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Lasciarsi educare da chi conosce il nostro cuore!

Una consolazione per un pastore, ha detto subito il Vescovo, guardando l’Oratorio San Domenico Savio strapieno. Non per un fatto quantitativo, ma per una Chiesa – ha sottolineato Mons. Staglianò – che rende visibile la sua comunione, per una Chiesa che nel tempo dell’immunitas, nel tempo di un individualismo difensivo e reattivo, si lascia radunare per vivere e per offrire a tutti la fraternitas. C’erano veramente tutti: catechisti, animatori della liturgia e della Caritas, religiose, aggregazioni laicali, pastorali familiare e giovanile, tutti chiamati, nessuno escluso – per questo il Vicario generale ha ricordato anche il Seminario – ad iniziare insieme l’anno pastorale e dare tutti un contributo di riflessione e di conversione. L’incontro unitario infatti avvia l’anno pastorale, ma al centro del cammino ci sarà dal 23 al 25 novembre il Convegno in cattedrale collocato all’inizio dell’anno liturgico, e quindi ancora due incontri unitari, in quaresima e nel tempo pasquale, a ritmare un cammino che avrà nei vicariati e negli incontri particolari delle parrocchie e dei gruppi i luoghi di un confronto effettivo, che potrà non solo preparare e dare continuità al Convegno, ma anche diventare concreta comunione e soprattutto fonte vivificatrice delle relazioni e della sapienza pastorale. Al cuore del cammino ci sta la consapevolezza che questo riunirsi viene da Dio, dalla sua misericordia – tema della prima lettera pastorale di Mons. Staglianò, di imminente pubblicazione – e del cammino di un triennio pastorale. Al cammino e al primo incontro ci si è introdotti con la preghiera: con la recita dell’Adsumus e con un’intesa meditazione biblica di don Rosario Gisana, Vicario per la pastorale, sull’assunzione da parte di Cristo della nostra fragilità, sull’educazione di Dio ad accettare e consegnare le nostre fragilità come aspetto caratterizzante la sua sollecitudine per l’umanità. Questa consapevolezza si è approfondita nella densa relazione di Padre Giovanni Salonia, partendo dall’importanza – “in un mondo fatto solo di punti esclamativi, senza punti interrogativi” – del “lasciarsi educare” e mettendo al centro la misericordia come fatto dalla parte di Dio, di un Dio che rincorre l’uomo fino ad inviare il Figlio, perché si riannodi il legame rotto dal peccato. Nel Figlio impariamo ad accogliere la fragilità della vita, con i suoi limiti e i suoi difficili perché, senza interrompere il rapporto con il Padre, anche nei tempi del suo silenzio, anche solo gridando a lui. La fragilità accolta ci fa tutti più umani, evita rancore e violenza. La fragilità accolta diventa dono per il mondo, dono da offrire da fratelli, senza giudizio, senza sentirsi superiori. La fragilità accolta diventa fragilità consegnata quando impariamo a dire “sia fatta la tua volontà”. Sull’esempio di Maria, la cui icona “scritta” dalle Clarisse di Paganica, accompagnava l’incontro, chiedendo a Lei nella preghiera finale “una salda speranza, una carità sollecita, una fede indefettibile”.
 
 
 
 
 

Master in Bioetica

Si informa che giovedi 20 ottobre 2011 avranno inizio le lezioni relative al Master di Bioetica istituito da questa Diocesi in convenzione con l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum.
Il Master avrà la durata di quattro semestri (due anni) al termine dei quali verrà rilasciato il relativo diploma.
 Il Master è indirizzato a tutti coloro che intendono inserire nella loro attività professionale lavorativa una maggiore consapevolezza delle questioni bioetiche: medici e personale sanitario, giuristi, insegnanti di religione, sacerdoti, religiosi e religiose.
Le lezioni per l’anno 2011-2012 si concluderanno il 17 maggio 2012 e si terranno , in modalità interattiva dal centro di viodeoconferenze dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, ogni giovedì presso l’Aula Magna del seminario Vescovile di Noto, dalle ore 15:20 alle 18:30,
Le iscrizioni si chiuderanno il 10 novembre 2011.
Le modalità di iscrizione e di partecipazione al Master sono contenute nella brochure allegata al presente comunicato stampa.
 
