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Pozzallo. Inaugurata alla presenza del Vescovo la fondazione “Iolanda e Francesco Ciurciù” per la disabilità

“Siamo partiti ufficialmente. Adesso non ci fermiamo più”. Con queste parole, il presidente della Fondazione “Iolanda e Francesco Ciurciù”, Giovanni Ciurciù, ha ufficializzato il progetto che riguarda il mondo della disabilità e che darà assistenza a molti fra i diversamente abili presenti in provincia di Ragusa.
Preziosa è stata la presenza del Vescovo di Noto, mons. Antonio Staglianò, il quale ha rimarcato come sia importante la presenza di una struttura che offra amore e sostegno a tante persone che, da sole e con gravi problemi economici, non potrebbero ricevere cure adeguate per la loro vita. Il Vescovo ha espresso il desiderio di essere presente il giorno dell’inaugurazione della struttura dell’ex Colonia marina di Pozzallo, quando ci sarà il tradizionale rito del taglio del nastro.
 
Emozionante è stato anche il discorso del presidente della Fondazione, Giovanni Ciurciù, il quale ha evidenziato che la struttura è “un dono che i pozzallesi dovranno mantenere in vita perché questa struttura e questa fondazione, io le regalo alla mia gente. La Fondazione adesso guarda al futuro e, come tutte le cose che guardano al futuro, il desiderio di chi ci ha messo cuore e passione è quello che non si distrugga l’idea, il cuore e la voglia di lavorare per questo bene comune”.
In sala, è stato letto anche lo statuto della Fondazione, di fronte a quasi 200 persone. Presenti ianche i 5 membri del consiglio di amministrazione, insediatosi martedì della scorsa settimana.
 
Ad introdurre i lavori, il vicesindaco di Pozzallo, Francesco Gugliotta e successivamente il sindaco del comune marittimo, Luigi Ammatuna. Tanti gli attestati di fiducia verso la nuova Fondazione, a cominciare dai due deputati regionali presenti in sala, Giorgio Assenza e Nello Dipasquale, i quali si sono detti pronti a dare una mano per completare l’iter amministrativo per l’ex Colonia (e non solo). “Appuntamento al prossimo Natale – queste le ultime parole del presidente Ciurciù – quando la fondazione si spenderà con 40 famiglie di Pozzallo, donando ceste natalizie, per un Natale che possa essere di speranza e di pace”.
 
 

Il Vescovo Staglianò a Roma col Papa per onorare Nostra Signora di Guadalupe

Venerdì 12 dicembre, festa di Nostra Signora di Guadalupe, Papa Francesco presiederà una solenne Eucaristia nella Basilica Vaticana in onore della Patrona dell’America latina, per affidare alla Santa Vergine l’evangelizzazione e la promozione umana dei popoli di questo vasto continente, invocando per loro pace, giustizia e unità.
 
Alla solenne celebrazione, che avrà inizio alle ore 18, parteciperà insieme all’Episcopato latinoamericano, anche il nostro Vescovo Mons. Antonio Staglianò, del quale è nota la profonda devozione per la Vergine di Guadalupe. Già dal 1999, quando era parroco a Le Castella, il nostro Vescovo introdusse la venerazione della “Guadalupana” nella parrocchia della Visitazione della Beata Vergine Maria. Da Vescovo di Noto, egli ha voluto introdurre il culto anche in Diocesi, come a Donnalucata, dove lo scorso maggio è stata consacrata la nuova chiesa di San Giorgio, nella quale è venerata una fedele riproduzione della “tilma”, il mantello del veggente Juan Diego, sul quale si impresse prodigiosamente l’effigie della “Morenita”, l’appellativo con cui è affettuosamente chiamata la Vergine del Tepeyac.
 
“Nostra Signora di Guadalupe – ha affermato in più occasioni Mons. Staglianò – ha accompagnato il mio cammino sacerdotale e custodisce tuttora amorevolmente il mio ministero episcopale”. Proprio in occasione della dedicazione della chiesa di Donnalucata, lo scorso maggio, presente il Cardinale Primate del Messico, Norberto Rivera Carrera, il Vescovo Antonio ha rimarcato tutta la pregnanza di questa prodigiosa immagine che è un rimando a Cristo e al mistero ineffabile dell’Incarnazione, che “unisce il Figlio alla Madre e la Madre al Figlio” per elevare la nostra umanità alla dignità divina. “Una devozione – ha detto ancora Mons. Staglianò – che non può essere solo esteriore o ‘religiosa’, ma che – radicalmente ‘credente’ – deve portare frutti concreti di carità verso i poveri e gli ultimi”.
 
