In tempi di crisi economica, quando chi ha lavoro lo perde e chi non ce l’ha rischia di non trovarlo mai, ha senso per il cristiano “ascoltare” la parola di Dio che con solennità promette: «cercate il Regno di Dio e la sua giustizia e il resto vi verrà dato in abbondanza?». Per essere realisti e restare “fedeli alla terra” – cioè per stare con i piedi per terra -, non si dovrebbe piuttosto “pensare ad altro”, a come portare il pane a casa per dar da mangiare ai propri figli?
La risposta a questo interrogativo deve essere chiara e senza tanti fronzoli: “si, ha senso soprattutto il cercare la giustizia del Regno di Dio” anche come impegno per superare le fragilità del sistema economico e della sua crisi. Chi vuole saperne di più su questo deve leggere la Caritas in Veritate di Benedetto XVI e potrà costatarlo con ogni ragione.
In questo messaggio per la nuova Quaresima, carissimi figli della Diocesi di Noto, vorrei semplicemente sottolineare la verità di questo annuncio: mettersi alla sequela di Gesù, seguire i suoi comandamenti, purificare i nostri cuori, convertirci all’altro nel suo bisogno attraverso il digiuno e la condivisione; è una risposta concreta (non aleatoria o astratta) della fede, ai problemi reali della gente (ai problemi reali e non a quelli fittizi e indotti dalla società virtuale e del consumo): è risposta vera ai problemi di “quel tutto il resto” che ci verrà dato in abbondanza, se cerchiamo il Regno di Dio e la sua giustizia.
Nulla cambia infatti nella storia dell’uomo se il male dell’avidità e dell’avarizia non viene distrutto e comunque combattuto e se non ci si rende disponibili all’accoglimento del regno di Dio, perché la giustizia umana si possa realizzare sulla faccia della terra.
Approfondiamo allora due semplicissime questioni: c’è per gli uomini un potere reale di vincere il male che è dentro la nostra vita? E come la predicazione del Regno di Dio e la sua giustizia è speranza di vittoria su tutte le forme del male che opprimono le nostre esistenze, rendendole conflittuali e guerrafondaie, ingiuste e interessate solo al nostro proprio profitto, incuranti delle sofferenze e dei dolori di tantissimo persone nel mondo?
In questa quaresima, mettiamoci alla sequela di Gesù che vince ogni tentazione e che predica il regno di Dio, per liberarci dalle catene della violenza che rendono disumana la nostra vita per introdurci in quella fraternità nuova che è la Chiesa (la nuova umanità sorta da legami resi stabili ed eterni dall’amore dello Spirito che è agape di Dio dentro ogni persona).
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Il male esiste veramente nel mondo. Sotto questo aspetto l’umanità appare malata profondamente: le iniquità e le ingiustizie sociali, la barbarie culturale, gli egoismi individuali sono come segni evidenti della forza e della potenza del maligno. In Gesù si può però contemplare la possibilità umana di “vincere” le tentazioni del male e il peccato.
Il “potere” di Gesù rispetto alle tentazioni del diavolo (Mc 1,12-13; Mt 4,1-11; Lc 4,,1-13) sta tutto nel fatto che egli “ha lo Spirito”, segno dei tempi messianici. La storia di Israele (i quarant’anni nel deserto, anni di tradimenti e di tentazioni) è riassunta nei quaranta giorni di Gesù nel deserto: egli lotta con il demonio e vince. La sua forza sta nella sua “vicinanza a Dio”, nella sua “amicizia singolare con Jahwé” che il diavolo non può strappargli. Si chiarisce così meglio l’identità di Gesù: l’onnipotenza divina che lo inabita non si esprime nel miracolismo strepitoso, nè nel messianismo politico, nell’abbondanza dei beni materiali, ma nell’adorazione esclusiva del Dio vivente. La sua via è quella dell’umiltà del Servo che prende su di sè i peccati del popolo: la strada del servizio e non quella del potere è vittoriosa contro ogni tentazione. Pertanto, la croce non sarà un “fallimento”, ma, contro ogni apparenza, sarà l’affermazione della vita in quanto segno della suprema dedizione di Gesù al Padre. Le tentazioni mostrano ancora la solidarietà di Gesù con l’umanità: egli si fa carico di tutto il peccato del mondo e, per la sua innocenza (=la sua piena disponibilità a fare la volontà del Padre), attraverserà la situazione della più grande lontananza da Dio (=la morte in croce) per ricondurre con la sua vittoria pasquale gli uomini al Padre, riconciliandoli nell’amore (Eb 4,14-16; 5,7.9).
