Il 9 giugno è stata per il centro Italiano Femminile di Avola, una data importante per l’iniziativa che lo ha visto impegnato in un momento di riflessione sulla donna a partire dal pensiero illuminato del Beato Papa Giovanni Paolo II, che nel suo lungo pontificato ha elargito, a piene mani, all’associazione e al mondo intero, documenti, Encicliche, lettere dedicate proprio all’approfondimento del ruolo della donna nella Chiesa ed in ogni ambito della vita, sia essa civile, socio-politica che economica.
Ad aprire i lavori della serata, dedicata alla riflessione sulla donna, è stata la presidente del CIF di Avola, seguita da don Giuseppe Agosta, consulente ecclesiastico dell’associazione e dal Sindaco di Avola che ha portato al Vescovo il saluto della città.
A darci una lettura alquanto originale e moderna del tema affidatogli è stato proprio Sua Eccellenza, Mons. Antonio Staglianò, Vescovo della Diocesi, nonché poeta e scrittore, che abbiamo avuto modo di apprezzare per le sue numerose pubblicazioni.
Il nostro Vescovo, partendo da due interrogativi “Chi è la donna?” e “Quale è la sua verità?”, ci ha fatto riflettere sul fatto che conoscere ciò che ha detto Giovanni Paolo II nel suo Magistero sulla donna non può essere solo una questione dottrinale o più squisitamente culturale, ma deve significare un voler entrare nella grande verità sulla donna. Non si può allora prescindere dal chiarire “cosa è la verità” “Quid est veritas?” . Mons. Staglianò, giocando con le frasi e le parole fa l’anagramma della domanda e riferisce che la risposta sta dentro la domanda stessa “Est vir qui adest” ossia “è l’uomo che ti sta davanti”. Si capisce come allora il problema non sia semplicemente una questione femminile, come è stata considerata da più parti nel XX secolo dai movimenti e dalle associazioni femministe, ma piuttosto occorre leggere la questione in chiave antropologica. E Giovanni Paolo II riesce a leggere la donna nella sua verità, allo specchio della pienezza di umanità e di splendore della donna, Maria di Nazareth. La donna, pertanto, viene valorizzata in Maria di Nazareth, non in un mito, ma in una persona collocata nella storia e, dunque, nel tempo e nello spazio. Ed è Dio stesso che ci indica la straordinaria bellezza della verità sulla donna, concependola libera di pronunciare il suo sì o il suo no, così come fu per Maria, grazie alla quale e a partire dalla quale, possiamo comprendere la verità sulla donna e il suo corpo, fatto per accogliere, per liberare, per pacificare. A far da contro altare a questa visione della donna e della sua dignità, il Vescovo riferisce quanto la scrittrice Susanna Tamaro, sul Corriere della Sera del 17 aprile del 2010, esprime a proposito di una “mistica della promiscuità, che spinge le ragazze a credere che la seduzione e l’offerta del proprio corpo siano l’unica via per la realizzazione”, in nome di quel progetto di stampo femminista secondo il quale “il corpo è mio e me lo gestisco io”, inesorabilmente fallito.
Da qui l’esigenza di percorrere la via della questione antropologica che ci riporta a riconsiderare il concetto di relazione tra uomo e donna, che altro è rispetto alla relazione tra Adamo e le piante e gli animali del paradiso terrestre, con i quali Adamo non era in comunione. La creazione di Eva fa sperimentare ad Adamo l’unione profonda che è propria dell’unione coniugale, in cui la donna non sta accanto all’uomo, ma è tale perché gli sta di fronte, così come l’uomo può dirsi tale, quando nel vincolo con la donna, si pone di fronte a lei. A questo punto il Vescovo ritiene di doversi soffermare molto, in maniera forte, utilizzando un linguaggio diretto e a tratti fastidioso per una Chiesa che viene additata spesso come retrodatata, per le posizioni sin qui assunte, sull’amore coniugale. “E’ finita l’era del padre-padrone” dichiara Mons. Staglianò, “nell’atto amoroso c’è la fusione totale di anima e corpo e, riferendo la finezza lessicale dei Tedeschi, che utilizzano due vocaboli per indicare in modo distinto il corpo organico, il corpo-oggetto (Kӧrper) e il corpo umano, ossia il corpo-persona (Leib), accenna alla questione della comunicazione attraverso i media che portano a considerare la donna come “sospesa sul terribile crinale della sua mercificazione”, “persa nelle potenti fiumane della perversione imposta dalla nevrosi consumistica” che vede il corpo femminile, oggetto da esibire e da esporre per sedurre. Finisce il suo intervento il nostro Pastore esternando quanto gli stia a cuore che tutti noi si comprenda che occorre purificare il linguaggio dell’amore, facendo riferimento alla comunicazione dei media che utilizza in modo errato l’espressione “Fare l’amore” per sponsorizzare e pubblicizzare preservativi e alcuni passaggi di canzoni attuali, come quella di Giusy Ferreri, che sente l’esigenza invece di cantare “è da tanto tempo che non si fa più l’amore”. Il Centro Italiano femminile, assieme alle amiche ed amici intervenuti, farà tesoro delle indicazioni del suo Pastore per “puntare non tanto sulla donna o sul maschio, ma sulla persona e sulla sua dignità, custodita nel suo essere immagine di Dio”. (Ecce homo di Mons. Staglianò edito da Cantagalli, Siena 2007).