IL SUD? UNA SPERANZA PER L’ITALIA

“Il Sud, da parte più irresponsabile del Paese e più sfortunata in base ai punti di vista, può diventare l’angolatura prospettica di una circolarità aperta, tesa tra terra e cielo”. L’ha sostenuto ieri sera, a Castiglione Cosentino, il Vescovo di Noto monsignor Antonio Staglianò, teologo consulente del Servizio nazionale della Conferenza episcopale italiana per il progetto culturale, che ha discusso del suo nuovo libro intitolato “Una speranza per l’Italia” (Edizioni Paoline) con il presidente della Commissione contro la ‘ndrangheta della Regione Calabria Salvatore Magarò ed il capogruppo dell’Udc nello stesso Consiglio regionale Alfonso Dattolo.
La tesi centrale del libro, oltre a guardare al Sud come ad una risorsa e non come ad una zavorra, è che “il Sud, anche se resta una terra amara – ha spiegato il vescovo – per i pesi che ancora porta, in un tempo non facile dove da una parte si festeggiano i 150 anni dell’Unità e dall’altra si cerca di dividere il Paese, può costituire una speranza, una sorta di laboratorio della speranza per l’Italia intera”.
Monsignor Staglianò ha posto l’accento sulla “ricchezza culturale, umana e valoriale della gente del Sud. Qui ancora – ha sostenuto – terra della modernità incompiuta, possiamo ritrovare nella contemplazione la forza sorgiva di una vita più trasparente. Il Mezzogiorno può diventare un laboratorio in cui esercitare un modo di pensare diverso rispetto ai modelli che i processi di modernizzazione hanno prodotto. Dando all’efficienza il giusto posto nelle cose da fare, lasciando il primato alle relazioni, allo stupore, alla gratitudine. Occorre rovesciare l’ottica per la quale le patologie del Sud nascerebbero da un deficit di modernità, forse proprio le insufficienze del Sud possono costituire una chance per tutelare la modernità dalla spirale senza ritorno nella quale sembra avviluppare il mondo intero in questo difficile congiuntura”.
Monsignor Staglianò, interpellato dal giornalista Romano Pitaro sul tema dei cattolici in politica ha ribadito che “la Chiesa non è parte in causa, né intende parteggiare per questo e quello. Piuttosto, esige che i cristiani non siano superficiali, e che, anzi, dinanzi alle ingiustizie del mondo e della società, s’indignino, perché la fede, come insegnava sant’Agostino, non è in contrasto con la ragione la quale, al contrario, alimenta la fede. Non basta andare a messa per mettersi la coscienza in pace, bisogna dare forza alla fede e al nostro essere cristiani con i fatti e le opere. C’è un mondo che soffre, che ha bisogno di solidarietà vera e che ci chiama in causa direttamente; e il cristianesimo ha le parole che servono e le risposte giuste per frenare sia il nichilismo disperante di una secolarizzazione infinita e degradante, che il feticismo dello sviluppo ed il totalitarismo della tecnica”.
A sua volta, il presidente Magarò ha sostenuto che “il Sud deve ritrovare la fiducia nelle proprie capacità e impiegare le sue grandi potenzialità. Non è più il tempo di crogiolarsi stancamente dietro il lungo, lunghissimo elenco di cose che non funzionano. E’ invece il tempo di rinserrare le fila e riprendere un cammino insieme. Ci sono tanti percorsi viziosi che vanno corretti – ha aggiunto – ma altrettanti percorsi virtuosi vanno ripresi. La Calabria delle parrocchie prossime al dolore degli altri e quotidianamente impegnate a dare risposte ai bisogni di aiuto sono un esempio. Ma ci sono anche esempi di politica al servizio dei cittadini e la stragrande maggioranza di calabresi onesti, di buoni principi non corrotti dall’illegalità, che pure da noi è diffusa, e non sedotti dal malaffare. Ecco, questa Calabria deve ritrovarsi e costruire la rete su cui può germogliare il tessuto sociale della nostra rinascita. Ma per far ciò è necessario fissare gli obiettivi ed innalzarli a traguardi collettivi: identità positiva, ricambio generazionale, legalità, meritocrazia, qualità, perché in Calabria non abbiamo bisogno tanto di quantità, ma di processi compiuti, in grado di segnare un punto di svolta. La qualità sarà sempre più la cifra che caratterizzerà, d’ora in poi, la crescita capace di attestarsi anche come sviluppo”.
Il capogruppo dell’Udc Alfonso Dattolo, intervenendo nel dibattito ha apprezzato l’iniziativa del libro sul Mezzogiorno: “Ancora una volta – ha detto – mentre sul Sud si continua a non dire le parole giuste e a non fare le cose che il Mezzogiorno si attende, è la Chiesa, attraverso una delle sue espressioni più autorevoli com’è monsignor Antonio Staglianò, a stanare la politica e l’intellighenzia italiana che spesso guarda alle nostre realtà con occhio carico di pregiudizio. In questo difficile autunno della seconda repubblica, che mette in luce un Paese pericolosamente diviso, una classe dirigente stanca, un debito pubblico tornato a due decenni fa, un’elevata pressione fiscale e un’Italia sfibrata nel morale, mentre se si volge lo sguardo al Sud è solo per ribadire che dal Sud non può venire niente di buono, dobbiamo essere grati alla Chiesa se, sulla scia di importanti documenti elaborati dai vescovi sul Mezzogiorno, a partire dalla lettera collettiva del 1948 nella quale già si segnalava uno sviluppo distorto, per arrivare al documento del 2010 sul bisogno di avere un Paese solidale, si torna a parlare del Sud. Personalmente – ha concluso Dattolo – non so dove andrà a parare la crisi politica che è sotto gli occhi di tutti. So per certo, però, che la classe dirigente della futura stagione politica, non potrà che considerare la Chiesa e la sua dottrina sociale come un faro con cui, laicamente, come ci hanno insegnato don Sturzo e De Gasperi, illuminare i percorsi del governo della cosa pubblica”.