Per informazioni:
accesso al sito www. apra.org. oppure www.diocesinoto.it 
telefono 0931 573868 – 3887526985
 
 

Le nostre malattie e fragilità nelle braccia di un Dio che ci ama per primo

Il tema della misericordia di Dio, scelto dal nostro Vescovo per la sua prima lettera pastorale, ha subito fatto pensare alle nostre fragilità e alla possibilità di guardarle senza paura, di lasciarle incontrare con la cura di Dio. Con l’esigenza, avvertita in tempi di smarrimento e di crisi, di recuperare il valore del quotidiano, di rallentare i ritmi frenetici, per ritrovare la verità della vita nella relazione con se stessi, con gli altri, con Dio. La relazione, e non semplici contatti religiosi e sforzi morali! Si tratta anzitutto della relazione che Dio inizia con noi: da qui la ricerca di una sintonia con l’anno liturgico, che ha spinto a spostare in avanti il Convegno, all’inizio dell’anno liturgico. Dalla relazione di Dio con noi e di noi con Dio si generano autentiche relazioni ecclesiali, che si arricchiscono grazie ad un confronto come quello sperimentato al Sinodo – franco e leale – che solo permette di superare pericolose rotture e distanze e ritrovare, come esortò alla fine dell’evento sinodale Mons. Nicolosi e come ci ha spinto Mons. Staglianò con la comunità di parrocchie, nel camminare insieme l’essenza stessa della Chiesa. La relazione nella Chiesa locale avrà quindi una luce particolare dagli incontri unitari – il primo dei quali si tiene mercoledì 28 settembre – , con i quali ritrovare il filo che lega e non separa le dimensione essenziali della fede cristiana e ci colloca al cuore del Vangelo e della vita. E quanto alla sostenza dela relazione, come scrive padre Giovanni Salonia, relatore dell’incontro – relatore degli incontri unitari – «esa si invera e rigenera quando ogni partner lascia progressivamente i calzari del potere e della seduzione, della dipendenza e dell’accusa, per entrare in una terra a lui sconosciuta: la ‘terra di nessuno’ dove ci si riscopre – finalmente e unicamente – compagni di viaggio. Il cuore misterioso ed inesauribile del vivere insieme si colloca là, dove si geme per generare l’unicità che alla relazione si consegna per dare vita ad una relazione che l’unicità accoglie e custodisce».
 
 
 
 

