Mercoledì 20 Novembre – Sintesi dei gruppi di studio
LABORATORIO 1
Rosario Sultana – Salvo Priola
Gli stimoli di Botturi ci hanno chiesto di saper leggere i segni dei tempi per trovare strade concrete nei nostri organismi regionali.
Bisogna incrementare gli incontri formativi per la consulta regionale; bisogna accompagnare, sollecitare e stimolare attraverso la consulta ed offrire proposte concrete al territorio; suscitare da parte di vescovi e presbiteri entusiasmo e interesse; ripartire dalle periferie per superare forme di rassegnazione e di apatia.
Quanto detto assume senso solo nell’incontro che è evento di salvezza, dunque, bisogna lavorare insieme, in comunione per poter annunciare la speranza, incrementando il dialogo interno, che richiede una relazione costante, permanente e non meramente funzionale.
Tappe fondamentali per una efficace azione nel mondo in cui viviamo sono: l’eventuale revisione degli statuti degli uffici pastorali, l’analisi attenta dell’esistente, la valorizzazione delle risorse, giovani e famiglie, la definizione di obiettivi chiari da verificare costantemente e concretizzare.
Regola fondamentale è non cedere alla tentazione dell’autoreferenzialità. La sfida è una: curarsi della vita delle nostre chiese.
LABORATORIO 2
Gli uffici diocesani nella loro programmazione scelgono la via più breve passando direttamente dalla progettazione alla realizzazione degli eventi, trascurando ipotesi di lavoro più strutturate e sacrificando in tal modo il tempo dell’ascolto, tempo necessario che consente di lavorare in maniera unitaria.
In alcune diocesi esiste uno scollamento tra gli uffici di pastorali e il consiglio pastorale diocesano. Tutto ciò si riverbera sui rimanenti livelli: parrocchie, uffici diocesani, uffici regionali, vescovi.
I nuovi strumenti di comunicazione, pur essendo un supporto preziosissimo, non possono sostituire la relazione diretta ed individuale, esigenza primaria della autentica comunicazione.
Ulteriormente ci è sembrato necessario sottolineare l’impegno a discernere i segni dei tempi, ascoltando il bisogno di salvezza, presente in ciascuno individuo attraverso un processo che parta dal basso e dall’alto nello stesso tempo, in un intreccio fraterno e profetico che consenta al Vescovo di leggere i bisogni della Chiesa locale.
I tre modelli del contadino, del pescatore e del pastore hanno tratti comuni con le virtù teologali: il contadino la fede, il pescatore la speranza, il pastore la carità. Tutti e tre hanno un elemento in comune: uscire per andare fuori. L’esodo deve portare a consumare più le scarpe che le ginocchia per essere realmente insieme. Per fare ciò bisogna avere più tempo per trovare occasioni di solidarietà che aiutino gli operatori a non sentirsi soli, passando da una pastorale di massa ad una che abbia al suo centro l’individuo.
Se l’azione degli uffici è importante i direttori debbono avere una formazione specifica per ricoprirne il ruolo.
LABORATORIO 3
Il coordinamento stabile dei vari uffici, porta a rendersi conto in maniera pratica che il dipartimento pastorale chiamato a coordinare ed integrare il lavoro viene prima dei singoli uffici.
Necessario il richiamo alla sinodalità, liberandoci da atteggiamenti paternalistici e di superiorità che rendono difficile il dialogo.
Esperienze da raccontare sono quella della pastorale universitaria della diocesi di Catania dove è stata costituita una consulta per l’ascolto permanente del territorio per potere rispondere più adeguatamente alle esigenze; quella del Policoro che vede lavorare in maniera integrata diversi uffici. anche se permane la sensazione di piccole risposte davanti un mare di necessità; quella di suor Valeria che opera nel quartiere di Ballarò alle prese con la realtà della tratta delle donne, realtà triste e difficile e bisognosa di maggiore consapevolezza e forze da impiegare. Particolarmente significativa la lettere indirizzata ai clienti delle donne, il lavoro di formazione nelle scuole e un dvd formativo presente sul sito della caritas di Palermo.
Tre i nodi problematici:
• lo scollamento tra la base pastorale e gli uffici diocesani, ai quali spesso si richiedono indicazioni di tipo pratico e metodologico più che di indirizzo generale
• l’impegno dei laici negli uffici pastorali che comporta sacrifici non indifferenti sotto il profilo economico e delle ferie, che non consente a chi non ha un lavoro stabile di fornire il proprio contributo, anche se il sacrificio fatto è ampiamente ripagato dalla ricchezza ricevuta.
• l’abituarsi all’idea di cammino lento e progressivo e alla necessità di diventare compagni di strada di giovani e famiglie sottolineando l’importanza dello stare accanto.
