mondo, anzitutto perché crea occhi nuovi per vedere ‘Dio come veramente è’.
Ascoltiamo cosa dice il Catechismo della Chiesa cattolica: «Per mezzo della ragione naturale, l’uomo può conoscere Dio con certezza a partire dalle sue opere. Ma esiste un altro ordine di conoscenza a cui l’uomo non può affatto arrivare con le sue proprie forze, quello della Rivelazione divina. Per una decisione del tutto libera, Dio si rivela e si dona all’uomo svelando il suo Mistero, il suo disegno di benevolenza prestabilito da tutta l’eternità in Cristo a favore di tutti gli uomini. Egli rivela pienamente il suo disegno inviando il suo Figlio prediletto, nostro Signore Gesù Cristo, e lo Spirito Santo» (CCC n.50). Insomma, il ‘Dio nascosto’ (Is 45.15) che nessuno può vedere faccia a faccia (Dt 34,10) e di cui si possono scorgere solo le tracce (Es 33,23), nell’incarnazione del Figlio suo ha comunicato assolutamente il suo ‘volto vero’, facendo conoscere il ‘mistero della sua volontà’ (Ef, 1,9) volendo portare gli uomini alla comunione con sè, rendendoli partecipi della sua natura divina (Ef 2,18; 2Pt 1,14) e trattandoli come amici (Gv 15,14-15)».
Con il Natale, allora non si può più credere in un Dio che sia alla fin fine la mia idea di Lui: il Dio-idea non ha più diritto di albergare nel cuore degli uomini. Un Dio-altro da come noi lo immaginiamo si rivela e si mostra a Natale, ‘Dio ha carne, Dio è nella carne’. Accogliamo la rivelazione: ‘il Verbo di Dio si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi, a fare la sua tenda tra noi, si è reso nostro compagno di strada’. Così, la Sapienza in persona si è edificata una casa tra gli uomini nel seno immacolato di Maria.
Allora, Dio non è lontano, Dio è vicino. Dio non è indifferente alla mia vita, anzi la considera in ogni istante. Dio non è freddo rispetto al mio dolore e alle mie gioie, tutt’altro, si è fatto carne per poter camminare con me in ogni sofferenza, animando e proteggendo il mio desiderio di felicità: è venuto perché avessimo la gioia in abbondanza.
Carissimi, ho sempre insistito nella mia predicazione (e registro con piacere che non vi annoiate affatto di sentirlo ripetere di continuo) che il nostro è un Dio corposo. Troppo spesso si dimentica questo aspetto centrale della nostra fede cristiana. Invece proprio questo oggi andrebbe annunciato. E’ questa la buona novella, la bella notizia. In Gesù, Dio è persona vivente nella storia degli uomini ed è ‘per’ gli uomini. Usciamo allora dalla genericità  religiosa che presume di rapportarsi a Dio come una vaga idea di infinito o come un tutto che avvolge il mondo. Al contrario Dio è un agente, uno ‘che parla’, ‘che comunica’. La sua Parola è ‘incarnata’. Afferma la Dei Verbum «Dio esce dal suo silenzio e pronuncia in Cristo la Parola della salvezza che richiede una risposta dell’uomo» (DV 1). Il dialogo con l’uomo è possibile, perchè ogni essere umano è come sintonizzato. L’inquietudine umana è il segno più chiaro della sua apertura infinita, della sua trascendenza inappagabile.  E’ importante però chiarire la struttura di questo dialogo, perchè non si tradisca la verità di questo incontro. L’uomo è aperto infinitamente, ma Dio ‘non è’ questa apertura infinita. L’uomo è alla ricerca di Dio, ma Dio è libero nella sua gratuita manifestazione. Dio ‘si mostra’ e l’uomo lo può ‘vedere’, ‘toccare’: nell’esperienza religiosa, l’iniziativa è di Dio. Dio si dà visibilità, egli viene. L’uomo non si può chiudere materialisticamente nel ‘suo mondo’, ha orecchi e occhi per riconoscere Dio come Dio. Tutta la realtà che lo circonda ‘simbolizza’ la presenza di Dio: i cieli narrano la gloria di Dio.