IL SUD? UNA SPERANZA PER L’ITALIA

“Il Sud, da parte più irresponsabile del Paese e più sfortunata in base ai punti di vista, può diventare l’angolatura prospettica di una circolarità aperta, tesa tra terra e cielo”. L’ha sostenuto ieri sera, a Castiglione Cosentino, il Vescovo di Noto monsignor Antonio Staglianò, teologo consulente del Servizio nazionale della Conferenza episcopale italiana per il progetto culturale, che ha discusso del suo nuovo libro intitolato “Una speranza per l’Italia” (Edizioni Paoline) con il presidente della Commissione contro la ‘ndrangheta della Regione Calabria Salvatore Magarò ed il capogruppo dell’Udc nello stesso Consiglio regionale Alfonso Dattolo.
La tesi centrale del libro, oltre a guardare al Sud come ad una risorsa e non come ad una zavorra, è che “il Sud, anche se resta una terra amara – ha spiegato il vescovo – per i pesi che ancora porta, in un tempo non facile dove da una parte si festeggiano i 150 anni dell’Unità e dall’altra si cerca di dividere il Paese, può costituire una speranza, una sorta di laboratorio della speranza per l’Italia intera”.
Monsignor Staglianò ha posto l’accento sulla “ricchezza culturale, umana e valoriale della gente del Sud. Qui ancora – ha sostenuto – terra della modernità incompiuta, possiamo ritrovare nella contemplazione la forza sorgiva di una vita più trasparente. Il Mezzogiorno può diventare un laboratorio in cui esercitare un modo di pensare diverso rispetto ai modelli che i processi di modernizzazione hanno prodotto. Dando all’efficienza il giusto posto nelle cose da fare, lasciando il primato alle relazioni, allo stupore, alla gratitudine. Occorre rovesciare l’ottica per la quale le patologie del Sud nascerebbero da un deficit di modernità, forse proprio le insufficienze del Sud possono costituire una chance per tutelare la modernità dalla spirale senza ritorno nella quale sembra avviluppare il mondo intero in questo difficile congiuntura”.
Monsignor Staglianò, interpellato dal giornalista Romano Pitaro sul tema dei cattolici in politica ha ribadito che “la Chiesa non è parte in causa, né intende parteggiare per questo e quello. Piuttosto, esige che i cristiani non siano superficiali, e che, anzi, dinanzi alle ingiustizie del mondo e della società, s’indignino, perché la fede, come insegnava sant’Agostino, non è in contrasto con la ragione la quale, al contrario, alimenta la fede. Non basta andare a messa per mettersi la coscienza in pace, bisogna dare forza alla fede e al nostro essere cristiani con i fatti e le opere. C’è un mondo che soffre, che ha bisogno di solidarietà vera e che ci chiama in causa direttamente; e il cristianesimo ha le parole che servono e le risposte giuste per frenare sia il nichilismo disperante di una secolarizzazione infinita e degradante, che il feticismo dello sviluppo ed il totalitarismo della tecnica”.
A sua volta, il presidente Magarò ha sostenuto che “il Sud deve ritrovare la fiducia nelle proprie capacità e impiegare le sue grandi potenzialità. Non è più il tempo di crogiolarsi stancamente dietro il lungo, lunghissimo elenco di cose che non funzionano. E’ invece il tempo di rinserrare le fila e riprendere un cammino insieme. Ci sono tanti percorsi viziosi che vanno corretti – ha aggiunto – ma altrettanti percorsi virtuosi vanno ripresi. La Calabria delle parrocchie prossime al dolore degli altri e quotidianamente impegnate a dare risposte ai bisogni di aiuto sono un esempio. Ma ci sono anche esempi di politica al servizio dei cittadini e la stragrande maggioranza di calabresi onesti, di buoni principi non corrotti dall’illegalità, che pure da noi è diffusa, e non sedotti dal malaffare. Ecco, questa Calabria deve ritrovarsi e costruire la rete su cui può germogliare il tessuto sociale della nostra rinascita. Ma per far ciò è necessario fissare gli obiettivi ed innalzarli a traguardi collettivi: identità positiva, ricambio generazionale, legalità, meritocrazia, qualità, perché in Calabria non abbiamo bisogno tanto di quantità, ma di processi compiuti, in grado di segnare un punto di svolta. La qualità sarà sempre più la cifra che caratterizzerà, d’ora in poi, la crescita capace di attestarsi anche come sviluppo”.
Il capogruppo dell’Udc Alfonso Dattolo, intervenendo nel dibattito ha apprezzato l’iniziativa del libro sul Mezzogiorno: “Ancora una volta – ha detto – mentre sul Sud si continua a non dire le parole giuste e a non fare le cose che il Mezzogiorno si attende, è la Chiesa, attraverso una delle sue espressioni più autorevoli com’è monsignor Antonio Staglianò, a stanare la politica e l’intellighenzia italiana che spesso guarda alle nostre realtà con occhio carico di pregiudizio. In questo difficile autunno della seconda repubblica, che mette in luce un Paese pericolosamente diviso, una classe dirigente stanca, un debito pubblico tornato a due decenni fa, un’elevata pressione fiscale e un’Italia sfibrata nel morale, mentre se si volge lo sguardo al Sud è solo per ribadire che dal Sud non può venire niente di buono, dobbiamo essere grati alla Chiesa se, sulla scia di importanti documenti elaborati dai vescovi sul Mezzogiorno, a partire dalla lettera collettiva del 1948 nella quale già si segnalava uno sviluppo distorto, per arrivare al documento del 2010 sul bisogno di avere un Paese solidale, si torna a parlare del Sud. Personalmente – ha concluso Dattolo – non so dove andrà a parare la crisi politica che è sotto gli occhi di tutti. So per certo, però, che la classe dirigente della futura stagione politica, non potrà che considerare la Chiesa e la sua dottrina sociale come un faro con cui, laicamente, come ci hanno insegnato don Sturzo e De Gasperi, illuminare i percorsi del governo della cosa pubblica”.
 