Il disordine, la mancanza di armonia, la frustrazione della debolezza davanti al male conduce spesso l’uomo di oggi allo scoraggiamento. Egli si sente disorientato, perchè esperimenta la propria incapacità di compiere il bene desiderato: video meliora proboque, deteriora sequor (vedo e provo le cose belle e seguo le peggiori). Si genera come un sentimento di impotenza che spinge a cedere, a non lottare, ad evadere, ad alienarsi….Il male è forte, è oggettivamente potente. Esiste il diavolo, veramente. Ma resta comunque “fuori” di noi. Il nostro cuore è invece “posseduto”, per il battesimo, dallo Spirito di Gesù, onnipotenza d’amore di Dio, che permette il superamento di ogni tentazione. La via vera e autentica non è quella del magismo superstizioso e dello spiritismo superficiale, ma è quella della fede incarnata. Per la fede, veniamo a sapere che siamo figli di Dio, che il Padre ci ama e ci protegge, che siamo sufficientemente corazzati per vincere tutte le difficoltà e i mali della vita. Occorre solo che la nostra libertà segua la strada umile di Gesù, rinunciando alla smaniosità di potere e all’inganno della ricchezza, “radice di tutti i mali”. Chi ha Dio vicino non teme il male: la vicinanza con Dio è il vero antidoto contro le potenze del maligno, è l’onnipotente “talismano”.
«Pietà di me, o Dio, secondo la tua misericordia, Nella tua grande bontà cancella il mio peccato […] Purificami con issopo e sarò mondato […] Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo» (Sal 51).
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La vicinanza dell’uomo con Dio, che è la condizione per la vittoria di ogni tentazione, è resa possibile non tanto per l’ascesa umana al cielo (costruzione della torre di Babele), ma grazie al “venire di Dio stesso”, la sua discesa dall’alto (=incarnazione del Figlio). La vicinanza di Dio all’uomo ha un forte potere umanizzante, quello della buona novella del Regno di Dio presente con Gesù nella storia).
Gesù va per le strade della Palestina predicando: “Il tempo è compiuto e il Regno di Dio è vicino: convertitevi e credete al Vangelo” (Mc 1,15). Il “regno” rimanda ad una speranza, ad una attesa precisa, ad un ideale di perfezione che ora, per Gesù e in Gesù, si realizza: il Regno di Dio è la sua stessa persona, la sua parola di consolazione, i suoi gesti salvifici di liberazione: “i ciechi recuperano la vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti, i sordi riacquistano l’udito, i morti risuscitano, ai poveri è annunciata la buona novella” (Mt 11,2-6). Perciò, Gesù parla con “autorità”, come uno che è autore di quello che proclama. Con la sua parola è giunta agli uomini la salvezza: egli è così soggetto e oggetto della sua predicazione, l’interprete definitivo della “parola antica” [cfr. le antitesi: “è stato detto, ma Io vi dico”] . In Lui tutto si compie: anzitutto la rivelazione di Dio. Egli è l’esegeta di Dio, perchè è il Figlio eterno che è nel seno del Padre e lo conosce dall’eternità, anzi, nella sua persona, è la conoscenza stessa del Padre (immagine del Dio invisibile) [cfr. la parabola lucana del “Padre misericordioso”]. In Gesù c’è ben più che un “profeta”: egli dice in prima persona Dio. Questo è il motivo per il quale può autorevolmente denunciare la falsa religiosità dei farisei (=separati), obbedienti, ligi alle prescrizioni della legge, ma infedeli alla legge dell’amore (la sola che identifica la verità di Dio-Amore).
L’informazione condiziona la vita degli uomini, fino alle radici. Nel tempo delle grandi possibilità massmediali, le notizie bombardano il mondo in continuazione. Emozionando e appassionando per un attimo, esse ci lasciano poi nella indifferenza e nella solitudine di chi è solleticato dal prurito dell’orecchio e della lingua. La notizia buona di Gesù richiede un ascolto in profondità: essa è liberante perchè attinge e corrisponde alle esigenze più autentiche dell’esistenza, donando risposta ai bisogni veri dell’uomo. Il Vangelo del Regno di Gesù non è una informazione, ma la proposta libera di una via da seguire che incide nelle scelte di ogni giorno, urgendo conversione.
La predicazione del Regno di Gesù coinvolge la vita, perchè non è una comunicazione di dottrina, ma è appello di Dio all’esistenza e alla libertà dell’uomo affinché cooperi alla trasformazione della vita. La sua Parola è creatrice. Quando è accolta, cambia il cuore e converte. Comunque non può essere annunciata “fuori” dalla testimonianza dell’amore: la carità è l’eloquenza evangelica, contro ogni falsa religiosità che si matura nella scissione tra fede e vita.
«Il tuo Regno Signore è regno di amore, di giustizia e di pace».
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