In occasione della Messa del Papa è prevista la partecipazione di numerosi Superiori e officiali dei dicasteri della Curia Romana, di delegati di Governo e membri del Corpo Diplomatico dei diversi Paesi del continente americano, di sacerdoti, religiosi e religiose latinoamericani che prestano servizio o effettuano i loro studi a Roma, come anche degli immigrati residenti a Roma per motivi familiari e di lavoro. La Celebrazione sarà teletrasmessa nei Paesi latino-americani.
 
 
 

Caritas Diocesana. Prepararsi al Natale cercando Dio e i suoi segni

 Si è rinnovata venerdì 29 novembre la preghiera per la città a Crisci ranni, con la messa presieduta da don Manlio Savarino (assistente della Caritas insieme a don Paolo Catinello) e l’adorazione eucaristica. “Cosa ci sta accadendo? – si è chiesto don Manlio durante l’omelia – Non che si dimentica Dio, ma che non soffriamo più per questa dimenticanza. E il risultato è il frantumarsi di rapporti a iniziare dalle famiglie”. Famiglie che nella preghiera erano l’intenzione speciale di questo venerdì di novembre, alla vigilia dell’Avvento e della preparazione al Natale.”Ma Dio non ci dimentica – ha ancora detto don Manlio – e ci offre i suoi segni, fino al segno grande che è Gesù, Dio che ha condiviso tutta, proprio tutta, la nostra vita”. Come ricorderemo a Natale. E dentro questo orizzonte, riascoltando le parole del sinodo diocesano e condividendo una preghiera di papa Francesco, ci si è ricordati di tutte le famiglie, di tutte le persone sole, di tutte le ferite delle nostre famiglie e che, a loro, la Chiesa ha dare anzitutto il Vangelo.
 
Sapendo leggere in profondità quali desideri abitano il nostro tempo: “La comunione di vita assunta dagli sposi – ha ricordato papa Francesco nei giorni del sinodo dei vescovi sulla famiglia -, la loro apertura al dono della vita, la custodia reciproca, l’incontro e la memoria delle generazioni, l’accompagnamento educativo, la trasmissione della fede cristiana ai figli…: con tutto questo la famiglia continua ad essere scuola senza pari di umanità, contributo indispensabile a una società giusta e solidale. E più le sue radici sono profonde, più nella vita è possibile uscire e andare lontano, senza smarrirsi né sentirsi stranieri ad alcuna terra”. Nella preghiera diventavano l’invocazione delle madri ad essere sempre capaci di rinnovare affetto ed aprire il cuore anche ad altri (e in modo significativo c’era a testimoniarlo una delle famiglie dell’Associazione Papa Giovanni XXIII di don Oreste Benzi), l’invocazione dei padri a trovare tempo per i figli anche a costo di qualche rinuncia o guadagno in meno, l’intervento dei figli che ringraziano per la famiglia che – ad di là delle sue fragilità – diventa comunque sostegno e permette di non essere soli al modo, l’intercessione per le famiglie che non ce la fanno ad arrivare alla fine del mese.
 
La preghiera così fa emergere la città nei suoi lati più intimi e nascosti e rende consapevoli della chiamata ad essere lievito e sale di una rinnovata umanità. Che – come ha rilevato don Paolo citando San Tommaso – sia fatta “non di conoscenti che si incontrano per parlare ma di amici e famigliari che parlano per incontrarsi”. Ecco anche il messaggio per il prossimo Natale: gesti audaci di accoglienza e attenzione, con risvolti concreti (come mettere a disposizione una casa in affitto a prezzi bassi per chi non ce la fa o donarla quando si può per circostanze che lo permettono); e soprattutto cogliere i segni di Dio, che nei poveri ci visita e ci chiede “di costruire – ha ancora detto don Manlio – non un altro mondo ma un mondo altro”. E già l’indomani un segno poteva essere colto nei giovani di una scuola di Modica che nell’assemblea di istituto si sono interrogati sul grave rischio che si corre con le dipendenze, con un grido a stare attenti e il desiderio di passare dall’inferno di una società spenta e senza valori, che genera drammatiche fughe, alla primavera generata dal voler essere insieme umani.