Si sottolinea, ancora, la necessità di ritornare ad una ridefinizione del concetto di parrocchia per renderla più aderente alla odierna realtà sociale, superando stereotipi e rigide suddivisioni territoriali, cercando di avere la massima attenzione nel curare la ricaduta tra quanto si elabora e il vissuto concreto, riscoprendo e attuando una pastorale integrata.
Fondamentale nel servizio è la dimensione dell’ascolto, puntando sulla centralità dei concetti di sussidiarietà, solidarietà, gratuità, reciprocità.
LABORATORIO 4
Gli interventi del laboratorio sono partiti dalla relazione del prof. Botturi, apprezzata perché permette di capire qual è il contesto nel quale operiamo, quali sono i rischi e le risorse. C’è bisogno sempre di avere, mentre si opera, la possibilità di allargare gli orizzonti e comprendere qual è l’origine dei disagi che si vivono.
Da queste considerazioni è nata la richiesta di riaprire la stagione dei convegni delle chiese di Sicilia. Se le sfide sono quelle che ha illustrato la prima relazione del mattino, occorre mettersi insieme per fare fronte. Oltretutto stare insieme fa nascere la speranza.
A livello operativo è stata illuminante l’esperienza della diocesi di Nicosia nella quale, a seguito di un cammino sinodale, tutti gli uffici, che si propone di chiamare servizi per la pastorale e non uffici, sono stati affidati a laici. Tutte le attività pastorali sono state articolate in progetti condotti da più servizi di pastorale. E’ cambiato il linguaggio, è stata abolita la dualità dei piani (relazione Savagnone), si è attivato uno scambio di esperienze e di idee e ci si è conosciuti meglio. Un’altra proposta legata a questa è stata quella di girare per le parrocchie per comprenderne i bisogni e attivare nuove iniziative.
Interessante è stato un vivace dibattito su chiese locali e movimenti che ha messo in evidenza come il problema della collaborazione non sia ancora risolto. Ancora una volta è stato sottolineato che qualunque discorso non può prescindere da quel lasciarsi penetrare dalla Parola, da quell’entrare nel Vangelo di cui papa Francesco ci sta dando testimonianza.
LABORATORIO 5
La discussione si è sviluppata seguendo la traccia proposta dal prof. Savagnone anche se la prima relazione ha fatto da sfondo ideale a tutti gli interventi. Sono emerse criticità e sono state formulate delle proposte. Le criticità che emergono riguardo le identità e il servizio che svolgono gli uffici.
Sono diverse:
1. La stessa definizione di ufficio dà l’idea di staticità, stabilità, di fabbrica di documenti. L’ufficio dovrebbe produrre vita pastorale e non carte per la pastorale
2. Lo scarso ricambio dei direttori degli uffici crea stanchezza, fa perdere l’entusiasmo e il carrozzone si appesantisce. Ci sono gli ulivi secolari…ci sono i direttori secolari.
3. Manca una comunicazione e un reale dialogo tra gli uffici e degli uffici con la base
4. Mancanza di aderenza alla realtà (manca il riferimento ai reali problemi della società). Si fanno progetti interessanti ma il mondo cammina per i fatti suoi.
5. Il linguaggio non è adeguato alla capacità di comprensione della base.
Le proposte che emergono:
1. L’integrazione è interazione tra gli uffici affini già a livello diocesano per diventare modello funzionale da proporre a livello regionale.
2. Si auspica che gli uffici siano formati da equipe e non dal solo direttore per favorire un servizio più efficace verso l’ambito di cui si occupa l’ufficio
3. Si auspica una maggiore comunicazione tra gli uffici e degli uffici con la base. Riprendendo l’immagine del piano mobile e del piano terra questa comunicazione si prefigura come il corridoio, la scala che favorisce la traduzione nel duplice senso di trasportare e di interpretare quello che si dice al piano di sopra per quello che si deve fare al piano di sotto.
4. Sviluppare una maggiore conoscenza del piano terra ossia una maggiore analisi del territorio
5. Sapersi porre come interlocutori aperti e disponibili ad un dialogo ricettivo anche oltre lo stretto ambito ecclesiale.
6. Sapere osare per immettersi nella pasta della società come lievito, non in maniera escludente ma inclusiva
7. Ridefinire chiaramente l’identità degli uffici, stabilendo ne i confini, le competenze e gli ambiti.
8. Riscoprire l’entusiasmo di lavorare in maniera sinergica a livello interparrocchiale e vicariale per sottolineare il valore dell’unità come mezzo e come fine di qualsiasi pastorale.
9. Continuare a zappare il terreno per evitare di avere tanti inizi e poche conclusioni. Belle idee, cioè, che rimangano solo sulla carta. Fare poche cose, quindi, ma portarle al termine.
10. Andare al piano ultimo per incontrare Dio riscoprendo la preghiera come luogo del discernimento che indichi alla chiesa il suo dover essere e la sua vera differenza da proporre al mondo.