Ecco dunque il significato vero del Natale: accogliere nella fede Gesù è guardare Dio nel suo volto concreto. Natale è rivelazione di Dio come veramente è.
Dio ha un ‘nome’, quello che Gesù ‘mostra’ con la sua vita di vicinanza e di solidarietà con e in mezzo agli uomini. La via per incontrare Dio allora coincide con la ‘condivisione di una esperienza’, quella di Gesù: solo Gesù porta al Padre, perchè lo fa conoscere, perchè lo simbolizza sacramentalmente in ogni suo gesto e in ogni sua parola. Come per Gesù anche per ogni cristiano, il Dio da comunicare e da vivere non è un idea, un concetto, un sentimento di assolutezza, ma un evento di incarnazione, una vicinanza vera all’esistenza di ogni uomo, in qualsiasi situazione esso si possa trovare, ricco o povero, intelligente o incolto, potente o ai margini della società, bisognoso o sazio di beni materiali. Il Dio che in Gesù si dona un volto è, infatti, l’Amore non escludente, ma includente tutti e ognuno. Perciò è un Dio che si lascia incontrare in ogni esperienza di amore che porti le tracce vere e autentiche della sua verità, manifestata nella storia d’amore del Figlio suo, Gesù di Nazareth.
Ora, si potrebbero individuare tante esperienze, personali e pubbliche, sia di carattere civile che religioso, dalle quali si evince la tendenza degli uomini a disincarnare Dio per farlo diventare uno strumento a servizio delle proprie comodità. Questa operazione, purtroppo sempre più diffusa anche tra i cristiani, è tuttavia impraticabile per il cristianesimo: ne costituisce, infatti un tradimento del suo contenuto centrale. In particolare essa si riflette in quella tendenza, non rara nemmeno tra i cattolici, a privatizzare la fede, usandola e consumandola secondo interessi e gusti del momento.
Se Dio resta una idea, allora l’uomo può liberamente (=libertariamente, che è schiavitù) pensarla a modo proprio. Ma se Dio si è incarnato, l’uomo è soltanto libero di obbedire alla sua verità, cominciando ad accogliere il dono della sua rivelazione oggettiva, custodita nella fede della Chiesa. La verità di Dio salva. E’ però la ‘sua verità’, quella chiaramente manifestata nel gesto del Crocifisso per amore. Qui Dio manifesta la sua identità divina, inequivocabile: nella situazione dell’estrema impotenza della morte in croce, Dio è Padre, cioè Colui che rivela la sua onnipotenza nell’amore, perchè, anche quando gli uomini donano la morte al Figlio, Egli continua ad essere, nel suo perdono misericordioso, il Dio che dona la vita, sempre e oltre ogni ostacolo.
Se Dio è così, così dovrà essere anche l’uomo, fatto a sua immagine e somiglianza: l’amore, la vicinanza solidale, la carità non sono per il cristiano un optional, ma l’identità dell’esistere, per un motivo semplice: Dio lo ha incontrato.
 Perciò, scoprire Gesù è per il cristiano e per tutti una necessità di vita, il bisogno vero dell’esistenza. Proviamo allora ad assaporarne la ricchezza del suo mistero e a  goderne la bellezza, il cui splendore riempie di luce e di gioia i giorni degli uomini di buona volontà.
Auguro perciò a tutti di scoprire Gesù per poter vivere la ‘vita buona del Vangelo’, cui dobbiamo essere educati e a cui dobbiamo educare per essere sempre più e sempre meglio ‘umani’, cioè uomini felici e gioiosi di esistere perché capaci di portare agli altri gioia e felicità. Vi benedico nel Signore che av-viene e ci porta la pace.