MASSACRI A BENI: IN ATTO LA BALCANIZZAZIONE DEL CONGO

La diocesi gemella di Butembo Beni non conosce pace ormai dal 1996. Dall’inizio del mese di ottobre ad oggi, sono circa 200 i civili massacrati nel territorio di Beni. Entrando nei dettagli, sembra di trovarsi dinanzi ad un bollettino di guerra: dal 2 al 9 ottobre sull’asse Eringeti-Oicha sono stati uccisi 23 civili. Tra il 15 ed il 16, a Ngadi e alla periferia di Beni sono state registrate altre 32 vittime. E nella notte tra il 17 il 18 sono state sterminate ancora 24 persone, tra cui 9 donne e 10 bambini, tutti passati a fil di machete.
 
È importante dare i particolari delle date dei massacri, perché ci sono state al contempo delle coincidenze non certamente senza importanza. Infatti, la versione ufficiale è quella che autori delle stragi siano dei ribelli ugandesi che, in lotta con il governo attuale dell’Uganda, si sono rifugiati in Congo. Ma non si spiega bene come questi ribelli abbiano potuto agire impunemente (non uno è stato catturato o idenficato durante i massacri) in una zona sotto il controllo assoluto delle truppe regolari congolesi, attualmente ben equipaggiate, e mentre proprio il 17 e il 18 ottobre si trovavano a Beni il generale Léon Mushale, comandante in capo della Terza zona di difesa della Repubblica Democratica del Congo, il generale Emmanuel Lombe, comandante dell’esercito nel Nord Kivu, il generale Martin Kobler, comandante dei Caschi Blu dell’Onu, ed il governatore del Nord Kivu Julien Paluku. Ci si chiede: come sono stati possibili questi eccidi in un territorio presidiato dall’esercito congolese, durante la permanenza di personalità così autorevoli e rappresentative dello stato e della comunità internazionale? Come un gruppo di ribelli abbia potuto agire in modo così cruento aggirando del tutto la vigilanza delle truppe regolari?
 
Ma quasi a siglare una tragicommedia infernale, il 29 ottobre lo stesso presidente della Repubblica Joseph Kabila si è recato a Beni e, in beffa al suo dichiarato scopo di rassicurare la popolazione, la notte del suo stesso arrivo sono state trucidate ancora 14 persone in località Kampi ya Chui ed altre 8 l’indomani, giorno della sua partenza, nel quartiere Bel Air alla periferia di Beni. Da allora, le vittime dei massacri non si contano più e solo approssimativamente possiamo dire che alla fine di questo mese di novembre ammontano a circa 200. Se la presenza dello stesso presidente della Repubblica non funge da deterrente contro il nemico, c’è da chiedersi allora se il nemico possa effettivamente identificarsi in un gruppo di ribelli (e perché questi ribelli ugandesi dovrebbero agire in Congo piuttosto che in Uganda) o se invece non si tratta dei soliti Rwandesi e Ugandesi che, sotto l’egida complice e interessata degli USA, mirano piuttosto a “colonizzare” il territorio congolese nelle zone di confine del nord Kivu, ricco di giacimenti minerari. Se così fosse, si spiegherebbe la manifesta “impotenza” delle autorità congolesi (compreso il Presidente della Repubblica) ad arginare i massacri. In effetti già da parecchio tempo è in atto una strategia di balcanizzazione del Congo, alla quale non sembra estraneo lo stesso presidente Kabila. A dicembre dell’anno scorso, dopo innumerevole sforzi di mediazione della comunità politica internazionale, i ribelli del movimento M23 (che si dichiaravano congolesi ma che erano in effetti Rwandesi) avevano finalmente deposto le armi, ma nella speranza di essere “reintegrati” tra le truppe regolari congolesi (ed avere così sempre le mani sulle leve di comando).
 
