Si è svolto a Cefalù, dal 16 al 18 gennaio scorsi, l’incontro dei delegati diocesani in preparazione al prossimo V Convegno ecclesiale, in programma a Firenze.
Il Card. Romeo, presidente della Conferenza Episcopale Siciliana – impegnato in concomitanza ai lavori del Convegno, con la sessione invernale della CESi proprio a Cefalù – ha rivolto il suo saluto a quanti rappresenteranno la Chiesa siciliana all’appuntamento nazionale. Mons. Gianni Ambrosio, Vescovo di Piacenza – Bobbio, ha tenuto una riflessione biblica su San Paolo, il cui incontro con Cristo ha cambiato la sua vita, come può trasformare la vita di ogni uomo, ri-creandola, alla maniera di una nuova creazione, che riscopre la figliolanza divina e la bellezza della nostra umanità in Cristo.
A tracciare le implicazioni pastorali della Traccia preparatoria a Firenze 2015 è stato il nostro Vescovo, mons. Antonio Staglianò, che è delegato regionale al Comitato preparatorio del Convegno ecclesiale nazionale, presente a Cefalù con i delegati della Chiesa netina.
Il Vescovo ha sottolineato l’urgenza di una “Chiesa in uscita”, che in concreto significa portare la fede agli uomini e alla società nella quale essi abitano. Così l’uscire diventa annuncio.“Solo se è proprio necessario, si deve evangelizzare anche con le parole – ha detto Mons. Staglianò -, ma deve essere l’extrema ratio. Invece, sono i gesti e i vissuti del Vangelo che danno la carne alla Parola di Dio, che la rendono viva. Occorre annunciare la Verità – ha continuato – non come un concetto, ma come una persona. Del resto ‘Io sono la Verità – ha detto Gesù – sono la Via e la Vita’. La verità è dunque un cammino”.
La testimonianza del Vangelo, non può escludere la dimensione della relazione, dell’incontro: “incontrare l’uomo e la sua umanità, la sue sofferenze, il suo cammino, e fermarti con lui. Significa abitare la loro sofferenza e il loro cammino con un coinvolgimento e un amore che non è solo ‘amarsi gli uni gli altri’, ma ‘Amare come Lui ci ha amati’”.
Questo vuol dire pure abitare, che è “immedesimazione, condivisione di una passione”. Da qui l’educare. “Non basta la carità pratica, ma occorre anche una carità intellettuale. Ritorniamo a pensare – ha esortato il Vescovo – secondo un progetto culturale orientato in senso cristiano, per dare al cristianesimo una forma nuova, più reale, più incarnata. Il progetto culturale non è fatto di accademia, ma va in direzione del ritorno al pensiero, perché il vero nemico del cristianesimo è l’irreligione: la concezione entusiastica del pensiero cristiano, non capace di rendere ragione della novità, della verità”.
Si tratta di un cammino di conversione che porta alla trasfigurazione. “Il Padre nostro – ha concluso Mons. Staglianò – è la preghiera che ci fa figli e fratelli, ma che anche ci divide: quanti vivono il messaggio lasciato da Cristo e quanti, per essere religiosi, devono pregare e pregano, ma senza far seguire l’azione. Si tratta di religiosi non credenti, di uomini che non si sono lasciati umanizzare dall’umanità vissuta di Cristo Gesù”.
Di ritorno in Diocesi, il Vescovo Staglianò, parlando al Presbiterio di Noto, riunito in Cattedrale per la preghiera delle lodi, ha raccomandato che la delegazione diocesana per il Convegno possa rendersi quanto più operativa, coinvolgendo la Diocesi – a partire dalle comunità parrocchiali – nella preparazione del Convegno ecclesiale, animando la partecipazione attiva e sinergica della intera comunità locale.