La storia della Chiesa è segnata dalle molte figure di santi e di sante. Ogni Chiesa particolare cu-stodisce con particolare cura la memoria di questi suoi figli, santi della santità di Dio. Sono i tesori più cari della comunità: non si conservano in un museo o in una cassaforte, ma si venerano, si pre-gano, si imitano, si amano. Sono i fratelli e le sorelle che ci hanno preceduto nella fede e che, ora, ci accompagnano con la loro protezione e ci guidano con la loro vita luminosa. Per ogni Chiesa è una grazia poter contare sui santi patroni che vegliano sul cammino di coloro che invocano la loro inter-cessione e protezione.
Nel corso dei secoli, i santi sono stati come dei fari che hanno illuminato e illuminano il cammi-no della Chiesa pellegrina. E continuano ad illuminare il nostro cammino come segni autentici della presenza di Cristo Risorto. Ogni santo lascia trasparire Gesù Cristo, il Figlio del Dio vivente. Ogni santo ci ricorda il progetto di Dio e la grazia di essere suoi figli in Cristo Gesù, il Figlio del Padre. Ogni santo ci assicura che il disegno di amore e di salvezza di Dio si sta compiendo nella storia, no-nostante gli ostacoli e le chiusure degli uomini. I santi ci invitano ad accogliere l’invito dell’apostolo Paolo ad alzare lo sguardo e a contemplare lo stupendo disegno di Dio: “In lui – Cri-sto – (Dio) ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità” (Ef 1,4). Al centro del disegno di Dio vi è Gesù Cristo: il mistero nascosto nei secoli si è rivelato in pienezza nel Verbo fatto carne. L’apostolo afferma: “È piaciuto infatti a Dio che abiti in Lui tutta la pienezza” (Col 1,19). In Cristo, Dio si è fatto vicino, visibile, ascoltabile, toccabile e chi ascolta Cristo e lo segue, partecipa della sua pienezza di grazia e di verità (cfr Gv 1,14-16).
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Il disegno di amore di Dio è per tutti, nessuno escluso. In Gesù Cristo, siamo tutti chiamati alla santità. Il Concilio Vaticano II, nella Costituzione Lumen Gentium, afferma con chiarezza questa chiamata universale alla santità: “Nei vari generi di vita e nelle varie professioni un’unica santità è praticata da tutti coloro che sono mossi dallo Spirito di Dio e (…) seguono Cristo povero, umile e carico della croce, per meritare di essere partecipi della sua gloria” (n. 41).
Seguire Cristo e lasciarsi guidare dallo Spirito di Dio: ecco la vita cristiana incamminata verso la santità, che è la pienezza della vita. Per seguire Cristo guidati dallo Spirito, non occorrono opere straordinarie. Si tratta di accogliere Cristo, di unirsi a Lui, di fare nostri i suoi atteggiamenti, i suoi pensieri, i suoi comportamenti. La misura della santità è data dalla statura che Cristo raggiunge in noi, modellando la nostra vita sulla sua. La santità è accogliere Cristo per diventare conformi a Lui, come afferma san Paolo: “Quelli che egli da sempre ha conosciuto, li ha predestinati a essere con-formi all’immagine del Figlio suo” (Rm 8,29).
Una vita santa non è frutto principalmente delle nostre azioni: siamo trasformati e resi santi dalla vita di Cristo Risorto in noi, attraverso l’azione dello Spirito. Riascoltiamo ancora il Concilio Vati-cano II: “I seguaci di Cristo, chiamati da Dio non secondo le loro opere, ma secondo il disegno della sua grazia e giustificati in Gesù Signore, nel battesimo della fede sono stati fatti veramente figli di Dio e compartecipi della natura divina, e perciò realmente santi. Essi quindi devono, con l’aiuto di Dio, mantenere nella loro vita e perfezionare la santità che hanno ricevuta” (Lumen Gentium, 40). La santità ha la sua fonte e la sua radice nella grazia battesimale che ci inserisce nel mistero pasqua-le di Cristo, morto e risorto. “Per mezzo del battesimo – scrive san Paolo – siamo stati sepolti insie-me con lui nella morte affinché, come Cristo fu risuscitato dai morti (…) così anche noi possiamo camminare in una vita nuova” (Rm 6,4). I santi che veneriamo hanno accolto questo dono e, con la libertà dei figli di Dio, si sono dichiarati disponibili a vivere la vita nuova, si sono lasciati trasfor-mare dall’azione dello Spirito Santo.