Fallito questo tentativo, grazie anche all’opposizione forte e decisa della società civile congolese, i cosiddetti ribelli M23 si sono trasformati con la nuova denominazione ADF, agendo sempre allo scopo di destabilizzare l’unità del Congo. Chi ne paga le spese, rimettendoci la vita, sono attualmente i nostri gemelli della diocesi di Butembo Beni che, loro malgrado, si trovano sulla contesa zona di confine con Rwanda e Uganda. Infine, per maggiore chiarezza, sarebbe forse necessario rivedere nella nostra opinione pubblica occidentale il tanto conclamato genocidio dei Rwandesi Tutsi nel 1994. Agli occhi di tanti Congolesi, infatti, coloro che continuano a dichiararsi vittime del genocidio passato sarebbero in effetti gli autori delle stragi attuali.
 
 

Modica. Il quadro della Madonna delle grazie alla Casa don Puglisi

 Ci si prepara con semplicità, ma anche commozione, ad accogliere il quadro della Madonna delle grazie alla Casa don Puglisi. Ai bambini della Casa è stata raccontata la bella storia del ritrovamento quattrocento anni fa dell’immagine sacra in un fuoco che non si consumava; ed anche l’altro racconto secondo cui, costruita subito la chiesa, la porta verso gli orti che veniva trovata murata con il quadro rivolto verso la città, a dire come Maria vuole guardarci e nel suo sguardo vuole tutti ritrovarci.
 
E si è ricordata la grande devozione che porta i modicani al Santuario per onorare la copatrona della Città, rilevando ora la gioia di accogliere l’immagine della Mamma di Gesù e nostra che ci mostra la Grazia, l’amore gratuito di Dio, nella Casa, che è una delle tante case della città, seppur con tante persone (al momento venticinque ospiti) e qualche fatica in più certo, nel comunicarlo alla città viene di pensare che, quell’abbraccio della Madre che allatta il Figlio, invita tutti noi a non lasciare mai nessuno, soprattutto i bambini , senza abbraccio, senza tenerezza, senza attenzione.
 
Per questo sarà bello in questo anno centenario onorare Maria con gesti e scelte di accoglienza che abbiano il timbro, non solo dell’aiuto, ma anzitutto dell’abbraccio, dell’amore che sta accanto, dell’amore che si fa carico, dell’amore che educa perché l’altro possa crescere e riscoprire dignità. Peraltro, la Casa don Puglisi con la sua presenza da ventiquattro anni, di tutto questo è segno e ne diventa anche sollecitazione. Nella convinzione, con don Pino, che “se ognuno di noi fa qualcosa, allora si può fare molto”.
 
Per questo dalla Casa si lancia alla città un triplice invito: a partecipare all’accoglienza del quadro e alla successiva celebrazione eucaristica pres. da don Umberto Bonincontro alle 19 di giovedì 4 dicembre; a cogliere in questo fatto il suggerimento di gesti di solidarietà con cui collaborare allo sguardo materno sulla città di Maria; a farlo con quel coraggio che un giovane volontario ha definito in questi giorni “gettare il cuore avanti agli ostacoli”. Il quadro rimarrà nella cappella della Casa fino a tutta la giornata di venerdì 5 dicembre fino alle 19,30 quando sarà recitato il Rosario.
 

Rosolini. Il 26 Novembre la Scuola Socio Politica della Diocesi organizza un incontro

MERCOLEDI’ 26 Novembre 2014 alle ore 18:45, presso la Sala Cine-Teatro di S. Caterina in Rosolini, sarà con noi, alla Scuola Socio Politica della Diocesi, Massimo Cappellano, curatore del “Lessico sturziano” di recente pubblicazione.

 
 
Ci parlerà della visione del lavoro e dell’impegno per i lavoratori del nostro martoriato Sud da parte di Luigi Sturzo, sacerdote di Caltagirone, fondatore di cooperative rurali nella zona e del Partito Popolare Italiano.
 