24 Dicembre 2010

Messaggio per l’Avvento 2010 di S.E. Mons. Antonio Staglianò, Vescovo di Noto
Messaggio
27-11-2010

Ai carissimi fedeli dell’amata Chiesa netina, insieme ai vostri parroci e a quanti collaborano con il Signore e si sentono ‘servi ‘ operosi nella sua vigna, pace e benedizione.
Ma anche a voi, carissimi fratelli e sorelle che vi sentite lontani dalla Chiesa, perché ritenete di non condividerne le dottrine e la predicazione o gli stili di vita e gli atteggiamenti, pace e amicizia in Gesù, il cui messaggio di vita è sapienza e intelligenza, senso e verità per tutti.
Il tempo di Avvento è per i cristiani un ‘tempo liturgico’ importante. Li vuole preparare al Natale, cioè alla memoria della venuta nella carne del Figlio di Dio, il piccolo di Betlehem che è però una ‘buona notizia’ di speranza, di pace e di amore per tutta l’umanità, per ogni uomo ‘di buona volontà’, per tutti gli uomini amati da Dio, lo vogliano o no.
Così, il tempo di Avvento sviluppa significati straordinariamente decisivi per l’esistenza di chiunque ‘porti un volto umano’ e desideri renderlo veramente bello, contro ogni tentazione di abbrutimento, al di là di ogni inevitabile limite e debolezza. Se sei un uomo, poniti anche l’interrogativo: ‘sono umano?’. Se vuoi misurare quanto e come sei umano, domandati: ‘quali sono le forme concrete e gli spazi oggettivi o i tempi precisi nei quali splende la mia umanità’?
Per tutti, il tempo di Avvento, è tempo di interrogazione, di sosta per meditare e attingere nelle profondità del nostro essere, le esperienze elementari della vita che ci consentono di gustare la nostra umanità, la bellezza d’essere umani, per poterne partecipare quanti ci attendono sulla soglia del bisogno, delle tante povertà, dei grandi o piccoli progetti di solidarietà.


 

 

Messaggio per la Pasqua 2010 di S.E. Mons. Antonio Staglianò, Vescovo di Noto
Per animare la speranza del difficile cammino della nostra vita
Messaggio
01-04-2010

Il Triduo pasquale avvicina ognuno di noi al centro del Mistero di Cristo e della nostra salvezza, donandoci fino alla fine del mondo l’opportunità di riflettere su tre aspetti fondamentali della redenzione dell’uomo:  la passione dolorosa, il sepolcro e la resurrezione di Gesù. Sono episodi della vita di Cristo che diventano decisivi anche per la vita di ognuno di noi, se – e solo se – li facciamo nostri, li accettiamo nella nostra storia come l’unico itinerario possibile che ci consenta di non ridurre l’umano al solo umano e ci permetta di far rinascere ‘l’humanun magnificum ‘ che dimora nel cuore di ogni uomo e  lo rende capace di amare e di perdonare l’altro da sé, infinitamente di più, al di là di ogni malvagità e meschinità del vivere dei nostri tempi.
 E’ una esplosione di libertà straordinaria, che ci rende capaci di seguire Cristo generosamente e di aderire a Lui, anche quando questo significa accettare nel proprio quotidiano la Croce della morte prematura di una persona cara, della malattia incurabile di un genitore, della perdita di un figlio, di una condizione economica precaria, del tradimento di un amico, dell’emarginazione della società, di una guerra ingiusta e insensata, di un razzismo violento, della stessa depressione dell’anima.

 

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Messaggio di Mons. Staglianò per la Quaresima 2010: «Vince chi si fa dono nella libertà dell’amore: e se fosse vero?»
Messaggio
18-02-2010

Il cammino quaresimale ci prepara a rivivere il grande mistero pasquale della passione, della morte e della risurrezione di Cristo, illuminando di speranza l’intera nostra esistenza e offrendo a coloro che credono la possibilità concreta di una radicale conversione del cuore, l’occasione provvidenziale di una revisione  vera della propria vita, nella consapevolezza che percorrere questo itinerario spirituale ‘ nella carne e nello spirito’ significhi confidare senza riserve nella misericordia divina e accettare docilmente la volontà di Dio, qualunque essa sia e qualsiasi sia il ‘prezzo da pagare’. E’ grande la misericordia di Dio, perché allora intelligentemente non confidare in Lei come risorsa straordinaria per rendere la nostra vita più libera?
 L’ho ripetuto più volte, perciò sapete che dedicherò la mia prima Lettera pastorale alla Misericordia di Dio come ‘roveto ardente’ del nostro essere in comunione e del nostro edificare la comunità. In questo breve messaggio quaresimale, quest’anno, vorrei soffermarmi a riflettere in particolare su cosa significhi seguire Cristo sulla via della Croce e credere che la  passione sia il domicilio dell’Amore di Dio, il luogo della sua vittoria, il passaggio verso la Resurrezione.

