Una consolazione per un pastore, ha detto subito il Vescovo, guardando l’Oratorio San Domenico Savio strapieno. Non per un fatto quantitativo, ma per una Chiesa – ha sottolineato Mons. Staglianò – che rende visibile la sua comunione, per una Chiesa che nel tempo dell’immunitas, nel tempo di un individualismo difensivo e reattivo, si lascia radunare per vivere e per offrire a tutti la fraternitas. C’erano veramente tutti: catechisti, animatori della liturgia e della Caritas, religiose, aggregazioni laicali, pastorali familiare e giovanile, tutti chiamati, nessuno escluso – per questo il Vicario generale ha ricordato anche il Seminario – ad iniziare insieme l’anno pastorale e dare tutti un contributo di riflessione e di conversione. L’incontro unitario infatti avvia l’anno pastorale, ma al centro del cammino ci sarà dal 23 al 25 novembre il Convegno in cattedrale collocato all’inizio dell’anno liturgico, e quindi ancora due incontri unitari, in quaresima e nel tempo pasquale, a ritmare un cammino che avrà nei vicariati e negli incontri particolari delle parrocchie e dei gruppi i luoghi di un confronto effettivo, che potrà non solo preparare e dare continuità al Convegno, ma anche diventare concreta comunione e soprattutto fonte vivificatrice delle relazioni e della sapienza pastorale. Al cuore del cammino ci sta la consapevolezza che questo riunirsi viene da Dio, dalla sua misericordia – tema della prima lettera pastorale di Mons. Staglianò, di imminente pubblicazione – e del cammino di un triennio pastorale. Al cammino e al primo incontro ci si è introdotti con la preghiera: con la recita dell’Adsumus e con un’intesa meditazione biblica di don Rosario Gisana, Vicario per la pastorale, sull’assunzione da parte di Cristo della nostra fragilità, sull’educazione di Dio ad accettare e consegnare le nostre fragilità come aspetto caratterizzante la sua sollecitudine per l’umanità. Questa consapevolezza si è approfondita nella densa relazione di Padre Giovanni Salonia, partendo dall’importanza – “in un mondo fatto solo di punti esclamativi, senza punti interrogativi” – del “lasciarsi educare” e mettendo al centro la misericordia come fatto dalla parte di Dio, di un Dio che rincorre l’uomo fino ad inviare il Figlio, perché si riannodi il legame rotto dal peccato. Nel Figlio impariamo ad accogliere la fragilità della vita, con i suoi limiti e i suoi difficili perché, senza interrompere il rapporto con il Padre, anche nei tempi del suo silenzio, anche solo gridando a lui. La fragilità accolta ci fa tutti più umani, evita rancore e violenza. La fragilità accolta diventa dono per il mondo, dono da offrire da fratelli, senza giudizio, senza sentirsi superiori. La fragilità accolta diventa fragilità consegnata quando impariamo a dire “sia fatta la tua volontà”. Sull’esempio di Maria, la cui icona “scritta” dalle Clarisse di Paganica, accompagnava l’incontro, chiedendo a Lei nella preghiera finale “una salda speranza, una carità sollecita, una fede indefettibile”.
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