In effetti, nessuno più di lui fu a conoscenza della struttura agraria e artigianale siciliana e degli effetti negativi del processo di espansione del capitalismo industriale sui fragili mercati del Sud e sulla piccola e media borghesia agricola e artigiana locale, che si sfaldava sotto i colpi di una impossibile concorrenza.
Le sue idee e la sua esperienza hanno molto da insegnare alla Sicilia attuale che rischia di affondare a causa dei suoi stessi salvatori.
 
 

Noto. Il prossimo 29 novembre la Veglia di Avvento per i giovani della Diocesi

Sabato 29 novembre 2014, alle ore 19,30, dalla Villa comunale di Noto, prenderà il via la tradizionale Veglia di Avvento dei giovani della Diocesi di Noto. La prima parte della Veglia sarà itinerante, fino alla Basilica Cattedrale, dove proseguirà e si concluderà il momento di preghiera.
“Uno, due, tre passi verso la bellezza…” è il tema della Pastorale Giovanile diocesana in questo nuovo anno di attività, che racchiude in sé la proposta pastorale della nostra Chiesa locale per il prossimo triennio “Con Gesù lungo le strade dell’uomo”, in preparazione verso la GMG di Cracovia del 2016, che avrà come tema le “Beatitudini”.
 
La Veglia, alla luce del “Sì” di Maria e di ogni battezzato, avrà una “testimone” d’eccezione: Sr. Maria Agnese del Buon Pastore, del Carmelo di Noto, in occasione dell’anno dedicato alla vita consacrata e nel V centenario della nascita di Santa Teresa d’Avila.
 
Alla Veglia sarà presente anche il nostro Vescovo Antonio, che consegnerà ai giovani della Diocesi la croce, quale segno di adesione a Cristo e di impegno nella testimonianza del Vangelo.
 
 

Conclusa l’assemblea della CEI sulla formazione del clero. Staglianò: “Preti meno individualisti e più uniti nella comunione presbiterale “

Si è conclusa ad Assisi la 67ª Assemblea Generale della Conferenza Episcopale Italiana. I lavori dell’Assemblea hanno avuto come tema la vita e la formazione permanente dei presbiteri. I Vescovi hanno avuto modo di confrontarsi su una concezione della formazione permanente del clero che non vuole diventare un mero aggiornamento teologico-pastorale, ma puntare su una radicale conversione e, più ancora, su una riforma dei presbiteri; la volontà è quella di riscoprire la verità più profonda del ministero e la sua dimensione più evangelica.
 
All’assemblea dei vescovi italiani è giunto anche il messaggio del Santo Padre, puntuale ed incisivo. Francesco ha ricordato i tanti sacerdoti “attraverso i quali la maternità della Chiesa raggiunge l’intero popolo di Dio”, che “con la loro testimonianza hanno contribuito ad attrarci a una vita di consacrazione”, impegnati “tra la gente delle nostre parrocchie”, nell’educazione dei ragazzi, nell’accompagnamento delle famiglie, nelle visite dei malati a casa e all’ospedale, nel farsi carico dei poveri. “Liberi dalle cose e da se stessi”, tali sacerdoti, “rammentano a tutti che abbassarsi senza nulla trattenere è la via per quell’altezza che il Vangelo chiama carità; e che la gioia più vera si gusta nella fraternità vissuta”.
 
“I sacerdoti santi – ha proseguito il Pontefice nel suo messaggio – sono peccatori perdonati e strumenti di perdono. La loro esistenza parla la lingua della pazienza e della perseveranza; non sono rimasti turisti dello spirito, eternamente indecisi e insoddisfatti, perché sanno di essere nelle mani di Uno che non vien meno alle promesse e la cui Provvidenza fa sì che nulla possa mai separarli da tale appartenenza”. Presbiteri di questo “spessore”, ha commentato Francesco, sono come “ponti” per l’incontro tra Dio e il mondo, “sentinelle capaci di lasciare intuire una ricchezza diversamente perduta”, forgiati dal “prezioso lavoro formativo del Seminario”.
 
