“Viviamo più poeticamente la nostra esistenza; respiriamo più umanamente i nostri rapporti”. Con queste parole il nostro Vescovo, Mons. Antonio Staglianò, ha concluso il suo intervento a chiusura del Convegno “L’anima poetica di Mons. Antonio Staglianò” organizzato dalla “Biblioteca Alagoniana” che si è svolto a Siracusa sabato 16 aprile 2016. Teologia, poesia e canto sono stati i contenuti di una serata gradevolissima che ha richiamato presso il Centro Convegni – Salone “ San Giovanni Paolo II” del Santuario Madonna delle lacrime un vasto e competente pubblico. Ed è stata proprio la declamazione di talune poesie di Staglianò, lette da Cristina Mirto, ad aprire la serata dopo un breve saluto del Rettore del Santuario, Mons. Aliotta. Il Convegno dedicato al “poeta-teologo” Antonio Staglianò è iniziato con l’introduzione di Mons. Giuseppe Greco, direttore della Biblioteca Alagoniana e promotore dell’iniziativa culturale, che ha sviluppato sapientemente il tema “ Quando la teologia si trasfigura in poesia”. Per Mons. Greco, infatti, “ la poesia di Mons. Staglianò è << Veritatis splendor>>. Splendore della Verità della Rivelazione di Dio. La rivelazione di Dio è la somma Verità, è la verità assoluta. E questa poesia si nutre della Parola di Dio: la Parola di Dio incarnata nella storia”. La poesia vive tra intuizione e ispirazione, ha proseguito Mons. Greco, perché “ l’ispirazione è necessaria per la poesia ; ancor di più è necessaria per la poesia religiosa”, che, ha affermato, “ proviene dal soffio dello Spirito, che soffia dove vuole”. La poesia di Mons. Staglianò, ha proseguito, “ è una immersione nel Mistero. Nel Mistero di Dio, che è un Mistero di Amore, sorgente e foce del mistero dell’uomo”. In questo contesto, ha affermato, “scopriamo la relazione profonda che esiste tra poesia e preghiera”. Anche perché, ha concluso, “ molte poesie di Mons. Staglianò sono preghiere: preghiere di invocazione, preghiere di ricerca, preghiere di dolore e di speranza”. Con la relazione del Prof. Don Massimo Naro, docente di Teologia presso la facoltà Teologica di Sicilia (Palermo), il convegno è entrato nel vivo, grazie alla bravura del relatore che ha dimostrato di essere un valido critico e un profondo conoscitore della produzione poetica di Mons. Staglianò. Anche perché, ha affermato , “ di mons. Tonino Staglianò conoscevo già la buona vena poetica e la suggestiva produzione lirica, perché egli puntualmente ‒negli anni scorsi ‒ mi ha fatto dono delle sue raccolte di versi (anni fa, quando iniziai a insegnare teologia trinitaria, mi fece pervenire ‒ a mo’ di amichevole augurio di buona riuscita ‒ una sua poesia sulla Trinità, che io ancora leggo, ogni anno, ai miei studenti, a conclusione del mio corso). Lo sapeva, dunque, già poeta,” ma soltanto ora – ha affermato-, assecondando l’invito di mons. Greco, mettendomi davanti tutti i volumi in versi di mons. Staglianò, mi rendo conto che la sua vena poetica è feconda oltre che buona, e che la sua produzione lirica è abbondante oltre che suggestiva” Nella produzione di Staglianò, ha affermato, c’è addirittura, “ materiale sufficiente per una tesi di laurea”. Una produzione che Naro, sinteticamente descrive: “ Ben sette volumi di Sporadi poetiche, come lui stesso le chiama, e almeno altri quattro volumi di componimenti poetici occasionati dai suoi viaggi in Terra Santa, o fioriti come espressione del suo ministero episcopale nella diocesi di Noto, o dovuti all’evento improvviso e doloroso della scomparsa di suo fratello Pino” Anche perché, ha proseguito, “ l’autentica teologia non può non esprimersi, a un certo punto del suo percorso di maturazione, anche in buona poesia”. La teologia non è poesia, ha precisato, “ la poesia però attrae la teologia ricordandole l’incatturabilità ultima dell’Evento d’amore da cui essa proviene e sorge». E volendo chiarire “come si può intendere il rapporto fra teologia e poesia”, il Prof. Naro ha affermato che “ è già nella Bibbia che la teologia si esprime in forma narrativa e orante, dunque