L’adorazione eucaristica è stata sapientemente ritmata dall’ascolto della Parola di Dio, da canti meditativi e dalla lettura delle biografie di alcuni martiri dei nostri giorni. Le testimonianze lette di Livatino, Don Puglisi, Impastato e altri ancora hanno indicato ai presenti come il martirio cristiano abbia a che fare con la fedeltà a Dio; il loro sacrificio ci ha ricordato che, prima o poi, arriva il momento in cui le creature più deboli devono essere difese contro i soprusi dei potenti, i quali sui bisogni dei poveri costruiscono il loro dominio; la loro morte ha ribadito che mettersi dalla parte dei poveri può disturbare, inquietare e può far pagare un prezzo, a volte fino al martirio cruento.
La riflessione del vicario generale, che ha presieduto la veglia di preghiera, ha evidenziato che ogni martirio trae origine e spunto dal primo martire per eccellenza, Gesù Cristo, e che la data del 24 marzo, scelta dalla Chiesa per ricordare tutti i martiri, nasce dal sacrificio di mons. Romero che in quel giorno del 1980 unì il suo sangue a quello del crocifisso. Il vescovo dei poveri venne assassinato proprio durante la celebrazione dell’Eucaristia; la sua unica responsabilità era stata quella di difendere la dignità del suo popolo, custodire i più deboli tra i Salvadoregni dalla bramosia di potere di uomini senza scrupoli.
Dai martiri si riceve una lezione di stile. La loro fedeltà è improntata a serena consegna di sé, nella consapevolezza che, costituendoci come sua famiglia, Dio ci affida anzitutto i poveri. A noi, se lo vogliamo, l’impegno a rimanere fedeli al nostro battesimo seguendo il loro esempio, “senza lasciarci corrompere il cuore dall’astio e dall’amarezza”.
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