In una sala gremita di operatori pastorali e fedeli, all’Oratorio Domenico Savio di Rosolini, si è svolto giovedì 1 marzo il secondo incontro unitario diocesano per l’anno pastorale in corso sul tema “Le fragilità di fede nella vita del cristiano”.
L’intervento introduttivo, presentato dal Vicario Episcopale per la Pastorale, don Rosario Gisana, ha evidenziato la dimensione della fragilità umana così come è intesa da S. Paolo in 2Cor 12,7-10. Una lettura della debolezza creaturale che si potrebbe definire paradossale perché diventa lo spazio dell’affidamento e il luogo della grazia, della onnipotenza divina, come per Cristo sulla croce.
Relatore dell’incontro, ancora una volta particolarmente apprezzato, padre Giovanni Salonia, che prendendo spunto dalla Lettera Pastorale del nostro Vescovo, “Misericordia io voglio”, ha condotto l’uditorio lungo i sentieri dell’animo umano, che egli ben conosce, e delle fragilità strutturali, svelando la connaturalità della dimensione umana della fede. Qualunque rapporto è fondato sulla fede in forza della invisibilità dei sentimenti che possono essere solamente creduti e non veduti. Allo stesso modo è impossibile vedere Dio, ma è possibile credervi, scoprire le tracce della sua presenza al di là di ogni contraddizione storica o umana e, come i testimoni che ci hanno preceduti, portare tale presenza nel mondo anche nei momenti in cui la fede sembra trovarsi in difficoltà. Infatti non vi è fede senza dubbio o conflitto. La vera fede, la fede della Chiesa, nella quale si cammina assieme sostenendosi a vicenda, è una fede che vive nella precarietà e allo stesso tempo si affida docilmente al Padre, consegnandogli la propria fragilità. È un modo di relazionarsi a Dio che smonta ogni idea di perfezionismo e autoreferenzialità. È fede che permette di cogliere le tracce della bellezza di Dio non solo nella storia ma anche nel fratello fisicamente o moralmente sfigurato, che spesso nasconde un dolore indicibile. Una fede che rende il cristiano competente nella lettura del dolore altrui e quindi aperto alla prossimità e capace di misericordia. È una fede che cambia anche il nostro modo di fare festa nelle celebrazioni di pietà popolare perché trasforma queste occasioni in momenti di condivisione con la gioia di un fratello che ha sperimentato il perdono o del povero che è stato visto.
E proprio “La Pietà Popolare” è il titolo del sussidio pastorale presentato al termine dell’incontro da don Ignazio Petriglieri, Vicario Episcopale per la Cultura. Un lavoro che, attraverso una lettura di alcuni testi del Magistero, si propone di sensibilizzare presbiteri, diaconi, catechisti e operatori pastorali sulla necessità e sulla possibilità di rendere le nostre feste religiose più qualitativamente cristiane.