Una riflessione sul “tema della deontologia della comunicazione nel contesto proprio dell’educazione dell’umano dell’uomo nella prospettiva del Convegno ecclesiale di Firenze sul ‘nuovo umanesimo’”. L’ha proposta fatta il 13 giugno da monsignor Antonio Staglianò, vescovo di Noto e delegato regionale della Conferenza episcopale siciliana per le comunicazioni sociali e la cultura, intervenendo al corso per la formazione dei giornalisti, organizzato dall’Ucsi di Siracusa in collaborazione con l’Ordine Nazionale dei Giornalisti, l’Ordine Regionale dei Giornalisti di Sicilia e l’Ufficio delle Comunicazioni sociali della Diocesi di Noto che si è svolto sabato mattina, nell’aula del Seminario vescovile di Noto, sul tema: Deontologia della comunicazione: da San Giovanni Paolo II a Papa Francesco”. Alla presentazione del corso hanno partecipato il consigliere nazionale dell’Ordine dei Giornalisti Santo Gallo, il direttore e il condirettore dell’Ufficio per le Comunicazione sociali della Diocesi di Noto don Rosario Sultana e don Alessandro Paolino, il direttore del quindicinale diocesano “La Vita diocesana” Giuseppe Malandrino e il presidente dell’Ucsi di Catania Giuseppe Adernò.
“La categoria dell’umano – ha detto il vescovo S.E. Mons. Antonio Staglianò – serve oggi per ‘mettere in comunicazione’ tutti gli attori della cultura e della società in una ‘nuova santa Alleanza’ che sia capace di resistere al degrado dis-umano del narcisismo consumistico e dell’individualismo mercantile che isola. La rilevanza etica della comunicazione sociale non può prescindere da un dato fondamentale e costitutivo dell’uomo: egli è un ‘essere in comunicazione’ che diventa se stesso soltanto comunicando. La rilevanza etica della comunicazione sociale non può prescindere da un dato fondamentale e costitutivo dell’uomo: egli è un “essere in comunicazione” che diventa se stesso soltanto comunicando”. “Nella comunicazione tra gli uomini – continua Monsignor Staglianò – si stabilisce anzitutto una rete di rapporti interpersonali – mediante la mediazione di un registro linguistico – che realizza una reciproca apertura tra le persone che comunicano, uno scambio di interiorità e di intimità, che può assurgere ad una esperienza autentica di comunione. La comunicazione dunque ha questa capacità misteriosa di fondere due o più mondi personali, creando pure una certa “dialogicità”, che impegna ognuno degli interlocutori nell’accoglienza e nell’accettazione disinteressata dell’altro, nella direzione di una gratuità, che si declina nell’impegno della promozione umana della persona con cui entro in comunicazione, che non è solo tra gli obiettivi della deontologia professionale, ma il cuore del messaggio morale di Gesù di Nazaret, l’ottimismo antropologico del Vangelo, che pone al centro l’uomo e la sua dignità. In questa direzione va certamente superata la tentazione di ogni volontà di strumentalizzazione dell’altro e di ogni forma di imperialismo comunicativo”. Monsignor Staglianò invita a riflettere i giornalisti intervenuti al corso di formazione sulla deontologia.
“Una sana deontologia della comunicazione – ha detto – riconosce sempre la dignità della persona umana, fondamento ultimo di tutti gli altri valori, che ha la sua origine in ciò che rappresenta la specificità dell’uomo, il nucleo centrale della sua dignità, cioè la sua libertà. In forza di questa libertà l’uomo può dirsi “essere morale” in ordine alle proprie convinzioni morali e religiose. Rispettare e promuovere questa dignità è appello e responsabilità di ciascuno. Accanto a questi valori antropocentrici, orientati alla valorizzazione dell’uomo, c’è un valore, quello della verità, che sembra trascendere l’uomo; ma proprio questo valore impegna l’uomo nella ricerca e nel servizio di questa verità, che non è un generico valore morale, ma la sorgente di ogni valore, una vocazione globale che identifica l’uomo come “essere spirituale”. Nello specifico della comunicazione, chi comunica ha la possibilità di esprimere se stesso, le radici del proprio essere persona, in altre parole, la verità di cui si è fatti, la rivelazione del soggetto nel suo carattere di unicità. Qui sta la veracità che qualifica moralmente ogni forma di comunicazione, che nella sua funzione pubblica rivela la sua portata pedagogica nei confronti della società, poiché educativa ultimamente è soltanto la verità. Ogni sua consapevole distorsione rappresenta un plagio delle persone, una violazione deontologica e una grave comportamento antisociale”.“La Chiesa – ha ricordato Staglianò ai giornalisti – è per sua natura eminentemente comunicativa: la comunicazione è innanzitutto alla base del Vangelo e della nascita della Chiesa stessa. Pensiamo a come avviene la trasmissione della fede: ciascuno è comunicatore anche soltanto ad un’altra persona della propria fede.
Da parte della Chiesa c’è stata negli anni una particolare attenzione rispetto ai mezzi di comunicazione sociale e alla loro influenza nei riguardi della società”. A partire dal pontificato degli ultimi tre Papi, San Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Papa Francesco, “possiamo individuare alcune specificità nel loro insegnamento, utili a definire una deontologia della comunicazione più umanizzante, perché sempre più antropocentrica, in funzione dell’uomo e della sua piena promozione”. Monsignor Antonio Staglianò , ha messo a confronto gli ultimi tre pontefici: “Giovanni Paolo II si può definire certamente il Papa dell’era dei mass media – ha detto il presule della chiesa netina -. Il Papa polacco ha sempre guardato con fiducia ai moderni mezzi di comunicazione, definendoli ‘segni del progresso’. Meno ‘mediatico’ ma capace di una comunicazione limpida, ordinata, coerente e sintetica, senza incertezze e confusioni, Benedetto XVI, che con la chiarezza della sua semplicità ha saputo parlare al cuore. Infine Bergoglio, riconosciuto ottimo comunicatore, attraverso soprattutto un ‘codice gestuale’ peculiare e significativo, uno stile personale, sobrio, innovativo.
La sua comunicazione è anzitutto un contatto diretto con le persone. Per Francesco la comunicazione è incontro”. Francesco ha riconosciuto nei nuovi mezzi di comunicazione un nuovo “luogo” dell’abitare umano, “punto di incontro e di dialogo, ma anche di esclusione e di isolamento”. Sulla scia di Benedetto XVI, Francesco definisce la comunicazione una conquista “più umana che tecnologica”. Una comunicazione che avviene anzitutto tra persone, dentro la vita, che è una “rete” di relazioni. “Una visione profetica della comunicazione – ha concluso il vescovo -, fatta di incontro, di dialogo, di confronto, di apertura sincera e cordiale. Una sfida appassionante, per una comunicazione che significa anche un modo di vivere insieme”. “Riscoprire una comunicazione che ci insegni al dialogo – ha detto nella presentazione del corso di formazione il presidente dell’Ucsi Siracusa, Salvatore Di Salvo, introducendo il vescovo Staglianò – al rispetto e all’accoglienza avendo come punto di riferimento l’uomo e poi la famiglia, il primo luogo dove impariamo a relazionare con gli altri”.