Modica, nel ricordo di don Puglisi anche un triangolare di calcetto

Don Puglisi a Modica è stato ricordato giovedì 15 nella Casa a lui intitolata con l’accoglienza dell’icona della Madonna “scritta” dalle clarisse di Paganica (L’Aquila) e venerdì 16 al Cantiere educativo “Crisci ranni” con la celebrazione dell’Eucaristia e un confronto tra cittadini e amministrazione comunale sui problemi del quartiere. Ultimo tra i momenti di organizzati in memoria di Don Giuseppe Puglisi, nel diciottesimo anniversario della sua morte, è stato quello di sabato 17. Questa volta teatro della manifestazione è diventato un rettangolo di gioco, precisamente quello interno all’area “Padre Basile”. A sfidarsi, in un singolare triangolare di calcetto sono state le rappresentative dell’amministrazione e del consiglio comunale di Modica (tra gli altri anche il Sindaco), dei dipendenti comunali e del corpo di polizia municipale. Nella forma di una sana sfida e cordiale competizione, bisogna registrare la vittoria finale andata alla rappresentativa dell’amministrazione e del consiglio comunale che alla fine ha avuto la meglio sulla ben organizzata squadra messa in campo dal corpo di polizia municipale (lo stesso può dirsi, al di là del risultato, per la squadra dei dipendeti). Da evidenziare il sano agonismo messo in campo da tutte le squadre. A improvvisare una simpatica “telecronaca” Giovanni Cannizzaro, mentre i ragazzi del cantiere educativo chiedevano a tutti autografi e alla fine hanno premiato le squadre. Le porte sono state realizzate grazie al il ricavato dello spettacolo promosso dall’Aspecon “Quattro parole per quattro mosche”. Un momento distensivo e significativo in sintesi quello vissuto al cantiere “Crisci ranni”, che vuole essere di auspicio per rendere sempre più bella questa area che diventa un polmone verde per Modica e per un incontrarsi, con al centro i bambini e la testimonianza di quanti come don Puglisi hanno dato la vita per amore, attraverso rapporti costruttivi con cui ripensarsi città giusta e fraterna.
 
 

Concluso il 2° Convegno Internazionale di Bioetica

Si è concluso il Secondo Convegno Internazionale di Bioetica, tenutosi a Noto venerdì 9 e sabato 10 settembre 2011 presso l’Aula Magna del Seminario Vescovile.
L’evento, dal titolo “Quale spazio per la Bioetica nella pratica clinica? – Presenza-saggezza e umanità al servizio della persona”, ha visto la partecipazione di un nutrito pubblico di professionisti del settore socio sanitario, avvocati, insegnanti e cultori delle discipline della Bioetica. La presenza di relatori di alto livello nazionale e internazionale ha assicurato un notevole spessore culturale alla manifestazione, organizzata dalla Diocesi di Noto.
Le due giornate del Convegno hanno visto la trattazione di oltre quindici relazioni distribuite in quattro sessioni – due mattutine e due pomeridiane – ciascuna dedicata ad un tema specifico inerente la disciplina della Bioetica. Dopo gli indirizzi di saluto dei rappresentanti delle istituzioni – l’onorevole Nicola Bono, Presidente della Provincia Regionale di Siracusa e il Dr. Corrado Bonfanti, sindaco di Noto – nella Cattedrale di Noto, si è svolta la prolusione del vescovo, Sua Eccellenza Monsignor Antonio Staglianò, dal titolo: “La natura dell’uomo può fondare il discernimento etico?”. I lavori sono proseguiti nell’Aula Magna “Giovanni Paolo II” del Seminario Vescovile, che ha ospitato l’intera prosecuzione dell’evento.
L’indagine della Bioetica attuale si concentra su diversi aspetti della figura umana e in diversi ambiti scientifici: il bisogno di raccordare le varie competenze che questa multi-disciplina abbraccia, è stato il tema portante dell’attività complessiva del Convegno, focalizzata sul concetto di dignità dell’essere umano, specialmente nella figura del malato, che più volte è stato sottolineato essere il cuore stesso della ricerca e del dibattito bioetico. L’esperienza della malattia, della morte, del fine vita, i complessi discorsi sulla conservazione degli embrioni per la fecondazione assistita, tutti questi temi sono stati affrontanti da un punto di vista tanto etico quanto scientifico, sul quale si sono ritrovate le varie culture ed interessi presenti al convegno. A ciò si aggiunge la copertura mediatica di organi di stampa nazionali, regionali e locali, ai quali la Diocesi porge sentiti ringraziamenti per l’attenzione riservata al Convegno. Ciò non solo è segno di una sensibilizzazione maggiore riguardo le tante tematiche e questioni morali che si raggruppano sotto il termine “Bioetica”, ma è anche un ulteriore passo verso l’altro fondamentale obiettivo del Convegno: rendere il messaggio bioetico accessibile, a dispetto della complessità delle materie trattate, in forma di un dialogo con la gente comune per la formazione di un’opinione pubblica sempre più diffusa e sensibile ai temi trattati. Il gradimento espresso dai convegnisti attraverso un apposito test di valutazione somministrato al termine dei lavori, è il segno più eloquente della valenza dell’iniziativa.
A conclusione dei lavori, l’appuntamento con il Convegno è stato rinnovato per l’anno venturo, con in più la proposta di istituzione di un Master biennale di Bioetica con sede a Noto, in collaborazione con l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum di Roma, e la promessa di intrecciare e mantenere una rete di contatti a latere dell’evento principale, in funzione di una futura sinergia di intenti per la prosecuzione e la divulgazione del messaggio veicolato durante le due giornate dei lavori.
 