 

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Messaggio per l’Epifania 2010 di S.E. Mons. Antonio Staglianò, Vescovo di Noto
Messaggio
05-01-2010

L’Epifania ‘tutte le feste porta via’

Ciò che si manifesta il ‘nuovo potere d’amore’ che Dio ha donato agli uomini


Natale è passato, ma resta la responsabilità per l’Evento, l’impegno dell’amore tra gli uomini, perché ci sia pace nel mondo e maggiore giustizia e solidarietà tra tutti noi. L’Epifania porterà via tutte le feste e però essa stessa è una festa che dura e permane nella gioia di venire a sapere quanto manifesta (epifania significa manifestazione): ‘il nuovo potere d’amore’ che la grazia di Dio permette agli uomini. E’ il potere generato dallo sguardo del Padre verso di noi suoi figli.
Ogni sguardo di padre verso il proprio figlio è sguardo di fiduciosa attesa e di timorosa speranza che il figlio germogli e cresca bene: la fede cristiana nel mondo è allora comprensibile come l’avventura della libertà dei credenti a crescere e germogliare secondo lo sguardo del Padre di Gesù. Che questa avventura non sia risolvibile nelle noccioline natalizie di qualche preghierina blaterata con la bocca o di qualche magistica partecipazione a cerimonie religiose lo capisce chiunque (non occorre una profonda fede per comprenderlo, basta un poco di testa). L’avventura invece pretende che la propria libertà si giochi, cioè si esponga, in nome di Dio verso l’altro ‘ chiunque altro ‘ in gesti concreti e visibili di carità (=agape) anche a costo del proprio annientamento, della perdita o rinuncia di sé, perché forte è l’affetto che mi lega a ogni persona: a costo della vita, vorrò amare.


«Belle parole. Siamo in fondo uomini, fragili, caduchi. Chi potrà essere all’altezza di questo sguardo del Padre. Rinunceremmo volentieri a una sguardo così esigente, costituiti come siamo in debolezza», direbbe il sapientone di questo mondo nella sua stoltezza.
E’ una seria obiezione che può far riferimento all’impotenza umana registrata nella storia, anche lungo il corso dei due millenni passati dalla nascita di Gesù (barbarie umane, guerre etc.). La memoria di quell’Evento benedetto del ‘Figlio di Dio nato da donna’ permane e ora manifesta e attesta un’altra verità: noi non siamo soli in questa impresa di diffusione dell’amore. Questo è anche epifania. Già, perché se il Figlio di Dio può nascere in un uomo, vorrà pur dire che l’uomo ‘ per quanto fragile e povero ‘ può tuttavia contenere la sua immensità divina. L’esagerare l’incapacità dell’uomo (la sua debolezza esistenziale) è un modo a un tempo sottile e superficiale di sfuggire al dono dell’Incarnazione: questo dono dichiara che l’uomo può ‘nella grazia dell’unione di sé con Dio ‘ vivere nell’obbedienza dei comandamenti del Padre, maturando e crescendo come il Padre si aspetta dai suoi figli.


L’impresa sarebbe umanamente impossibile se non ci fosse l’unione di Dio con l’uomo. Questa unione però c’è stata in Gesù e continua ad esserci nel battezzato, riempito di Spirito Santo (anche Lui ‘Dio in persona’ presente veramente nel cuore del credente). Lo hanno sottolineato i Padri della Chiesa: l’uomo è capax Dei, è capace di Dio. Questo annuncia l’Epifania dell’Incarnazione: l’uomo è vero uomo perché è unito a Dio, perché permette a Dio di abitarlo, perché fa spazio alla presenza di Dio nella sua vita e riempie il suo tempo di eternità. L’uomo vero accade quando l’Eterno incrocia la nostra fragile temporalità, compiendola, rilanciandola verso orizzonti di pace, di giustizia, di servizio, di amore.
 Dunque, alla banalità di chi afferma ‘sono un uomo, non ce la posso fare’, l’Epifania contrappone la luminosa sapienza ‘ce la puoi fare se sei un uomo’. Già, perché essere uomini significa ‘ dall’Incarnazione in poi ‘ essere stati resi capaci di una avventura nuova di vita, misurata dallo sguardo esigente ‘ e premuroso (ricco di misericordia) del Padre: quella di vivere nel tempo l’Eternità, vivendo la vita come vita, per esempio, nella fedeltà all’amore dichiarato ‘una volta per tutte’ nel matrimonio o nella consacrazione a Dio.