in qualche misura poetica, più che argomentando dimostrazioni. Si pensi al secondo versetto del salmo 62: «O Dio, tu sei il mio Dio»; è, questa preghiera, poesia e teologia al contempo”. La teologia cristiana, che pur raffinerà sempre più i suoi metodi scientifici, ha proseguito, “non cesserà mai di essere sapienza prima ancora che scienza”. Tornando più propriamente alla produzione poetica di Mons. Stagliano, il Prof. Naro ha voluto citare taluni pareri espressi al riguardo da autorevoli personalità. Ha iniziato con ciò che dice il Cardinale Gianfranco Ravasi nella prefazione a “Terra di ogni madre” di Staglianò, definendo il libro stesso «uno scritto “ibrido”, pronto a incrociare poesia e riflessione teologica», in cui comunque «i due registri, quello teorico e il lirico, non si respingono ma si fondono», giacché ‒e questa mi pare l’affermazione più felice e giusta ‒il poeta è come un «innamorato che, però, non cessa di essere teologo». E al complimento di Ravasi ha accostato quello che Giovanni Mazzillo, anche lui teologo, formulava nella post-fazione di Sporadi 2, giustamente facendo notare che quello di Staglianò è, nei suoi versi, un «modo poetico di fare teologia». Nondimeno lo stesso Mazzillo scriveva in quella sua post-fazione: «Bisogna ammetterlo: Che Staglianò sia poeta in questo senso, emerge con evidenza soprattutto dai suoi versi più recenti, quelli composti dacché è vescovo: l’indole pastorale di questi versi finisce per riformularli come esplicite preghiere, rivolte alla Madonna (per esempio quelle che si leggono in Sporadi 7, anche se già nelle raccolte precedenti si incontrano belle preghiere mariane, giacché l’autore già da prima è animato da un’attitudine pastorale che lo induce a comporre versi proprio per sottolineare il progresso del suo cammino presbiterale: a 10 anni, a 15, a 18, e così via…); oppure rivolte a san Corrado, patrono di Noto e dei netini, la cui devozione popolare il poeta-pastore (come giustamente sottolinea mons. Gianni Ambrosio, quando scrive che in San Corrado racconta ormai abbiamo a che fare non più solo col teologo o col poeta, ma anche col pastore) interpreta e riesprime, ricollegandosi a una tradizione antica che risale sino a Paolino di Nola e ai suoi carmina natalicia in onore di san Felice martire. La pietà popolare diventa, così, nei versi di mons. Staglianò, epifania alta di fede ecclesiale, che ha la medesima serietà dell’ontologia, giacché dell’essere-credente è espressione. I versi che raccontano la conversione di san Corrado ne sono riprova emblematica: Ora sono chi non ero prima […] Sono sempre io, ma più io non sono”. Questa poesia tattile , conclude Naro, “è adatta per cantare l’evento: lo racconta di nuovo e ancora, riscrivendo i salmi e i vangeli, non nella forma del commento esegetico o teologico, ma come eco personale. La poesia di Staglianò mi pare raggiunga la sua più bella espressione proprio quando si propone come riscrittura delle Scritture. Per esempio, i “trittici” composti in Sporadi 5 sono tutti riscritture dei salmi. Oppure le poesie Ramo di mandorlo e Un’eco dell’amore, in Sporadi 6, sono riscritture di Ger 1,11-12: «…vedo un ramo di mandorlo». Per concludere, ha affermato il Prof. Naro, “mi limito a una sola, ultima, citazione, ricorrendo ai versi di Tu basti, in Sporadi 2, che mi sembrano la riscrittura ‒implicita, personale ‒di Sal 62,2: Ho tutto e più / di quanto serve / meno però / di quanto basti […] Perché basti / solo Tu / Signore mio e mio Dio”. Un applauso prolungato, quasi interminabile, è stata la risposta più naturale del pubblico che è rimasto letteralmente affascinato dalla brillante relazione del professore. Prima dei ringraziamenti del protagonista della serata, c’è stato anche lo spazio per un intermezzo musicale che ha dato un tocco particolare al Convegno. Accompagnata dalla chitarra classica di Salvatore Xibilia, il soprano Mirella Furnari ha eseguito “ La Vergine degli Angeli” di Giuseppe Verdi.
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