 
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Come evangelizzare la religiosità popolare

La suggestiva festa di S. Corrado, che si è celebrata l’ultima domenica di agosto, a ricordo della beatificazione del Santo, ha sancito il gemellaggio della nostra Diocesi con la Diocesi di Piacenza, patria del Santo dei Pizzoni, alla presenza del Vescovo Mons. Gianni Ambrosio e di una delegazione che lo accompagnava.
L’idea di un gemellaggio con la città di S. Corrado l’ha accarezzata il nostro vescovo, Mons. Antonio Staglianò, per offrirci l’occasione di confrontarci con una diocesi del Nord su un tema, quello della religiosità popolare, cosi presente nella nostra realtà e passaggio obbligato per progettare una evangelizzazione che raggiunga l’uomo del nostro tempo e lo interroghi su Dio e sulla presenza del Figlio amato, Gesù il crocifisso-risorto, che è venuto per rivelarci il volto del Padre e liberarci dal male antico. E’ quasi impossibile incontrarci con Gesù e il suo vangelo senza la mediazione di quelli che lo hanno conosciuto, l’hanno seguito e ne hanno incarnato il messaggio: i santi, che la Chiesa ci addita come modelli. La gente li vede più vicini e vi si rivolge con fiducia. Ignorarli e disprezzarne le modalità con cui ci si rivolge a questi testimoni diventa un boomerang e si rischia di allontanare l’uomo anche da Dio. Accettare acriticamente tutte le manifestazioni di religiosità che il popolo nel tempo s’inventa può essere pericoloso per un serio cammino di fede perché ci si potrebbe ritrovare invischiati in forme pagane che possono sfociare nella superstizione. Ripetuti interventi dei nostri vescovi e non ultimo il nostro Sinodo ci chiedono di valorizzare questa realtà attuando un sano discernimento tra manifestazioni positive da incoraggiare e forme deviate da correggere. A questo scopo ci sembra utile ed arricchente il dialogo pastorale con una Chiesa del Nord, dove il fenomeno è meno rilevante e in ogni caso mostra una diversa connotazione. Per questo si è pensato alla Diocesi di Piacenza che ha dato i natali a S. Corrado, il santo che guidato dalla Provvidenza, si è stabilito nella nostra terra, che ha visto svilupparsi una forte devozione tra la nostra gente che non teme l’usura del tempo.
Il progetto, messo a fuoco in occasione della visita della delegazione piacentina, guidata dal vescovo Mons. Gianni Ambrosio, presentato dalla commissione, creata ad hoc, alla presenza del nostro vescovo, Mons. Antonio Stagliano, e del Consiglio episcopale, si propone di analizzare il processo di inculturazione della fede attraverso un dialogo tra le due realtà che miri alla conoscenza delle esperienze, certamente diverse, di religiosità popolare presenti nelle due Diocesi, analizzando le manifestazioni più significative per scoprirne le radici più o meno profonde. Il vescovo di Piacenza, e la delegazione che lo accompagnava, hanno intanto avuto modo di rendersi conto di una manifestazione tra le più significative della religiosità della nostra gente, quella legata a S. Corrado. Altre avremo modo di farle conoscere attraverso lo scambio di esperienze, pensiamo per esempio a quelle che riguardano i riti della Passione e della Pasqua e le feste di alcuni Santi patroni. Una prima messa a punto la si potrebbe avere il prossimo anno in occasione della festa estiva di S. Corrado allorché, ci è sembrato di capire, la diocesi di Piacenza potrebbe organizzare un pellegrinaggio e per l’occasione potremmo dar vita, in uno o due pomeriggi, a scambi di esperienze e fare così uno primo passo nella direzione della evangelizzazione della religiosità popolare.
 