 ‘Una volta per tutte’ è il linguaggio dell’amore che non è amore se non è definitivo. L’Incarnazione consacra questa definitività una volta per tutte. Il cristianesimo allora non sarà lo sfogo psicologico e sentimentale del ‘buon Natale’, non è ‘questione di cibo o di bevande’ per l’incremento della nostra società dei consumi (ah!! il consumismo natalizio, fuso senza coscienza con qualche piccola offerta fatta ai negretti dell’Africa che muoiono di fame). No, il cristianesimo è la traccia storica della possibilità del linguaggio dell’amore ‘ una volta per tutte -, amore che è più forte della morte. ‘Quella grotta è uno specchio/ Dio nasce ancora/ adesso/ solo in te’.


1 Gennaio 2010
Festa di Maria, Madre di Dio

Messaggio per il Natale 2009 di S.E. Mons. Antonio Staglianò, Vescovo di Noto
Natale: è evento che cambia la storia e non buonismo sentimentale
Messaggio
22-12-2009

Le feste natalizie, ogni anno, inducono in ciascuno un sentimento di particolare bontà: a Natale si è tutti un pò più buoni. Il pensiero che Dio stesso in persona (= nella persona del Figlio) venga ad abitare tra gli uomini e che lo faccia nascendo in una condizione miserevole (= in una grotta), fuori dalla mura della città (= buttato fuori) commuove il cuore più freddo, suggerisce compassione. Il bimbo nato a Betlemme diventa poi il simbolo dei tanti immiseriti della terra, dei tanti piccoli di uomini senza cibo o vestiti: quanto basta per decidersi ‘ una volta tanto (o una volta all’anno)- per un piccolo gesto di solidarietà ‘chiamato in gergo tecnico, ma non senza equivoci, ‘carità’.
Penso spesso alle ‘anastesie locali o totali’ di noi cristiani (mi ci metto dentro per primo, per non dare l’impressione di far del moralismo) nel tempo che ricorda l’Incarnazione del Figlio di Dio, o forse sarebbe meglio dire, nel tempo in cui si fruisce esteticamente della sua apparizione sul teatro del mondo: alla fine chissà perché ‘il presepe è proprio bello da vedere’, notando i particolari e i singoli personaggi della scena centrale (Maria, Giuseppe, il bambino, il bue e l’asinello etc.).
Vorrei attirare l’attenzione sui ‘pastori’, quelli che riconoscono nel segno umile di un nascituro una presenza straordinaria di Dio alla vita dell’uomo perché ‘poveri’ (senza grosse pretese o fantasie su Dio, desiderosi di vederlo e basta). Beata quella condizione di povertà tanto preziosa per accedere alla visione del nuovo volto di Dio mostrato nel piccolo di Betlemme quanto inesorabilmente sfuggita da tutti quelli che ‘religiosamente’ pretendono vivere il santo Natale e ‘irreligiosamente’ ne evadono il suo potente significato di appello al cambiamento radicale della vita: già, perché di questo si tratta a Natale.
L’Incarnazione del Figlio di Dio dice un fatto: Gesù non è semplicemente un uomo tra gli altri, ma è l’uomo vero, pieno, perfetto, perché è identico a Dio, è Dio nella sua identità di Figlio. Questa verità, che riguarda Lui, ne sviluppa però altre che toccano significativamente noi. Almeno a una di queste vorrei brevemente accennare per meglio assaporare il gusto di un Natale ‘santo’ perché santificante, un Natale cioè che porti santità nella vita degli uomini, in termini di nuova amicizia, di riconciliazione degli affetti feriti, di rinnovamento fiducioso della fratellanza tradita, di rinascita di vera e giusta solidarietà, al di là della verbosa retorica dei discorsi di occasione.
Tento una sola puntuale considerazione:
In Gesù, il Figlio di Dio è tra noi. I suoi occhi racchiudono il mistero di uno sguardo che manifesta la cura infinita di Dio per l’umanità. In Lui il Padre ci guarda in modo nuovo, dichiarando la sua radicale donazione e dedizione alla nostra vita. Ecco la buona novella: in Gesù Dio non è più genericamente Dio, ma è il Padre dell’amore e della misericordia. La fede che accoglie questo annuncio cambia la storia, poiché Dio non è allora una entità anonima collocata nell’alto dei cieli (per altro mai raggiungibili) ‘ Dio non è un sentimento vago di infinito o la percezione del Tutto avvolgente ogni cosa -, ma è Padre, cioè un Dio che ha volto, che ha nome, che è persona e che, pertanto, agisce, ama, entra in contatto, pretende spazio nella esistenza quotidiana di ogni uomo. Dall’Incarnazione in poi, a Dio si accede nella ‘carne’ dell’uomo (‘non puoi dire di amare Dio che non vedi se non ami il fratello che vedi’ o ‘chi dice di amare Dio e non osserva i comandamenti è un bugiardo’): ogni processo religioso di spiritualizzazione che distacchi Dio dalla vita concreta della gente è una falsificazione del Padre di Gesù. E se la vita umana scorre tra gli affetti e il lavoro, occorrerà allora che questo Dio incarnato proprio di questo si interessi. O meglio, bisognerà che i cristiani mostrino che Dio si è interessato della vita, da sempre e, particolarmente da quando facendo alleanza con Abramo gli promise figli e terra (= affetti e lavoro), fino a Gesù, il nato da un donna, Figlio di Dio, nella cui vicenda di solidarietà verso ogni uomo, di sofferenza e di morte-risurrezione, il Padre manifesta il profondo affetto che lo lega all’umanità: un legame nel quale il Figlio, per rivelare l’amore del Padre, gioca la sua stessa esistenza, spingendo il dono della vita fino a morire sulla croce.

