È composto da 49 membri il folto gruppo che, presieduto dal nostro Vescovo, mons. Antonio Staglianò, si recherà in Africa, nella Chiesa gemella di Butembo-Beni, Nord Kivu del Congo, il prossimo 9 gennaio 2010, per fare poi ritorno a Noto in due gruppi (un primo gruppetto di dieci persone compreso il Vescovo, ritornerà il 20 gennaio, mentre gli altri prolungheranno la loro permanenza fino a domenica 24), invece don Roberto Masinda, il sacerdote africano di Butembo-Beni, in servizio pastorale a Rosolini, si fermerà nella sua diocesi di origine fino al 17 febbraio 2010. Scopo principale di questo viaggio pastorale è di incrementare, sotto la guida del nostro nuovo Vescovo, che lo compie per la prima volta, il fecondo gemellaggio avviato dalla nostra chiesa cattedrale a Noto (quasi 22 anni orsono), il 21 aprile 1988 in occasione del 25° episcopale del nostro Vescovo emerito mons. Salvatore Nicolosi e con la presenza del Vescovo-“profeta” di Butembo-Beni di allora, mons. Emanuele Kataliko; gemellaggio che pose radici solide nel successivo viaggio di mons. Nicolosi a Butembo, nel gennaio 1990, durante il quale furono fissati i celebri 10 punti di concreto sviluppo dello stesso gemellaggio tra la nostra Chiesa di Noto e la Chiesa africana del Nord-Kivu. A partire da quel primo viaggio pastorale del gennaio 1990, si sono succeduti altri viaggi in Africa, ben concatenati e ricchi di frutti, dei successivi Vescovi di Noto: mons. Giuseppe Malandrino nel gennaio dell’anno giubilare 2000 e mons. Mariano Crociata nel gennaio 2008, mentre le analoghe visite dei Vescovi di Butembo-Beni a Noto (di mons. Kataliko negli anni ’90 e del suo successore, mons. Melchisedech Sikuli, in questi primi anni del 2000) sono state anch’esse visite pastorali molto arricchenti, che hanno portato a noi europei, appesantiti dalle scorie della cultura consumista e nichilista, la freschezza di una Chiesa africana giovane nella fede perché molto provata dalla sofferenza. Tessendo anno dopo anno rapporti spirituali e culturali non solo tra le due diocesi, ma soprattutto tra parrocchia e parrocchia, conoscendoci personalmente, ci siamo inoltrati nel solco fecondo della rinnovata ecclesiologia di comunione, universale e particolare, del Concilio Vaticano II. Il cammino su questo solco, d’altra parte, è stato approfondito anche dagli innumerevoli viaggi, dalla fitta corrispondenza epistolare, dal dono a Noto di esemplari presbiteri butembesi e dalle considerevoli realizzazioni socio-promozionali (vedi Centro Nutrizionale “Giorgio Cerruto”, incremento dell’Università Cattolica di Butembo, turbine per l’elettricità, ospedali, scuole, ambienti catechetici ed educativi, ecc.) che hanno costellato questi 22 anni di crescente gemellaggio, condotto dall’azione imprevedibile dello Spirito, attraverso il coraggio e la generosità di operatori pastorali, culturali e sociali di ambedue le Chiese sorelle. Ed ecco giunti a un’altra tappa: il primo viaggio pastorale a Butembo, voluto ed animato da mons. Staglianò, con una partecipazione numerosa (quasi 50 membri) e articolata (ben 9 sacerdoti e 39 fedeli laici da quasi tutti i vicariati, giovani e adulti, con variegate qualifiche pastorali, sanitarie, agrarie, commerciali, imprenditoriali ed educative), allo scopo di sviluppare in modo sempre più concreto sia il Centro Nutrizionale annesso alle crescenti facoltà dell’Università Cattolica di Butembo-Beni, sia i circa 30 gemellaggi tra le parrocchie delle due diocesi sorelle. In particolare, poi, questo viaggio si propone anche l’attuazione di due specifici obiettivi: a) un progetto pilota di autosufficienza alimentare della popolazione; b) un progetto ospedaliero, probabilmente nella città di Beni, in memoria di Pino Staglianò, fratello del nostro Vescovo, scomparso improvvisamente lo scorso 8 ottobre. Ma cosa troverà la nostra delegazione in Africa? Senz’altro una Chiesa rafforzata nella fede, nella speranza e nell’abbraccio della croce di Cristo, perché è al coraggioso servizio di un popolo tuttora oppresso e dimenticato sotto il gioco di indescrivibili vessazioni (specie sulle donne e sui bambini) e di insopportabili ingiustizie, di cui i mass-media, ben controllati dai potentati economici internazionali, solo raramente ci danno notizie, oltretutto ben ovattate per nascondere la vera causa di questa reale tragicità. Qualcosa, grazie a Dio, ce la presenta periodicamente e con coraggiosa verità il quotidiano cattolico Avvenire. La terza pagina dello scorso 6 dicembre è interamente dedicata alla assurda ed inumana tragedia, del Kivu nel Congo, sia al Nord (dove si trova la nostra diocesi gemella) che al Sud. Basta riportare qui i principali titoli di questa pagina-servizio: “Kivu, la maledizione delle miniere, solo guerra e morte”; “Un paese lacerato, dopo 15 anni di guerra. Si stima che 5 milioni di persone abbiano perso la vita, due milioni gli sfollati. Le responsabilità pesano sui grandi Paesi, sui governi occidentali, che favoriscono la politica del caos per comprare minerali da intermediari”; “Le Nazioni Unite, solo ora, dopo 10 anni, ammettono che la loro missione è stata un fallimento”; “Oltre 50mila donne violentate e7 bambini su 10 vivono in condizioni di miseria estrema”. E nell’ambito di questa stessa pagina, il corrispondente di Avvenire da Bukavu (Sud Kivu), Anna Pozzi, riporta una impressionante e severa dichiarazione del Vescovo di Butembo-Beni, mons. Melchisedech Sikuli, definito dalla giornalista “voce coraggiosa della Chiesa e della società civile congolese”. Ecco quanto afferma mons. Sikuli: “ Le ricchezze minerarie del nostro Paese sono una delle ragioni di questo conflitto senza fine, in cui gli stessi congolesi si combattono gli uni contro gli altri. È una situazione di violenza, ingiustizia, sfruttamento che non possiamo più tollerare. Resta la speranza che il male non avrà l’ultima parola”. Ecco, dunque, la tragica realtà del territorio della Chiesa africana, nostra gemella, verso cui il nostro Vescovo si accinge ad andare incontro. È un viaggio pastorale mosso da lucida e coraggiosa intraprendenza evangelica, pronta anche al rischio di andare controcorrente rispetto alle forze oppressive di chi è accecato “dalla fame dell’oro”. Auguriamo che questo viaggio, veramente fraterno, in cui noi tutti ci sentiamo coinvolti, possa produrre frutti copiosi , frutti che vogliamo anche implorare con la nostra incessante preghiera.
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