 
Dopo questo primo approccio, un secondo dovrebbe avvenire a Piacenza, quando, ricambiando la visita, potremmo affrontare in loco un ulteriore aspetto. E’ un progetto che necessita di ulteriori apporti che si chiedono alle due realtà coinvolte. Quando più apporti ci saranno tanto meglio decollerà il progetto a vantaggio della nuova evangelizzazione, cioè di una evangelizzazione incarnata.
 

Chiesa che va amata con fede con amore con la preghiera e la speranza creativa

E’ proprio vero che il Signore scrive dritto sulle righe storte degli uomini; solo così si spiega come una sessione di Esercizi Spirituali, con l’incognita del dove e quando fino a qualche giorno prima, si possa trasformare in una occasione preziosa e ricca di stimoli per i diaconi permanenti convenuti alla Villa Mater Dei di Belvedere nei giorni 3 e 4 settembre per l’abituale momento di esposizione all’azione dello Spirito Santo. Poiché il Signore non ricorre spesso ad eventi straordinari, ma utilizza ordinariamente le persone che si affidano totalmente a Lui per realizzare i suoi progetti, dobbiamo essere grati immensamente alla lungimiranza del responsabile della formazione del nostro corpo diaconale, don Corrado Lorefice, che ha individuato in mons. Greco, già Vicario Generale dell’Arcidiocesi di Siracusa e sempre innamorato della Parola di Dio, la persona idonea a fondare biblicamente l’ontologia e il ministero del diacono permanente. Con l’amabilità, la chiarezza espositiva e la profondità teologica che lo contraddistinguono, mons. Greco ci ha guidati alla riscoperta del nostro essere diaconi, servi della Parola e testimoni dell’amore di Dio nella storia degli uomini del nostro tempo e del nostro territorio. Il riferimento biblico utilizzato non poteva essere più appropriato: At., 6-7, che ci presentano la vicenda umana del diacono Stefano, prototipo e figura esemplare per chiunque desideri rispondere al meglio alla chiamata al servizio nella Chiesa di Cristo con particolare attenzione agli ultimi, i prediletti del Signore.  Il diacono Stefano era, intanto, un uomo conformato a Cristo, “pieno di grazia e verità”, la sua vicenda ripercorre le tappe della Incarnazione, Passione e morte di Gesù, di Colui che è venuto per servire e non per essere servito. E’ questo il Dio cui Stefano dà testimonianza, servendo la Parola e la Carità. Quale l’oggetto verso cui il diacono deve rivolgere il servizio? Innanzitutto la società, svolgendo il proprio lavoro con competenza e impegnandosi nel campo civile e sociale; poi la Chiesa che va amata con fede, perché è di Dio e non degli uomini, anche quando le cose non vanno; “nella Chiesa c’è troppo di umano? Ma è lì che c’è Cristo” ( De Lubac ); con amore, con “viscere di misericordia”, scoprendo il volto di Cristo nei poveri e superando le difficoltà legate alla mancanza di comunione tra di noi; con la preghiera e la speranza creativa che è certezza perché fondata sulla Parola. Il diacono Stefano fu ordinato per il servizio alle mense, alla carità, ma subisce il martirio perché serve la Parola: come Cristo ai discepoli di Emmaus, sintetizza con grande competenza la storia dell’AT e la legge come preparazione all’evento cristiano, suscitando l’ira dei suoi interlocutori.  La competenza nell’utilizzo della Sacra Scrittura, un esercizio indispensabile per chi è chiamato a spezzare il pane della Parola, che non può essere affrontato con improvvisazione e superficialità e, soprattutto, senza aver prima pregato per ricevere la luce dello Spirito. La Parola è Verità e come tale può far male a chi ascolta, pertanto, bisogna mettere in conto l’opposizione, l’indifferenza e la freddezza. Il diacono è anche colui che serve il silenzio, perché indica il mistero di Dio; il silenzio predispone all’ascolto, chi non sa ascoltare non sente Dio che parla, non sente i poveri che si lamentano o non avverte il loro silenzio dignitoso. Il servizio alla Carità richiede l’essere pieni di Spirito Santo, per attingere al mistero di Dio ed evitare il rischio dell’autocompiacimento e della frenesia, che fanno perdere il senso del primato della Parola. Il diacono deve essere attento alle povertà, vecchie e nuove, ma deve saper guardare anche oltre, per risalire alle cause che le determinano ed individuare le fonti che producono le ingiustizie; dopo di che, non può restare inerte, è chiamato ad intervenire con i mezzi a disposizione, non per sostituirsi ai servizi sociali, ma per rispondere alla chiamata a collaborare alla costruzione del Regno di giustizia e di pace, inaugurato da Cristo con la sua prima venuta tra noi e che attende ancora il suo compimento escatologico.  Ecco perché il diacono è e deve essere considerato “uomo di speranza”.  Le parole ascoltate hanno avuto l’efficacia di un farmaco dell’anima, che ci ha trasmesso consapevolezza, serenità e coraggio per continuare il nostro cammino di fede e di servizio a Cristo e alla sua Chiesa, per affrontare meglio le incertezze, le incomprensioni nelle relazioni umane, per superare la tentazione della pigrizia spirituale che potrebbe farci sentire arrivati e non bisognosi di crescere in santità e grazia.  Un ottimo esercizio per prepararci ad affrontare il cammino faticoso ma esaltante del nuovo anno pastorale sorretti dalla certezza della misericordia divina.
 