 

23 Dicembre 2009

Messaggio per l’Avvento 2009 di S.E. Mons. Antonio Staglianò, Vescovo di Noto
Messaggio
07-12-2009

Avvento: tempo propizio per purificare l’attesa

Il ‘cuore’ della fede cristiana, il suo contenuto centrale, è la confessione che Gesù di Nazareth è il Figlio eterno di Dio nella carne umana. Venuto duemila anni fa, Egli preesiste rispetto alla sua stessa storia, essendo l’immagine e la somiglianza  in cui il Padre ha creato il mondo, pensando l’uomo e predestinandolo in Lui. Perciò la venuta di Cristo non è un fatto marginale per la vita umana. Essa, in realtà, ‘corrisponde’ all’attesa di ogni uomo, purchè questa venga colta nella sua dimensione più profonda. Gesù è misteriosamente cercato da ogni uomo.


Particolarmente oggi si percepisce il bisogno di Lui, perchè la storia degli uomini recuperi la sua dimensione autentica e la sua dignità, oltre il degrado della crescente ‘superficialità umana’. Nel tempo dello sviluppo e del progresso tecnologico esistono infatti segnali gravi di inciviltà. Si pensi alle contraddizioni del mondo opulento: i volti dei nuovi miseri della terra portano ancora i segni del ‘sangue di Abele’, denunciando l’indifferenza del fratello verso il fratello.


L’uomo però non si appaga di ciò che beve e mangia: il suo cuore è irrimediabilmente inquieto. C’è un Oltre che ‘urge’ dentro. L’uomo cerca, domanda, attende redenzione e liberazione. I grandi segni di speranza: le ansie e le aspirazioni umane non sono limitate, ma proiettate sul sempre più grande, sull’infinito. L’uomo è veramente in cammino e, se sosta un poco, al di là dei rumori assordanti delle banalizzazioni della propria esistenza, può scoprirsi ‘capace di Dio’, aperto alla sua manifestazione, in attesa del suo volto liberante.


Occorre tuttavia ‘purificare’ la nostra attesa.
Il rischio degli uomini è quello di ‘proiettare’ se stessi, pregiudicandola. I racconti dell’infanzia di Gesù chiariscono quanto grande sia questo pericolo: tutti attendevano il Messia, ma solo i ‘poveri di Jahwé’ lo hanno riconosciuto. I farisei attendevano un fariseo ligio alla legge e si scandalizzarono di Gesù perchè avrebbe trasgredito al Sabato per salvare l’uomo; gli esseni non hanno potuto riconoscere in Gesù il Messia perchè attendevano un ‘puro assoluto’ che non mangiasse e non bevesse etc.. così anche gli zeloti chiusero gli occhi di fronte alla realtà vera di Gesù a causa della sua inaccettabile predicazione del messaggio di pace e di amore rivolto anche ai nemici (i romani).


