Ci siamo come tutti commossi ascoltando le prime parole e guardando ai primi gesti di papa Francesco, vescovo di Roma che presiede alla carità di tutte le Chiese. Nel suo nome, nella sua biografia, nel suo stile e nel suo tono abbiamo sentito subito una sintonia con quanto la Chiesa di Noto ha vissuto con il suo Sinodo che ha avuto come fine quello di “riscoprire Gesù lungo le nostre strade”. E, come ebbe a dire Mons. Salvatore Nicolosi nella “lettera conclusiva”, “riscoprire Gesù amando come Francesco: abbracciando il lebbroso”. La notizia ci è arrivata tra un incontro e un altro tesi a meglio qualificare la rete dell’aiuto e dell’ascolto, a partire da quanto capito nel ritiro di quaresima delle nostre Caritas alle Benedettine di Modica: “i poveri hanno sete di Chiesa e la Chiesa deve mostrare loro la sua virtù, ovvero il Vangelo”. E, cercando di qualificare l’attenzione ai tanti poveri che sempre più bussano alle nostre porte, ci ricordiamo sempre che il nostro compito è educativo. Per questo ci riconosciamo, pensando soprattutto ai nostri giovani, nelle parole del card. Bergolio: «Il dramma della nostra epoca è che l’adolescente vive in un mondo che a sua volta non è mai uscito dall’adolescenza». Ci sentiamo allora confermati e vogliamo, come accaduto in piazza san Pietro, dare la nostra benedizione al nuovo papa e riceverla in un cammino di fratellanza, che ci spinge a quel “balzo innanzi” a cui invitava papa Giovanni aprendo cinquant’anni fa il Concilio Vaticano II. E pensiamo che lo stupore e la commozione si allarghino a molti e diventino impegno concreto, quotidiano, perché il mondo diventi migliore. Per questo i poveri “li abbiamo sempre con noi” e speriamo sempre più che passino “dalla porta alla mensa”: alla mensa della vita condivisa, della casa che si apre, della città che si ripensa giusta e fraterna. Gioiamo, invitiamo alla gioia, ma anche ci impegniamo “nell’amore di Cristo che sempre ci spinge” e che vuole abbracciare ogni uomo e donna, a partire dai più deboli e indifesi. Nella misericodia – ci ricorda sempre il nostro vescovo Mons. Antonio Staglianò – “cifra” del volto e dell’identità di Dio e cifra che ci fa restare umani.
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