 

Modica, 15 e 16 settembre: ricordo di don Puglisi

Sarà una celebrazione particolare quella dell’anniversario del martirio di don Puglisi quest’anno a Modica, dove il prete palermitano ucciso dalla mafia viene ricordato con la Casa di accoglienza a lui intitolata e, dall’anno scorso, con il “Patto educativo” legato al cantiere educativo “Crisci ranni” promosso insieme da Casa don Puglisi e Caritas diocesana. Al centro del ricordo di don Puglisi, infatti, quest’anno ci sarà l’accoglienza – nella Casa a lui dedicata – dell’icona della Madonna della tenerezza “scritta” appositamente in un lungo tempo di preghiera dalle Clarisse di Paganica (L’Aquila). Questo dono diventa il sigillo di un legame con la terra dell’Aquila segnata dal terremoto e dalla voglia di rinascere a partire dalle radici spirituali, dalla capacità di ritrovare la speranza che nasce dalla fede e dell’amore. L’icona sarà accolta nella Casa don Puglisi giovedì 15 settembre alle ore 20 con la recita dei Vespri presieduta dal vicario foraneo don Corrado Lorefice. Il giorno dopo, venerdì 16 settembre alle ore 18, l’icona sarà portata alla Fontana nell’area attrezzata Padre Basile. Si prevedono due momenti. Si inizierà con la celebrazione dell’Eucaristia presieduta dal vicario generale della diocesi don Angelo Giurdanella. Subito dopo, alle 19,30, vi sarà un confronto con gli amministratori sul futuro del quartiere e della città. Era questo legame tra messa e vita della città che stava a cuore a don Puglisi, per riscattare il nostro Sud dalla mafia ma anche da ogni forma di degrado morale e sociale. I due momenti previsti permettono un ricordo non solo rituale ma vivo con cui si rinnoverà per tutti la chiamata a non smarrire le fonti spirituali e, con l’energia della fede e dell’amore, impegnarsi per il bene comune, con particolare attenzione ai poveri e alle nuove generazioni.
 