Anche il nostro Vescovo, Mons. Antonio Staglianò, ha preso parte ai lavori dell’assemblea della CEI e parlando ai presbiteri del clero di Noto martedì 18 novembre, nella preghiera mattutina in Cattedrale, ha affermato come la riflessione dei vescovi italiani sulla formazione presbiterale, si sia concentrata sugli “aspetti meno ‘dottrinali’ – che non mancano nel magistero della Chiesa – definendo quelli più ‘pratici’ della vita e del ministero del sacerdote”. In particolare, il nostro Vescovo ha sottolineato, sulla scia dei lavori di Assisi, la necessità di ripensare il ministero presbiterale in un senso più “comunitario” e meno “individualista”. Mons. Staglianò, come già in altre occasioni, ha ribadito l’importanza per il prete di sentire l’appartenenza al Presbiterio, che unito al Vescovo, forma un unico corpo nella comunione e nell’azione sinergica dei suoi membri. Ecco allora il valore di alcune iniziative “comunitarie” volute da Mons. Staglianò, come la preghiera mattutina del clero netino in Cattedrale, il martedì, il giovedì e il sabato, quali momenti di incontro e di crescita nella comunione presbiterale, auspicando ulteriori forme per vivere in maniera più autentica e collegiale il ministero ordinato.
 
 

Noto. Si apre in Diocesi l’anno della vita consacrata, indetto dal Papa

 “Vangelo, Profezia, Speranza”, tre parole per dire, oggi, il senso e il significato della consacrazione a Dio di tanti uomini e donne. E’ questo il messaggio che Papa Francesco vuole comunicare a tutta la Chiesa annunciando che il 2015 sarà l’anno dedicato alla Vita Consacrata. Tante le attività previste, quindi, per questo anno a livello mondiale.
 
Nella nostra diocesi di Noto, dove i religiosi sono ancora fortemente presenti, l’anno si aprirà il 21 novembre prossimo, alle ore 18.00, presso la Basilica Cattedrale di Noto, con una solenne Concelebrazione Eucaristica presieduta dal nostro Vescovo, Mons. Antonio Staglianò. La presenza dei consacrati è essenziale nella Chiesa ma, anche, nella società.
 
Grazie alla presenza delle religiose e dei religiosi l’annuncio del Vangelo viene trasmesso nelle scuole; grazie a loro tanti bambini senza famiglia trovano una casa che li accoglie, nelle case-famiglia; tanti consacrati inoltre si prendono cura degli anziani soli, che trovano assistenza e amore nelle case di riposo; così come tanti giovani disorientati da proposte poco educative e contrastanti, trovano un luogo dove crescere grazie agli oratori.
 
In tutti questi luoghi che, Papa Francesco, definirebbe “periferie esistenziali” i consacrati sono presenti con il dono totale della loro vita. E allora ben venga un anno che risvegli nella comunità cristiana e civile la coscienza dell’importanza dei religiosi e delle religiose e, soprattutto, l’impegno a collaborare con loro per una società “a misura di persona”.
 
 
 
 
 
 

Noto. Il Vescovo alla mensa dei poveri: “Luogo privilegiato di evangelizzazione”

“Sono qui per stare insieme a voi! Ho avvertito il bisogno di raggiungere i fratelli più bisognosi, per trascorrere con loro parte della giornata”. Con queste sentite parole, il nostro Vescovo, Mons. Antonio Staglianò, domenica scorsa 9 novembre, ha fatto visita alla mensa dei poveri a Noto, condividendo con loro il pranzo e una fraterna convivialità.
 
Mons. Vescovo ha salutato i presenti e quanti in cucina si prodigavano per preparare da mangiare. Ha altresì sottolineato l’impegno generoso dei “Piccoli fratelli di Gesù”, la comunità di frati che in Diocesi è dedita all’evangelizzazione itinerante e al servizio della carità.
Mons. Staglianò ha evidenziato come anche la mensa, un luogo dove si mangia per assecondare i bisogni del corpo, può divenire luogo privilegiato di evangelizzazione, di incontro fraterno, di relazione autentica e sincera con i poveri, che ci rivelano il volto di Cristo e ci rivolgono l’appello ad una carità più fattiva e concreta.
 
Allora insieme al cibo – ha rimarcato il Vescovo – si può offrire ai poveri un nutrimento ben più sostanzioso: la parola del Vangelo, parola viva di speranza e di conforto.
Infine Mons. Staglianò ha esortato a intensificare l’attività della mensa dei poveri di Noto, con l’apertura del centro almeno cinque giorni alla settimana.