Esperienza di carità molto bella e significativa, ma occorre premere l’acceleratore e fare molto, molto di più

Più che una visita ufficiale è stata una sorpresa la visita del nostro vescovo S.E. Mons. Antonio Staglianò alla Mensa San Corrado nella calda domenica 15 Luglio 2012. Lo ha fatto per pranzare insieme alle persone che vi convengono da quando la Mensa è stata inaugurata qualche mese fa. In modo del tutto informale, si è presentato con una “polo” grigia, insieme al segretario don Nello Garofalo e ha “banchettato” con un gruppetto di bisognosi, con loro colloquiando, insieme al Presidente dei portatori di San Corrado e altri portatori e tre volontarie che hanno cucinato.
Abbiamo rivolto al Vescovo alcune semplici domande.
 
 
Perché questa sorpresa?
Giorni addietro mi è era stata fatta la proposta di visitare la Mensa e io ho accettato, approfittando di un giorno nel quale io stesso non sapevo “dove pranzare”. D’altronde ho voluto intensamente questa Mensa, come “segno” concreto della devozione del popolo netino a san Corrado. Ora che è l’esperienza è iniziata, era ben giusto che – dopo l’inaugurazione ufficiale di qualche mese or sono- venissi a “verificare” osa sta accadendo.
 
Un visita di controllo dunque?
Se il termine “controllo” non incutesse tanto timore (come accade per coloro i quali non vogliono essere “controllati” perché non fanno il loro dovere o stanno barando) direi proprio di sì. Lo sa poi che il temine episcopos significa proprio “controllore”. Guardi la faccenda è biblica: anche la sentinella del mattino “controlla” quanto le tenebre spariscono e dona l’annuncio di un “nuovo giorno”. Perciò – messa in questi termini – possono dire di essere andato a controllare come sta andando la Mensa, per avere sott’occhio le criticità e risolverle. Non basta avviare una iniziativa, è necessario sempre migliorala.
 
E quali sono stati i risultati di questo “controllo”?
Mi sono molto compiaciuto della struttura della Mensa, ariosa, assolata, pulita etc. Si respira poi un clima di fraternità. Per questo mi sono convinto che devo andarci più spesso anch’io. Ho parlato con i volontari (ancora troppo pochi, quelli operativi) e anche con le persone bisognose, anch’esse pochine, in verità. Le persone che vi afferiscono son contente, ma lamentano il fatto che la Mensa resta aperta solo due giorni alla settimana. Effettivamente è troppo poco. Bisogna arrivare almeno a 5 giorni, includendo – come si sta già facendo – la domenica, perché la domenica è “il giorno del Signore” e in questo giorno si deve organizzare nella Mensa qualcosa di più significativo, perché la gioia possa essere maggiormente vissuta e condivisa. Ringrazio don Sebastiano Boccaccio che ha preso a cuore questo impegno di grande carità. Con lui discuterò presto del da farsi per il migliore il tutto nel prossimo futuro.
 
Può anticiparci qualcosa che ha già in mente?
Volentieri. Se la Mensa non è il luogo dove semplicemente andare a “mangiare” (mangiare significa ingerire del cibo nello stomaco), ma dove andare a “banchettare”, allora la Mensa è luogo di accoglienza, di incontro tra persone che si riconoscono come tali e pertanto come “alla pari” possono “magiare e parlare”, confidarsi e ricevere ascolto e magari anche risposte concrete a problemi precisi. Molti di quelli che ho incontrato sono “in forze”, lamentano di non poter lavorare e giurano che lavorerebbero facendo qualsiasi cosa, anche nei campi. Assomigliano a quelli – di cui racconta Gesù- che se ne stanno tutta la giornata ad oziare perché nessuno li ha presi a giornata.
 
Cosa si può fare nel concreto?
Sono convinto che le comunità cristiane possono fare molto per qualificare l’accoglienza in questa Mensa. In fondo i poveri ci rappresentano al vivo Gesù e allora mi domando: se Gesù fosse qui in mezzo a noi, non lo inviterei a casa mia? E se anche non lo volessi fare perché mi sentissi indegno, non desidererei dal profondo del mio cuore sedermi a tavola con lui, anche in mezzo ai prati, offrendogli i frutti del mio lavoro, da mangiare? Si, certamente. Questo vuole dire che ogni cristiano deve educarsi a vedere Gesù dove Lui stesso ha detto di essere e di lasciarsi incontrare. Tutte le parrocchie ci devono pensare, specie la Domenica, per stringere strettamente il legame tra quello che in Chiesa si è vissuto (la celebrazione dell’Eucarestia) e quello che si può vivere per le strade degli uomini.
 
Mi scusi l’insistenza. Lei sostiene che le comunità di parrocchie e le parrocchie ci devono pensare, ma ha anche in mente qualcosa di operativamente proponibile per la gente delle parrocchie?
Non solo non scuso, ma ringrazio per l’insistenza sulle forme pratiche della carità da inventariare e proporre alla vita cristiana oggi. Già nel messaggio di Natale ho chiesto che lo si facesse, perché ritengo che nel popolo di Dio ci sia “tanta fantasia della carità”. Occorre essere creativi e in confratelli presbiteri se ne devono fare carico. Perciò ribadisco: pensiamo alle forme pratiche della carità con le quali organizzare la fede domenicale dei nostri parrocchiani. Bastano piccole mosse, per fare grandi cose. Per la Mensa di San Corrado, ad esempio: sarebbe così difficile che a gruppetti di famiglie, a turno la domenica, si potesse come famiglie “banchettare” con quelli che frequentano la Mensa? Un po’ di buona volontà, quella per cui ci sentiamo tutti fratelli e figli di Dio, seguaci della via che il Signore Gesù ha tracciato per vivere da essere umani, essere dono, diventare prossimo, praticare la giustizia della fratellanza. Buon lavoro, a tutti, a cominciare da me vostro Vescovo.