C’è però chi attende in modo vero, diventando il modello della nostra attesa: Maria dice ‘si’ all’autocomunicazione di Dio in qualunque modo essa si manifesti. La sua totale apertura alla rivelazione di Dio come Dio (cioè assolutamente libero di autodonarsi, senza pregiudizi di sorta) fonda una fede che permette l’Incarnazione del Figlio di Dio. Questa povertà (o la sua mancanza) sta alla base dell’accettazione (o del rifiuto) di Colui che è se stesso dall’eterno, prima di tutti i secoli, primogenito di ogni creatura, immagine del Dio invisibile, la predestinazione di tutti gli uomini alla salvezza: Gesù Cristo, il Figlio di Dio, venuto tra noi nella pienezza dei tempi [Cfr. Tutto il Prologo di Gv; Gal 4,4-7; Eb 1,1-4; Gli inni cristologici di Colossesi ed Efesini].


Se uomini e donne di questo nostro tempo non cercano più Gesù, o pensano semplicemente di poterne fare a meno, è forse perchè l’attesa del loro cuore è impedita, ostacolata. Un primo grande interrogativo riguarda allora la conversione di tutti, immettendo tutti in un cammino rinnovato di missione nella Chiesa alla ricerca di linguaggi nuovi per dire in modo più culturalmente efficace e autentico la verità liberante di sempre: cosa, oggi, inibisce un’attesa ‘vera’ [cioè libera] di Gesù, quale rivelazione salvifica di Dio per ogni uomo, bloccando l’apertura del cuore umano all’accoglienza del volto di Dio-Amore?


In questa prospettiva, occorre investire maggiori energie spirituali ed ecclesiali per controllare criticamente in se stessi e negli altri alcuni elementi culturali che sono dentro la mentalità dell’oggi e interagiscono negativamente con l’esperienza della fede cristiana, riducendone la sua rilevanza salvifica, trasformante la vita e l’esistenza quotidiana di ogni uomo. Si pensi soltanto a quanto forte sia, in alcune culture, la paura del giudizio dell’altro (del suo occhio) che spesso immobilizza il cristiano, precludendogli comportamenti che invece dovrebbero testimoniare la sua passione di verità, la sua adesione a Cristo anche a costo del sacrificio di sé e del proprio riconoscimento sociale. Oppure, più in generale, si pensi ai timori (anche economici, ma non solo) della vita che sono alla base della superficiale accoglienza di ogni  forma di superstizione e di magismo, incompatibili con il cristianesimo.


‘Ogni uomo cerca misteriosamente Gesù Cristo’, ma anche per l’onestà di questa ricerca è necessario pregare: ‘Fammi conoscere, Signore, le tue vie, guidami nella tua verità’ (Sal 25). Il tempo dell’Avvento è tempo propizio (kairòs) per purificare la nostra attesa di salvezza, cioè le nostre attese di vita, mentre il tempo della nostra esistenza scorre e passa inesorabilmente.

 

Noto, 8 Dicembre 2009
Solennità dell’Immacolata Concezione di Maria

Messaggio di Mons. Staglianò alla Diocesi di Crotone
Messaggio
29-06-2009

Carissimo Padre Arcivescovo, Mons. Domenico Graziani
Eccellenza Rev.ma Mons. Luigi Catafora
Confratelli amatissimi,
Religiosi e Religiose
Santo popolo di Dio,
e tutti voi, convocati e giunti qui, in questa Cattedrale di Crotone, per ricevere un annuncio che rende onore soprattutto alla nostra Chiesa locale,

vi ringrazio per la vostra vicinanza in quest’ora così significativa per me, bella e trepidante. Il Santo Padre, Benedetto XVI si è degnato di nominarmi Vescovo della Chiesa di Noto, nella Sicilia orientale, e a Lui va il mio pensiero traboccante di gratitudine e le espressioni della mia grande devozione.

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