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In ogni epoca della storia della Chiesa e in ogni luogo del mondo, troviamo figure di santità che appartengono a tutte le età e ad ogni stato di vita: sono volti belli, luminosi, diversi l’uno dall’altro, eppure tutti animati dalla fede, dalla speranza e dalla carità. Alcuni sono come stelle che brillano nel firmamento, altri sono piccole luci, anch’esse ugualmente preziose. Sia chi ha vissuto una santità davvero straordinaria sia chi ha vissuto la vita cristiana con fedeltà, con speranza, con cuore buono: tutti attestano la grazia e la bellezza della fede in Gesù Cristo. Il Concilio Vaticano II ci dice che la santità cristiana non è altro che la carità accolta e pienamente vissuta: “Dio è amore; chi rimane nell’amore rimane in Dio e Dio rimane in lui (1Gv 4,16). Ora, Dio ha largamente diffuso il suo amo-re nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo, che ci fu dato (cfr Rm 5,5); perciò il dono primo e più necessario è la carità, con la quale amiamo Dio sopra ogni cosa e il prossimo per amore di Lui” (Lumen Gentium, 42). I santi hanno accolto il dono della carità e si sono lasciati animare e guidare dalla carità. Ora vivono la comunione con Dio e, come amici di Dio, sono in comunione con noi che siamo pellegrini verso la pienezza della vita. Con tutti i santi, canonizzati e non canonizzati, for-miamo una sola Chiesa, una sola famiglia: essi ci assicurano che è ben fondata la speranza di poter seguire il loro cammino e condividere un giorno la stessa vita beata, la vita eterna, superando le dif-ficoltà e le oscurità dell’esistenza. Con la loro testimonianza, con la loro protezione, con la loro amicizia, i santi continuano a parlarci del Signore Gesù e della sua potenza di liberazione e di rige-nerazione.
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È originale e, a dire il vero, anche coraggioso, il poema di mons. Antonio Staglianò, vescovo di Noto: in forma poetica ha voluto raccontare la bellezza e il fascino della vita santa di Corrado Con-falonieri, originario di Piacenza e amatissimo patrono di Noto, dove è sepolto. Con l’atteggiamento del pastore, con lo sguardo del teologo, con la fantasia del poeta, il vescovo Staglianò scruta in pro-fondità il vissuto di santità di Corrado e ne coglie l’insegnamento che attraversa i secoli per arrivare fino a noi. Attraverso la sua figura e la sua originale santità, è il Signore Gesù che parla a noi, alle nostre famiglie, alle nostre comunità e ci invita a fare nostro il ‘cuore’ della vita santa di Corrado, ossia l’esperienza della misericordia di Dio da cui ha inizio la sua conversione. È infatti il mistero della misericordia di Dio a trasformare Corrado, a rendere nuova la sua vita, dedita alla preghiera e al silenzio e rigenerata alla carità.
Forse non è un caso che il vescovo della Chiesa di Noto abbia dedicato la sua prima Lettera pa-storale proprio al tema della misericordia di Dio: “Misericordia io voglio”. Il Decalogo finale della Lettera è stato ripreso come conclusione del poemetto, in prospettiva attualizzante, quale messaggio – espresso in dieci parole, evocando la Legge di Mosè – che san Corrado rivolge oggi al popolo ne-tino (e non solo). Nell’interpretazione poetica, la misericordia, invocata dal coro/popolo, è la forza che trasforma, la luce che illumina, la grazia che consente di imboccare cammino nuovo che condu-ce ad una vera comunione, ad una gioiosa riscoperta dell’identità battesimale, ad una sincera fedeltà al Vangelo.
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Seguendo passo dopo passo il ritmo cadenzato del racconto, ci si apre al soffio dello Spirito: solo lo Spirito può rigenerare un popolo e incamminarlo sulla strada della vita. Così è avvenuto per Cor-rado: rinasce nel perdono di Dio, di cui avverte il grande bisogno. Sa di poter attendere questo dono invocandolo con fiducia. Un dono che diventa quasi un “diritto”, così troviamo scritto. Non certo per i meriti di Corrado o di altri e tantomeno come una pretesa, ma solo per la grande fiducia in Dio misericordioso: su questo amore fedele di Dio, manifestato in Gesù Cristo, Corrado ha confidato guardando il Crocifisso-Risorto. Tutto converge nel mostrare il volto di Dio che è amore, perdono, misericordia: volto da ammirare, da contemplare, da apprezzare sempre di più, perché la scoperta di questa verità è continua. Ci accompagni san Corrado, pellegrino, nel nostro pellegrinaggio alla ri-cerca del volto misericordioso di Dio: una ricerca costante dell’inesauribile verità del volto di Dio, la cui luce svela la verità dell’umano che è in ogni uomo, in ognuno di noi. Così è avvenuta la con-versione di Corrado, splendida parabola della possibile conversione di ciascuno di noi e di tutto un popolo.
