Nella notte del 25 Settembre è stata imbrattata la facciata di una delle tre case che si stanno approntando per la pronta accoglienza: la casa Sorelle Giurdanella, in pieno centro storico, sulla scalinata laterale della chiesa di San Pietro. Come tanti muri di scuole, case, piazze … con immagini che avranno avuto bisogno di un po’ di tempo, in netto contrasto con lo sforzo di questi giorni per ripulire, risistemare, ristrutturare questa casa (insieme ad altre due) e così accogliere che fa più fatica. Anzi, nella stessa notte c’era chi imbrattava e chi confrontava preventivi per l’arredamento e scriveva appelli per i fondi necessari. Rispondendo qualcuno che lo riceveva via mail (e che fa parte della Modica che sta bene): “dillo a tua madre!”. A dire come l’abbrutimento sembra più ampio, senza considerare cosa si trova sulla scalinata di san Pietro dopo i sabati e le domeniche sera: cartacce, bottiglie rotte, vomito … Ritorna il problema del vandalismo giovanile e non solo (anche ai ragazzini le famiglie permettono di stare fuori fino a notte inoltrata) e, poiché non è legato ad eclatanti azioni di criminali, si rischia di sottovalutarlo. Forse occorre invece vigilare perché indicativo di un lento ma sempre più consistente degrado, ma anche perché ancora forse lo si può fermare. Certo, ci vuole per questo un convinto e corale impegno, perché a questo livello ciò che più sembra mancare è l’educazione: quella che già ai bambini, a tutti i bambini, sa dire “no” per far comprendere i pericoli a cui stare attenti e i limiti da non superare, quella che ai giovani offre occasioni di crescita vera e luoghi di relazione, quella che impegna gli adulti a fermarsi per chiederci non “come ce la caveremo noi” ma “quale futuro per le nuove generazioni”. Rivolgiamo allora nuovamente un invito a tutti i soggetti educativi (famiglie, scuole, parrocchie) a ridare centralità alla riflessione educativa, a non tematizzare solo competenze, benessere, successo, forza, crisi, ma vita buona, rispetto, legalità, solidarietà, tenacia, sobrietà, bellezza. In una città in cui resta vivace la cultura, auspichiamo che essa diventi diffusa prevenzione, con la capacità di cogliere e accogliere anzitutto i più deboli, di guardare anche alle periferie. Il nostro cantiere educativo “Crisci ranni”, da questo punto di vista, non è solo una concreta, faticosa e povera esperienza di servizio educativo, ma anche un segno per tutta la comunità e, per noi stessi, un continuo interrogarci su come raggiungere tutti per prevenire e su come ritrovare un’anima per la nostra città, così che ragazzi e giovani non abbiamo più bisogno di dirci il loro disagio con la violenza o, peggio, con l’apatia.
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