Consacrati da Cristo e coinvolti nel suo ministero, i presbiteri non hanno un nuovo sacerdozio, ma l’unico sacerdozio di Cristo viene reso presente e operante in loro perché questi lo realizzino nella diversità dei luoghi e dei tempi».
Il sacerdozio di Cristo non è fatto di riti esteriori ma è un sacerdozio vissuto nella vita, nel dono di sé, nella comunione e nella solidarietà. Il presbitero che vi partecipa è segno dell’amore di Dio. Egli è uno del popolo, viene dal popolo, vive con il popolo, opera per il popolo santo di Dio. Il presbitero è chiamato per un ministero di mediazione, consapevole che è Cristo l’unico mediatore: questi potrà realizzarlo solo unito al suo Signore.
Con queste espressioni ieri, 12 dicembre 2011, è iniziata la solenne concelebrazione in Cattedrale, nella quale sono stati consacrati nuovi presbiteri della Chiesa di Dio, don Armando, don Nello e don Francesco. In una Cattedrale gremita di fedeli e di sacerdoti, il nostro Vescovo, Mons. Antonio Staglianò ha presieduto la Celebrazione Eucaristica e il singolare rito di consacrazione, e con la presenza sempre buona e discreta di Mons. Giuseppe Malandrino, sono stati donati alla Chiesa di Noto, tre nuovi presbiteri.
Sua Eccellenza il nostro Vescovo, ha voluto ordinare questi giovani in un giorno tutto particolare a lui caro e solenne: la memoria di Nostra Signora di Guadalupe; durante la sua omelia l’attenzione è sovente rimandata alla interpretazione dell’immagine della “Guadalupana”; Maria, la tutta santa è il modello del discepolo che ogni presbitero porta nel cuore attraverso il quale è generato nella Chiesa. I temi della figliolanza dell’uomo, dell’agire più che del fare, dell’essere presbiteri tra il popolo, sono stati oggetto di riflessione nelle parole pronunciate dal Vescovo.
Ai nuovi presbiteri l’augurio è di un fecondo e sempre creativo ministero che giunge principalmente dal Vescovo e da tutto il presbiterio, dai seminaristi e dal popolo di Dio che auspicano per la Chiesa nuove e sante vocazioni alla vita religiosa e sacerdotale perché tutti possiamo essere sostenuti nella debolezza dell’umano affinché riusciamo davvero ad essere segno di Dio.