Nel sottotitolo del poema è scritto che San Corrado è “un uomo per i nostri tempi”. La sua uma-nità è rigenerata e salvata dall’umanità ricca di amore del Signore Gesù. Corrado ha rivestito l’uomo nuovo che è Gesù e pertanto ha mostrato nella sua vita rinnovata e rigenerata i tratti più au-tentici e più belli dell’umanità verso cui tutti aspiriamo.
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Quando anch’io ho avuto la grazia di camminare con san Corrado per le strade di Noto, insieme ai moltissimi devoti che si riversavano sulle strade per la tradizionale processione in onore del santo patrono, ho potuto scorgere nel cuore di tutti un desiderio comune, forse in alcuni solo implicito e tuttavia presente. Il desiderio di seguire la strada percorsa da san Corrado, la strada di una vita rin-novata in cui la fiducia nel Signore misericordioso fa sorgere in noi la buona umanità e ci infonde la speranza necessaria che rende gioioso il cammino, nonostante le afflizioni della vita. Oggi, come sappiamo, le strade del nostro quotidiano sono affollate da tante forme di cattiveria, di degrado, di dis-umanità, di peccato. Ma san Corrado ci invita a non rassegnarci: anche il suo tempo non era ro-seo. E soprattutto ci invita a scegliere un’altra strada, quella che egli ha percorso: è la strada della vita, la strada bella e sicura che l’uomo può trovare e percorrere se e quando accoglie la grazia del perdono di Dio. Così è stato per Corrado che ha diffuso attorno a sé il profumo dell’amore di Dio e la bellezza di un’umanità ricca e generosa.
È semplice, ma ricco di umanità e di carità, il gesto con cui San Corrado esprime la sua vita nuo-va con l’offerta del “pane caldo”, dato a tutti, al vescovo che lo visitò e alla povera gente. Quel pane caldo è il segno del suo cuore rinnovato, è il segno del cuore di Dio che, nella sua misericordia, ha accolto l’invocazione di Corrado. Il modo in cui manifestare la nostra devozione al santo è di se-guirlo sulla strada della sua fede che confida nell’amore di Dio e che pone gesti concreti di amore per i fratelli. San Corrado, eremita, ha dedicato la sua vita a Dio. Ma non ha mai dimenticato i figli di Dio, e cioè i fratelli e le sorelle, a cui si è rivolto con gesti semplici e concreti di vicinanza, di prossimità, di consolazione: segni di vita, segni di amore, segni di santità.
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Il quinto atto è intitolato “insegnamento primo”, lasciando intendere che verranno altri insegna-menti. Con il suo amore a Dio e ai fratelli, Corrado è un uomo per tutte le stagioni e quindi è un “uomo dei nostri tempi”: può continuare a parlarci. Di anno in anno sarà possibile proseguire il rac-conto poetico della conversione di Corrado, fruendo di sempre nuovi insegnamenti.
Come vescovo della diocesi di Piacenza-Bobbio, sono molto lieto che Corrado Confalonieri, fi-glio illustre della Chiesa piacentina, sia così venerato e così amato dal popolo di Noto. Ed è molto significativo che i vescovi di queste due diocesi siano da tempo amici ed abbiano lavorato insieme per il Progetto culturale. Oggi – grazie alla santità di Corrado Confalonieri – possiamo ravvivare e rafforzare questa amicizia non solo a livello personale ma anche a livello delle rispettive Chiese, chiamate a stringere legami di comunione. Il gemellaggio tra le nostre Chiese sia di stimolo per un comune cammino di educazione alla fede cristiana e di crescita verso la santità, vivendo con gioia il rapporto con Dio e offrendo il ‘pane caldo’ ai fratelli, come autentici devoti del nostro grande santo, Corrado Confalonieri.
Prefazione
+ Gianni Ambrosio
Vescovo di Piacenza-Bobbio