 

Si apre il 2° Convegno di Bioetica

Il vasto consenso riscosso in occasione del primo Convegno  Internazionale di Bioetica svoltosi nel  2010 ha spinto ed incoraggiato la Nostra Chiesa locale a promuovere e realizzare un secondo Convegno Internazionale di Bioetica dal titolo” Quale spazio per la bioetica nella pratica clinica? Presenza, saggezza e umanità al servizio della persona”, che si svolgerà nei giorni 9-10 settembre prossimi. Il Convegno si aprirà in Cattedrale con la prolusione del nostro Vescovo Mons. A. Staglianò dal titolo ” La natura dell’uomo può fondare il discernimento etico?”, e proseguirà nelle sessioni successive nell’Aula Magna del Seminario Vescovile.  
Convegnisti provenienti da ogni parte della Sicilia e dal resto d’Italia, per due giorni potranno seguire diciotto relazioni, partecipare a due tavole rotonde e a vari dibattiti in aula sui temi che saranno trattati da relatori di alto spessore provenienti dalle università italiane e straniere.  
Si tratta di una grossa opportunità prima di tutto per la comunità diocesana, che con la partecipazione al convegno, ma anche attraverso i resoconti del nostro giornale, avrà la possibilità di riflettere sui temi fondamentali della vita che vengono vissuti quotidianamente nelle famiglie.
La cronaca quotidiana propone, infatti, a ritmo incalzante, vicende che richiamano l’attenzione pubblica su problematiche che hanno a che vedere con la vita e la salute del singolo e della collettività, con particolare riferimento al rapporto medico – paziente (la cosiddetta “ bioetica quotidiana”). Oggi sono tanti gli argomenti che richiedono una serie e sapiente riflessione: dagli albori della vita prenatale ( fecondazione in vitro, riduzione embrionale, interventi eugenetici, diagnosi prenatale), alle questioni relative al suo sviluppo e ai suoi stadi ( sofferenza) e alla sua fine (eutanasia, testamento biologico). La costruzione sociale e culturale del significato della scienza, deve potersi liberare contestualmente sia da facili entusiasmi sia da superficiali ostracismi, maturati talora in un humus marcatamente emotivo, per accedere ad una visione equilibrata e sapienziale della vita umana in tutte le sue fasi. Il Convegno, infatti, ha come obiettivo principale quello di fornire risposte alle tante problematiche etiche che le moderne biotecnologie e le relative antropologie di riferimento pongono. Risposte che verranno dai contenuti delle quattro sessioni in cui è strutturato il Convegno: ( Pensare la vitaIl divenire tra genetica e libertà La vita alla prova del tempoQuando il linguaggio si arresta) nelle quali l’apporto scientifico di esperti permetterà l’acquisizione di criteri essenziali per una fondata e pertinente riflessione bioetica che si caratterizza per rigore scientifico e concretezza clinica. “Il II Convegno Internazionale di Bioetica – ha spiegato Mons. Antonio Staglianò, vescovo di Noto – vede quest’anno la sua seconda edizione; con esso ci proponiamo di perseverare in una scelta di formazione e di riflessione sugli attuali temi che interessano la riflessione bioetica, favorendo il dialogo e il confronto fra svariate discipline che hanno al centro la persona”. L’iniziativa offre, infatti,  anche l’opportunità a molti professionisti che operano nelle varie strutture sanitarie ( medici, infermieri, psicologi etc) del nostro territorio, non solo di approfondire le conoscenze scientifiche necessarie all’esercizio di una professione dal profilo altamente umano, ma di soddisfare a quella esigenza di formazione prevista per il personale sanitario dalla normativa vigente. Ma non è da sottovalutare anche l’opportunità per la Città che ospita il Convegno ( Noto) e per gli altri centri della Diocesi di presentare ai tanti ospiti che parteciperanno al Convegno il loro patrimonio artistico, culturale, paesaggistico e umano ( ospitalità).